Luis Cernuda

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birillino8
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Luis Cernuda

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Luis Cernuda

Immagine[/align]

Nato a Siviglia il 21 febbraio del 1904, Cernuda a Siviglia trascorre l’infanzia e la prima giovinezza; all’Università ha per maestro il grande poeta Pedro Salinas. Più tardi è lettore in Francia e allo scoppio della guerra civile, nel ‘36, torna a Madrid per partecipare alla lotta. La tragedia che strazia la Spagna è sofferta intensamente da Cernuda; non diversamente da Antonio Machado, e dallo stesso Neruda, egli vede nella lotta lo scontro di due mondi sostanzialmente diversi: da una parte l’eterna, l’immortale reazione spagnola, che vive sempre, tra ignoranza, superstizione e intolleranza, in un suo "medioevo", dall’altra le forze di una Spagna nuova e giovane, aperta alla vita, la cui ora sembra esser giunta.
Dopo la guerra la vita di Cernuda si consuma in un tormentoso esilio, dapprima in Inghilterra, poi negli Stati Uniti e in Messico, dove muore nel 1963. La sua opera poetica, tormentata da una struggente nostalgia della patria perduta e da un raggelante sentimento di orfanezza, segna uno dei momenti più alti della lirica spagnola. Da Perfil del aire, a La realidad y el deseo che, nelle sue varie edizioni, raccoglie tutta la sua produzione poetica, fino al 1956, a Desolaciòn de la quimera, ultima raccolta, pubblicata nel 1962, si esprime una grande passione umana, il tormento di una problematica che accentua il clima di solitudine, al segno, tuttavia, della tenerezza. I grandi temi che scuotono l’uomo, le sottili inquietudini del nostro vivere, le permanenti presenze sentimentali che allontanano la " poesia pura", vivono nella poesia di Cernuda di una loro vita autonoma e originale, che dà tono inconfondibile alla sua creazione.
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Ragnatele pendono dalla ragione





Ragnatele pendono dalla ragione
in un paesaggio di cenere assorta;
è passato l'uragano d'amore,
nessun uccello è rimasto.
Non resta una sola foglia,
tutte van lungi, come gocce d'acqua
di un mare inaridito,
quando non ci son lagrime bastanti,
perché qualcuno, crudele come un giorno di sole
in primavera,
con la sola presenza ha diviso in due un corpo.
Ora bisogna raccogliere i tronconi di saggezza,
sebbene sempre ne manchi qualcuno;
riunire insieme l'esistenza vuota
e andarsene aspettando che lentamente si colmi,
se si può, un'altra volta, come prima,
di sogni ignoti e invisibili brame.
Non sai niente di questo,
tu che stai là, crudele come il giorno;
il giorno, luce stretta a un triste muro,
un muro, non comprendi?,
davanti al quale son rimasto solo.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]I muri, nient'altro





I muri, nient'altro.
Giace la vita inerte,
senza vita né suono,
senza accenti crudeli.
La luce, livida, sfugge,
e il vetro s'assicura
contro la notte incerta
di piogge impetuose.
Eretta, risuscita
come di nuovo la casa:
i tempi sono identici,
diversi gli sguardi.
Ho chiuso la porta?
L'oblio mi schiude
le sue nude dimore
grigie, bianche, senz'aria.
Ma nessuno sospira.
Un pianto tra le mani
soltanto. Silenzio, nulla:
l'oscurità che trema.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Vorrei starmene solo nel Sud





Forse i miei lenti occhi non vedranno più il Sud
dai lievi paesaggi assopiti nell'aria,
coi corpi all'ombra di rami come fiori
o fuggenti a un galoppo di cavalli furiosi.
Il Sud è un deserto che piange mentre canta,
e non si spegne la voce come uccello che è morto;
al mare avvia le sue brame amare
schiudendo un'eco flebile che dura in lenta vita.
Nel Sud così remoto voglio stare confuso.
Laggiù la pioggia è solo una rosa dischiusa;
anche la nebbia ride, riso bianco nel vento.
La sua luce, il suo buio, sono bellezze uguali.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Il destino





L'anima in armonia, da sola
vuol vivere presso l'oggetto d'amore,
col silenzio d'una rosa
che si schiude sul ramo.
L'anima in disarmonia, da sola
deve morire in estraneo contatto,
col silenzio d'una rosa
che si sfoglia sul ramo.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La data





Anche in cielo straniero
e in straniero paese,
quando un uccello l'alba
segnala al primo autunno.
Davanti all'uscio ortensie
con cielo terso, il mare
più in là, senza memoria
il tutto, un sogno aprendosi.
Là intravedo i cammini,
a questa luce ancora
vuoti, e tra essi uno
la tua partenza aspetta.
Non chiedere se importa
essere qui venuti,
ma abbandònati, pensa:
oggi è tuo amico un dio.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Il prigioniero





Restano indietro i muri
e le grate; tu, respira
ora la libertà,
da solo con la tua vita.
Come nube nell'aria,
come luce nell'alba,
guarda la terra tutta,
aperta ai tuoi piedi.
Ma libertà acquistasti
senza amico, e ti sembra
vittoria squallida,
figura della morte. [/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Come il vento





Come il vento lungo la notte,
amore in pena o corpo solitario,
tocca invano i vetri,
singhiozzando gli angoli abbandona.
O come talvolta cammina nella tempesta,
gridando follemente
con angoscia d'insonnia,
mentre gira la pioggia delicata.
Sì, come il vento cui un'alba svela
la sua tristezza errante per la terra,
tristezza senza pianto,
fuga senza un oggetto.
Parimenti, straniero,
come il vento fuggo lungi,
eppure, venni come luce.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Sono stanco





L'essere stanco ha piume,
ha piume graziose come un pappagallo;
piume, di certo, che non volano mai,
ma balbettano come pappagallo.
Sono stanco delle case
che crollano subito senza un cenno d'avviso;
sono stanco delle cose,
con un frusciare di seta subito volte di spalle.
Sono stanco d'esser vivo,
sebbene più stanchezza sarebbe l'esser morti;
sono stanco d'essere stanco,
tra piume leggere sagacemente;
piume del pappagallo sì familiare o triste,
il pappagallo della perpetua stanchezza.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Voglio, con ansia sonnolenta...





Voglio, con ansia sonnolenta,
godere della morte più lieve
tra boschi e mari di brina,
fatto brezza che passa e non sa.
Voglio la morte tra le mie mani,
frutto cinereo e fugace,
simile al corno fragile
della luce quando nasce d'inverno.
Voglio infine bere la sua remota amarezza;
voglio ascoltarne il sogno che ha suono d'arpa,
mentre sento le vene che si raggelano,
perché soltanto il gelo mi conforta.
Muoio per un desio,
se un sottile desio produce la morte;
vivo senza me stesso d'un desio,
senza destarmi, senza rammentare,
là nella luna, perso nel suo gelo.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Peregrino





Tornare? Torni chi ha
dopo lunghi anni, dopo un lungo viaggio,
stanchezza del cammino e una gran voglia
della sua terra, della sua casa, dei suoi amici,
dell'amore che al ritorno fedele lo aspetta.

Piuttosto, e tu? tornare? non pensi a tornare,
ma a proseguire libero avanti,
disponibile per sempre, giovane o vecchio,
senza un figlio che ti cerchi, come Ulisse,
senza un'Itaca che aspetti e senza Penelope.
Prosegui, vai avanti e non tornare indietro,
fedele fino alla fine del cammino e della tua vita.
Non sentire nostalgia di un destino più facile,
i tuoi piedi sopra la terra non calpestata prima,
i tuoi occhi di fronte a ciò che non hai mai visto prima.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Vedevo seduto...





Vedevo seduto presso l'acqua
con vago gesto d'oblio,
vedevo le foglie, i giorni, le apparenze,
il fondo sempre pallido del cielo,
tra loro conversando indifferenti.
Vedevo la luce agitarsi risolutamente,
una piccola lucertola in visita,
le gaie pietre vanitose
che contendevano lo spazio alle tristi erbe.
Vedevo regni perduti o forse conquistati,
vedevo la mia giovinezza né conquistata né perduta,
vedevo il mio corpo distante, così strano
come me stesso, là nell'ora strana.
Vedevo i canuti muri irritati
mormoranti tra i denti le loro vaghe bestemmie,
oltre i muri vedevo
il mondo come cane contento,
vedevo nel piegarmi sulla verità
un corpo che non era il corpo mio.
Salendo fino a me stesso
vive qui da allora,
mentre attendo che la tua propria presenza
renda inutile questa triste fatica
d'esser io solo l'amore e la sua immagine[/align]
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[align=center]Offerte





Affinché gli dei ti fossero propizi,
più d'una ghirlanda,
rosmarino, mirto, maggiorana,
hai tessuto per essi in primavera.
Quando verrà l'inverno, dove
troverà la tua mano le foglie,
i tuoi occhi una luce senz'ombre,
il tuo amore la sua forma in un giovane corpo?
Questa povertà è gradita al cielo:
lascia agli dei in offerta,
granello vivo che si semina,
la nudità del tuo desiderio.[/align]
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[align=center]Ti voglio





Ti voglio.
Te l'ho detto con il vento
come un bruco gioca nella sabbia;
come un organo irato tempestoso;
te l'ho detto con il sole,
che dei giovani indora i corpi nudi
e nelle cose innocenti sorride;
l'ho detto con le nuvole
meste fronti che il cielo sostengono,
tristezze fuggitive;
l'ho detto con le piante
le diafane creature che si coprono
d'improvviso rossore;
te l'ho detto con l'acqua
vita lucente che nasconde l'ombra;
e te l'ho detto con la mia paura
e te l'ho detto con la mia allegria,
e con astio, e tremende parole.
Ma non mi basta:
oltre la vita voglio
dirtelo con la morte;
oltre l'amore voglio
dirtelo con l'oblio[/align]
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[align=center]Non diceva parole





Non diceva parole,
ascoltava soltanto un corpo interrogante,
ignorando che il desiderio è una domanda
per cui non c'è risposta,
una foglia il cui ramo non esiste,
un mondo di cui il cielo non esiste.
L'angoscia si fa strada tra le ossa,
risale per le vene,
erompe nella pelle
in zampilli di sogno
fatti carne che interroga le nubi.
Qualcuno che ci sfiori,
uno sguardo fugace tra le ombre,
bastano perché il corpo s'apra in due,
avido di ricevere in se stesso
altro corpo che sogni;
metà e metà, sogno e sogno, carne e carne,
uguali in figura, in amore, in desiderio.
E sia pure soltanto una speranza,
che il desiderio è una domanda la cui risposta
nessuno conosce. [/align]
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