Vittoria Colonna
Inviato: mer nov 28, 2007 3:35 pm
[align=center]Vittoria Colonna
[/align]
[align=center]A Vittoria Colonna
Un uomo in una donna,anzi uno dio,
per la sua bocca parla,
ond'io per ascoltarla
son fatto tal, che ma' più sarò mio.
I' credo ben, po' ch'io
a me da lei fu' tolto,
fuor di me stesso aver di me pietate;
sì sopra 'l van desìo
mi sprona il suo bel volto,
ch'io veggio morte in ogni altra beltate.
O donna che passate
per acque e foco l'alme
a' liei giorni,
deh, fate c'a me stesso più non torni.
(Rime, Michelangelo)[/align]E' Michelangelo Buonarroti che dedica questi
versi a Vittoria Colonna, una delle donne più
illustri e colte del Rinascimento, figlia di
Agnese di Montefeltro e del principe e
condottiero Fabrizio.
Ammirata e stimata nella società letteraria
dell'epoca, divise il suo tempo fra il convento
di Viterbo, dove si dedicò alla poesia e a
programmi di rinnovamento religioso, e Roma,
dove, nel 1536, conobbe Michelangelo, che l'amò
e al quale fu legata da una grande affinità
spirituale e da una stretta corrispondenza
epistolare pubblicata postuma.
Michelangelo nutrì sempre una grande ammirazione
nei suoi confronti; per lei eseguì diversi
disegni di soggetto religioso, le dedicò varie
rime, tra cui un famoso madrigale, e fu
stimolato dal suo esempio ad approfondire
la propria fede.
***
Nata nel 1492 a Marino, sui Colli Albani, feudo della nobile famiglia dei Colonna,Vittoria ricevette una raffinata educazione
improntata agli studi umanistici e, nel 1509, a soli diciannove anni, sposò, nell'isola d'Ischia, l'uomo che le era stato predestinato sin da bambina su preciso disegno del Re di Napoli, Francesco Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara e capitano generale delle truppe imperiali di Carlo V, al quale fu sempre devota e fedele, seguendone da lontano le vicende e trepidando per la sua sorte, nonostante il matrimonio fosse scaturito da motivi politici e l'uomo si assentasse spesso richiamato dai doveri militari.
Il 5 dicembre del 1525 il marito, dopo una vita densa di avvenimenti, e con la prospettiva di una possibile successione al Regno di Napoli, morì in seguito alle ferite riportate nella battaglia di Pavia, lasciando la moglie in un grande sconforto.
Rimasta sola e senza figli, Vittoria avrebbe voluto entrare in convento, ma ne fu dissuasa da papa Clemente, tuttavia, dopo un periodo in cui fu molto legata agli ambienti culturali napoletani, riuscì ugualmente ad isolarsi dalla società per servire Dio con più dedizione, trascorrendo il resto della sua vita in modo austero e quasi claustrale, prodigandosi in opere di carità, vagabondando in varie città d'Italia, spostandosi da un convento all'altro e appassionandosi alle dispute religiose.
Animata da una forte tensione spirituale, e da severe esigenze riformatrici, per qualche tempo condivise anche le tesi di Juan de Valdés e di Bernardino Ochino, che predicavano la riforma della Chiesa, e che poi abbandonò quando costoro aderirono al Protestantesimo.
Proprio negli anni della vedovanza Vittoria divenne il simbolo dello spiritualismo cinquecentesco; compendiando in sé fede
cattolica e filosofia platonica, partecipe delle inquietudini religiose e dell'esigenza di riforma e restaurazione morale della Chiesa dell'epoca, si dedicò ad un'intensa vita intellettuale, ma anche al culto della memoria del marito.
Morì a Roma nel 1547, nel convento delle suore benedettine di Sant’ Anna, dove si era ritirata a vivere dopo un'esistenza caratterizzata da continue crisi spirituali e religiose.
***
La figura e la produzione poetica di Vittoria Colonna sono la perfetta espressione del secolo in cui visse; in connubio profondo di cristianesimo e platonismo, interpretò le esigenze e le speculazioni degli intellettuali del tempo, e proprio per le sue postulazioni filosofiche i suoi versi risultano intrisi di "logicità" piuttosto che di "passione", con una forza di persuasione che suscitò l'ammirazione dei contemporanei e che fece ravvisare in lei, da Michelangelo, "Un uomo in una donna, anzi uno dio".
Vasto è il corpus della sua produzione poetica, ristampato spesso anche dopo la morte, che, oltre alle Rime, comprende anche il Pianto sulla passione di Cristo e l'Orazione sull'Ave Maria, e cospicui i versi dedicati al marito, che fece pubblicare solo quando furono trascorsi dieci anni di lutto.
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[align=center]A Vittoria Colonna
Un uomo in una donna,anzi uno dio,
per la sua bocca parla,
ond'io per ascoltarla
son fatto tal, che ma' più sarò mio.
I' credo ben, po' ch'io
a me da lei fu' tolto,
fuor di me stesso aver di me pietate;
sì sopra 'l van desìo
mi sprona il suo bel volto,
ch'io veggio morte in ogni altra beltate.
O donna che passate
per acque e foco l'alme
a' liei giorni,
deh, fate c'a me stesso più non torni.
(Rime, Michelangelo)[/align]E' Michelangelo Buonarroti che dedica questi
versi a Vittoria Colonna, una delle donne più
illustri e colte del Rinascimento, figlia di
Agnese di Montefeltro e del principe e
condottiero Fabrizio.
Ammirata e stimata nella società letteraria
dell'epoca, divise il suo tempo fra il convento
di Viterbo, dove si dedicò alla poesia e a
programmi di rinnovamento religioso, e Roma,
dove, nel 1536, conobbe Michelangelo, che l'amò
e al quale fu legata da una grande affinità
spirituale e da una stretta corrispondenza
epistolare pubblicata postuma.
Michelangelo nutrì sempre una grande ammirazione
nei suoi confronti; per lei eseguì diversi
disegni di soggetto religioso, le dedicò varie
rime, tra cui un famoso madrigale, e fu
stimolato dal suo esempio ad approfondire
la propria fede.
***
Nata nel 1492 a Marino, sui Colli Albani, feudo della nobile famiglia dei Colonna,Vittoria ricevette una raffinata educazione
improntata agli studi umanistici e, nel 1509, a soli diciannove anni, sposò, nell'isola d'Ischia, l'uomo che le era stato predestinato sin da bambina su preciso disegno del Re di Napoli, Francesco Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara e capitano generale delle truppe imperiali di Carlo V, al quale fu sempre devota e fedele, seguendone da lontano le vicende e trepidando per la sua sorte, nonostante il matrimonio fosse scaturito da motivi politici e l'uomo si assentasse spesso richiamato dai doveri militari.
Il 5 dicembre del 1525 il marito, dopo una vita densa di avvenimenti, e con la prospettiva di una possibile successione al Regno di Napoli, morì in seguito alle ferite riportate nella battaglia di Pavia, lasciando la moglie in un grande sconforto.
Rimasta sola e senza figli, Vittoria avrebbe voluto entrare in convento, ma ne fu dissuasa da papa Clemente, tuttavia, dopo un periodo in cui fu molto legata agli ambienti culturali napoletani, riuscì ugualmente ad isolarsi dalla società per servire Dio con più dedizione, trascorrendo il resto della sua vita in modo austero e quasi claustrale, prodigandosi in opere di carità, vagabondando in varie città d'Italia, spostandosi da un convento all'altro e appassionandosi alle dispute religiose.
Animata da una forte tensione spirituale, e da severe esigenze riformatrici, per qualche tempo condivise anche le tesi di Juan de Valdés e di Bernardino Ochino, che predicavano la riforma della Chiesa, e che poi abbandonò quando costoro aderirono al Protestantesimo.
Proprio negli anni della vedovanza Vittoria divenne il simbolo dello spiritualismo cinquecentesco; compendiando in sé fede
cattolica e filosofia platonica, partecipe delle inquietudini religiose e dell'esigenza di riforma e restaurazione morale della Chiesa dell'epoca, si dedicò ad un'intensa vita intellettuale, ma anche al culto della memoria del marito.
Morì a Roma nel 1547, nel convento delle suore benedettine di Sant’ Anna, dove si era ritirata a vivere dopo un'esistenza caratterizzata da continue crisi spirituali e religiose.
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La figura e la produzione poetica di Vittoria Colonna sono la perfetta espressione del secolo in cui visse; in connubio profondo di cristianesimo e platonismo, interpretò le esigenze e le speculazioni degli intellettuali del tempo, e proprio per le sue postulazioni filosofiche i suoi versi risultano intrisi di "logicità" piuttosto che di "passione", con una forza di persuasione che suscitò l'ammirazione dei contemporanei e che fece ravvisare in lei, da Michelangelo, "Un uomo in una donna, anzi uno dio".
Vasto è il corpus della sua produzione poetica, ristampato spesso anche dopo la morte, che, oltre alle Rime, comprende anche il Pianto sulla passione di Cristo e l'Orazione sull'Ave Maria, e cospicui i versi dedicati al marito, che fece pubblicare solo quando furono trascorsi dieci anni di lutto.