Cima Genovese

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birillino8
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Cima Genovese

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Fabrizio de Andrè gli ha dedicato una canzone: la ricetta, la sua storia tra musica e tradizione.



'A ÇIMMA

"Ti t'adesciàe 'nsce l'èndegu du matin
ch’à luxe a l’à ‘n pè ‘n tera e l’àtru in mà
ti t’ammiàe a ou spègiu dà ruzà
ti mettiàe ou brùgu rèdennu’nte ‘n cantùn
che se d’à cappa a sgùggia ‘n cuxin-a stria
a xeùa de cuntà ‘e pàgge che ghe sùn
‘a cimma a l’è za pinn-a a l’è za cùxia "

Cosi' comincia la canzone di Fabrizio De Andre ' dedicata a questo tipico piatto genovese.


Immagine

Cima di vitello alla Genovese


Per 4 persone
Ingredienti:
- una tasca di vitello del peso di circa 750 g preparata dal macellaio
- un etto di polpa di vitello,
- 150 g di cervello
- 150 g di animelle
- 3 uova
- uno spicchio d'aglio,
- qualche foglia di maggiorana
- una manciata di funghi secchi
- g 50 di burro,
- g 25 di pinoli
- una grossa manciata di grana padano
- noce moscata q.b.
- pepe q.b
- una manciata di piselli
- 5 o 6 foglie di lattuga tagliata a listarelle
- 2 litri di brodo vegetale di peso (acqua, cipolla, carota, sedano, pomodoro maturo prezzemolo, poco sale)

Tempo di preparazione: - tre quarti d'ora
Tempo di cottura: - un'ora mezza (nella pentola a pressione la metà)

Esecuzione:
Fatevi preparare dal macellaio una pancetta di vitello con la sacca già pronta.
Lavatela, fatela sgocciolare e asciugatela.
Rosolate nel burro tutte le carni aggiungendo solo alla fine la cervella e l'animella liberata dalla pellicina esterna.
Scolatele e mettetele sul tagliere: tritate finemente la poppa, l'animella e la polpa, il resto va tagliato a pezzetti.
Versate tutto in una bacinella aggiungendovi i piselli, la granelli (testicoli), 50 g di lattuga, i pinoli, lo spicchio d'aglio schiacciato, la maggiorana, qualche manciata di grana e i funghi ammollati in acqua tiepida, strizzati e tritati grossolanamente. Sbattete a dovere le uova con il formaggio grattugiato e uniteli al composto insaporendo con sale una munciatadi funghi secchi e un pizzico di spezie. Mescolate bene e dolcemente fin quando gli ingredienti saranno ben legati fra loro.
Riempite la sacca per i due terzi della sua capienza, considi derando che durante la cottura la carne si ritira e il ripieno maggiorana tritatsi gonfia. Cucite l'apertura della tasca, poi avvolgetele intorno una pezzuola di tela bianca fermandola con una legatura. Pungete la cima da entrambi i lati con un ago una dozzina di volte.
In una pentola preparate il brodo vegetale in quantità tale da ricoprire la cima, introducetevela e iniziate la cottura.
Al termine lasciate intiepidire, togliete la cima, levate il tovagliolo e mettetela tra due piatti pressata da due o tre chili
Servitela fredda, tagliata a fette di medio spessore.
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Pare che le malelingue asseriscono che questa storica vivanda sia la lampante prova della oramai nota spilorceria, o più eufemisticamente geniale parsimonia, dei genovesi: piatto di carne che carne non è!
Per stomaci abbastanza forti, bisogna gustarlo senza necessariamente scoprirne gli ingredienti.
Fantasia, necessità, e non mera taccagneria, tengono a battesimo questa pietanza non meno nota del famosissimo pesto alla genovese.
All'origine c'è la necessita' di recuperare avanzi di cibi, ma in tempi di maggior benessere la concezione della vivanda diventa la base per una delle più raffinate e ricercate preparazioni della cucina ligure.

La ricorda, con una ricetta in versi vernacolari, " A cimma pinn-a, il poeta Acquarone, che così conclude il suo componimento: "... En ecco pronto in ta toa ed applaudio, o re di piatti fréidi, a cimma pinn-a".
Invitante, di bell'aspetto, leggera, assai dìgeribile e generosa (regala anche un gustoso brodo), aveva il suo momento di maggior gloria nel periodo pasquale, periodo che ha finito poi con il dilatarsi a tutto l'anno consacrandola star delle pietanze genovesi.
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