Sergio Corazzini

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birillino8
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Sergio Corazzini

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Sergio Corazzini


Immagine[/align]

Sergio Corazzini nacque a Roma il 6 febbraio 1886 da una famiglia minata dalla tubercolosi, da padre romano e da madre cremonese (Carolina Calamani).

Frequentò qualche anno di scuola elementare a Roma e in seguito, dal 1895 al 1898, si trasferì a Spoleto con il fratello Gualtiero e frequentò il Collegio Nazionale.

Ma, a causa delle difficoltà finanziarie in cui si ritrovò la famiglia, il padre fu costretto a ritirare i figli dal collegio. Sergio continuò il ginnasio a Roma ma non potè frequentare il liceo perché dovette cercare lavoro presso una compagnia di assicurazioni, "La Prussiana", per aiutare la famiglia.

La compagnia di assicurazione aveva sede in una vecchia casa in via del Corso e la stanza di Sergio era buia e triste, con una finestra ad inferriate che dava sul cortile. Si possono trovare numerosi riferimenti a questo luogo nei versi di Soliloqui di un pazzo.

Il passare da una vita agiata alla povertà, dovuta alle errate speculazioni in borsa e al libertinaggio del padre, cambiò completamente le condizioni spirituali del poeta che da questo momento non ebbe certo vita felice (la madre era ammalata di tisi, il fratello Gualtiero morirà della stessa malattia, il fratello Erberto perirà in un incidente d'auto in Libia e il padre morirà in un ospizio).

L'esordio poetico
Amante delle lettere, Sergio non rinunciò tuttavia alla lettura dei suoi poeti preferiti, quelli contemporanei, non solo italiani ma anche stranieri, e quelli dialettali.

Le sue intense letture lo aiutarono nel suo esordio poetico e i suoi primi componimenti apparvero su giornali popolareschi.

Il 17 maggio 1902 scriverà il suo primo sonetto, Na bella idea, in romanesco pubblicato in "Pasquino de Roma" al quale seguirà, il 14 settembre 1902, il sonetto di settenari in lingua, Partenza, pubblicato su "Rugantino" e dai versi liberi, La tipografia abbandonata, usciti su "Marforio".

Su "Marforio" usciranno, nei tre anni successivi, la maggior parte dei versi del poeta che scriverà anche altre poesie in vernacolo su "Rugantino" e su "Il Fracassa".

Si trattava di versi dai temi realistici che rivelavano, nel giovanissimo autore, una precoce predisposizione ad osservare i fatti della vita.
Si trovano in essi allusioni alla malattia già latente e in un sonetto del 1906, Vinto, vi sono amare riflessioni sulla perdita della felicità.

Poetica
La sua poesia è focalizzata su "piccole cose", dietro le quali non emergono valori segreti, ma si nasconde il vuoto, tipico dei poeti crepuscolari tra i quali Corazzini fu annoverato. I suoi versi esprimono da un lato un malinconico desiderio per quella vita che la malattia gli negava, dall'altro un nostalgico ritrarsi dall'esistenza presente, proprio perché avara di prospettive future.

Nelle poesie di Corazzini si possono cogliere due momenti: quello del povero poeta sentimentale che racconta la propria malinconia con un linguaggio semplice e dimesso e quello del poeta ironico che adotta un linguaggio meno trasparente, più polisemico, a volte addirittura simbolico.

In Desolazione del povero poeta sentimentale si esprime tutta la poetica di Corazzini dove il "piccolo fanciullo che piange" proclama l'impossibilità di essere chiamato "poeta", affermando così, per la prima volta, la concezione della poetica crepuscolare così in contrasto con il trionfante dannunzianesimo


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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Desolazione del povero poeta
sentimentale



Perché tu mi dici: poeta?
Io non sono un poeta.
Io non sono che un piccolo fanciullo che piange.
Vedi: non ha che le lagrime da offrire al Silenzio.
Perché tu mi dici: poeta?
Le mie tristezze sono povere tristezze comuni.
Le mie gioie furono semplici,
sempilci così, che se io dovessi confessarle a te arrossirei.
Oggi io penso a morire.
Io voglio morire, solamente perché sono stanco;
solamente perché i grandi angioli
su le vetrate delle cattedrali
mi fanno tremare d'amore e di angoscia;
solamente perché, io sono, oramai,
rassegnato come uno specchio,
come un povero specchio melanconico.
Vedi che io non sono un poeta:
sono un fanciullo triste che ha voglia di morire.
Oh, non meravigliarti della mia tristezza!
E non domandarmi;
io non saprei dirti che parole così vane,
Dio mio così vane,
che mi verrebbe da piangere come se fossi per morire.
Le mie lagrime avrebbero l'aria
di sgranare un rosario di tristezza
davanti alla mia anima sette volte dolente
ma io non sarei un poeta;
sarei semplicemente, un dolce e pensoso fanciullo
cui avvenisse di pregare, così, come canta e come dorme.
Io mi comunico del silenzio, cotidianamente, come di Gesù.
E i sacerdoti del silenzio sono i romori,
poichè senza di essi io non avrei cercato e trovato il Dio.
Questa notte ho dormito con le mani in croce.
Mi sembrò di essere un piccolo e dolce fanciullo
dimenticato da tutti gli umani,
povera tenera preda del primo venuto;
e desiderai di essere venduto,
di essere battuto
di essere costretto a digiunare
per potermi mettere a piangere tutto tutto solo,
disperatamente triste,
in un angolo oscuro.
Io amo la vita semolice delle cose.
Quante passioni vidi sfogliarsi, a poco a poco,
per ogni cosa che se ne andava!
Ma tu non mi comprendi e sorridi.
E pensi che io sia malato.
Oh, io sono veramente malato!
E muoio, un poco, ogni giorno.
Vedi: come le cose.
Non sono, dunque, un poeta:
io so che per esser detto: poeta, conviene
viver ben altra vita!
Io non so, Dio mio, che morire.
Amen. [/align]
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La morte di Tantalo



Noi sedemmo sull’orlo
della fontana nella vigna d’oro.
Sedemmo lacrimosi in silenzio.
Le palpebre della mia dolce amica
si gonfiavano dietro le lagrime
come due vele
dietro una leggera brezza marina.
Il nostro dolore non era dolore d’amore
né dolore di nostalgia
né dolore carnale.
Noi morivamo tutti i giorni
cercando una causa divina
il mio dolce bene ed io.

Ma quel giorno già vanía
e la causa della nostra morte
non era stata rivenuta.

E calò la sera su la vigna d’oro
e tanto essa era oscura
che alle nostre anime apparve
una nevicata di stelle.

Assaporammo tutta la notte
i meravigliosi grappoli.
Bevemmo l’acqua d’oro,
e l’alba ci trovò seduti
sull’orlo della fontana
nella vigna non piú d’oro.

O dolce mio amore,
confessa al viandante
che non abbiamo saputo morire
negandoci il frutto saporoso
e l’acqua d’oro, come la luna.

E aggiungi che non morremo piú
e che andremo per la vita
errando per sempre[/align]
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Il mio cuore



Il mio cuore è una rossa
macchia di sangue dove
io bagno senza possa
la penna, a dolci prove

eternamente mossa.
E la penna si muove
e la carta s'arrossa
sempre a passioni nove.

Giorno verrà: lo so
che questo sangue ardente
a un tratto mancherà,

che la mia penna avrà
uno schianto stridente...
... e allora morirò. [/align]
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La crocetta d'oro



Io porto tanto amore
a una crocetta d'oro
che s'apre sul mio cuore.
E' un tenue lavoro,
non è un ricordo, no;
come l'ebbi ignoro.
Io l'amo poiché so
che croce fu dolore,
e assai ne spasimò
un mio dolce Signore.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Giardini



O piccoli giardini addormentati
in un sonno di pace e di dolcezze,
o piccoli custodi rassegnati
di sussurri, di baci e di carezze;

o ritrovi di sogni immacolati,
di desideri puri e di tristezze
infinite, o giardini ove gli alati
cantori sanno di notturne ebbrezze,

o quanto v'amo! I sogni che rinserra
il mio core, fioriscono, o giardini,
lungo i viali, ne le vostre aiuole.

Io v'amo, io v'amo, o fecondati al sole
di primavera in languidi mattini,
o giardini, sorrisi de la terra!

[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Invito



Anima pura come un'alba pura,
anima triste per i suoi destini,
anima prigioniera nei confini
come una bara nella sepoltura,

anima, dolce buona creatura,
rassegnata nei tristi occhi divini,
non più rifioriranno i tuoi giardini
in questa vana primavera oscura.

Luce degli occhi, cuore del mio cuore,
tenerezza, sorella nel dolore
rondine affranta nel mio stesso cielo,

giglio fiorito a pena su lo stelo
e morto, vieni, ho spasimato anch'io,
vieni, sorella, il tuo martirio è il mio.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Rime del cuore morto



O piccolo cuor mio, tu fosti immenso
come il cuore di Cristo, ora sei morto;
t'accoglie non so più qual triste orto
odorato di mammole e d'incenso.

Uomini, io venni al mondo per amare
e tutti ho amato! Ho pianto tutti i pianti
vostri e ho cantato tutti i vostri canti!
Io fui lo specchio immenso come il mare.

Ma l'amor onde il cuor morto si gela,
fu vano e ignoto sempre, ignoto e vano!
Come un'antenna fu il mio cuore umano,
antenna che non seppe mai la vela.

Fu come un sole immenso, senza cielo
e senza terra e senza mare, acceso
solo per sé, solo per sé sospeso
nello spazio. Bruciava e parve gelo.

Fu come una pupilla aperta e pure
velata da una palpebra latente;
fu come un'ostia enorme, incandescente,
alta nei cieli fra due dita pure,

ostia che si spezzò prima d'avere
tocche le labbra del sacrificante,
ostia le cui piccole parti infrante
non trovarono un cuore ove giacere.
[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Dai soliloqui di un pazzo



Sbarrò nell'ombra i grigi occhi perduti:
l'alba coglieva con le dita bianche
le ultime stelle per i cieli muti.

Egli pensò che il cuor tremi alle soglie
dell'anima così, come le stelle
treman la notte, alle divine porte
fin che la pietosa alba le coglie.
«Hai visto tu passare le barelle,
o pazzo insonne, con le stelle morte?»

Chiarità di una lama, o tu che fendi
l'ombra maligna: io t'offro il mio cervello
oscuro e tristo per disegni orrendi.

Io non ho pace, l'anima è un pantano;
nell'anima stagnarono i ricordi,
subitamente; oh quante volte, pietre
vi hanno scagliato con secura mano!
Dopo, il silenzio per i tonfi sordi
sé avvolse in bende assai più gravi e tetre.

Un ragno tesse la sua tela folta
per il mio teschio e nella tela stanno,
morte stecchite, le idee d'una volta.

Mai più, mai più! su le terrene cose
l'occhio non sosta, l'occhio si dispera,
come un'ala ferita ai cieli tende.
Io voglio la tristezza delle rose
morte all'inizio della primavera
per farne una corona alle mie bende.

Il mio cortile con un po' di cielo,
con poche stelle, a me sembra uno strano
fiore: corolla azzurra e grigio stelo.

Il mio cortile è triste molto, come
il suono di una placida campana
sotto un cielo di nuvole e di pioggia.
Una bianca tristezza senza nome
veste i muri, e nell'alto, una lontana
luce, su li orli, un oro dolce sfoggia.

Tu che mi ascolti non aver pietà,
non lacrimare delle mie sventure
come quel Cristo nell'oscurità.

Ah, quel Cristo, lo vedi? egli moriva
così, come ora, desolatamente,
quando venni alla cella che mi chiude.
Avea negli occhi una gran fiamma viva,
la fronte dolce e pur sanguinolente
e piaghe orrende per le membra ignude.

Non morì mai, non morrà più: mi guarda
nel buio e trema quando il lume trema
come i fanciulli se la sera è tarda.

A poco a poco si dissangueranno
le sue ferite per la doglia atroce
infin che un tarlo, - quando? - lentamente
roda i chiodi terribili che sanno
l'ossa dell'uomo e il legno della croce
e spezzi invano quel suo cuore ardente.

Chi mi parla dell'anima? Un impuro
ladro, forse, o un abate incipriato?
L'anima è morta ed io ne son sicuro.

Come una fonte semplice e tranquilla
donò la gioia alle riarse gole
degli umani e non seppe, ahimè! tenere
per la sua sete giovane una stilla!
Morì così, come un ignoto sole
spento su le fiorite primavere.

Chi batte alla mia porta? sei tu, cara?
Vieni con l'alba alla mia cella triste?
L'inchiodi forse questa grigia bara?

Mi ricordo di te, sola; eri bionda,
esile come un sogno giovinetto,
pallida come un astro mattutino;
te sola, nell'oscurità profonda
del mio cuore, t'accorgi per diletto;
te sola, con il mio tetro destino.

Chi tenta l'ombra che stagnò nei trivi
in cui le donne come idee mal certe
più volte si volgean tentando i vivi?

Chi veste d'auree stole anche le immonde
case che il fango d'un amplesso cinge?
Chi l'oro ai figli della terra adduce?
Ah, sei tu, sole, che le più profonde
pupille ferme nell'eterna sfinge
avvivi, anima orgiaca della luce?! [/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La finestra aperta sul mare



Non rammento. Io la vidi
aperta sul mare,
come un occhio a guardare,
coronata di nidi.
Ma non so né dove, né quando,
mi apparve; tenebrosa
come il cuore di un usuraio,
canora come l'anima
di un fanciullo. Era
la finestra di una torre in mezzo al mare, desolata
terribile nel crepuscolo,
spaventosa nella notte,
triste cancellatura
nella chiarità dell'alba.

Le antichissime sale morivano
di noia: solamente l'eco delle gavotte,
ballate in tempi lontani
da piccole folli signore incipriate,
le confortava un poco.

Qualche gufo co' i tristi
occhi, dall'alto nido
scricchiolante incantava
l'ombra vergine di stelle.
E non c'era più nessuno
da tanti anni, nella torre,
come nel mio cuore.

Sotto la polvere ancora,
un odore appassito, indefinito,
esalavano le cose,
come se le ultime rose
dell'ultima lontana primavera
fossero tutte morte
in quella torre triste, in una sera triste.

E lacrimava per i soffitti
pallidi, il cielo, talvolta
sopra lo sfacelo delle cose.
Lacrimava dolcemente
quietamente per ore
e ore, come un piccolo fanciullo malato.
Dopo, per la finestra
veniva il sole, e il mare,
sotto, cantava.

Cantava l'azzurro amante,
cingendo la torre tristissima
di tenerezze improvvise,
e il canto del titano
aveva dolcezze, sconforti,
malinconie, tristezze
profonde, nostalgie
terribili... Ed egli le offriva i suoi morti,
tutte le navi infrante,
naufragate lontano.

Una sera per la malinconia
di un cielo che invano
chiamava da ore e ore
le stelle, volarono via
con il cuore
pieno di tremore
le ultime rondini e a poco
a poco nel mare
caddero i nidi: un giorno
non vi fu più nulla intorno
alla finestra. Allora
qualche cosa tremò
si spezzò
nella torre e, quasi
in un inginocchiarsi lento
di rassegnazione
davanti al grigio altare
dell'aurora,
la torre
si donò al mare. [/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Sonetto della neve



Nulla più triste di quell'orto era,
nulla più tetro di quel cielo morto
che disfaceva per il nudo orto
l'anima sua bianchissima e leggera.

Maternamente coronò la sera
l'offerta pura e il muto cuore assorto
in ricevere il tenero conforto
quasi nova fiorisse primavera.

Ma poi che l'alba insidiò co' 'l lieve
gesto la notte e, per l'usata via,
sorrisa venne di sua luce chiara,

parve celato come in una bara
l'orto sopito di melanconia
nella tetra dolcezza della neve. [/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Tutta l'anima mia, tutte le pure...



Tutta l'anima mia, tutte le pure
gioie godute nella giovinezza;
ogni mia più soave tenerezza,
tutte le mie speranze malsecure

nelle loro precoci sepolture,
l'eterna immensurabile tristezza
che il mio cuore dissangua ma non spezza
offerte alle mortali creature.

Anima, come vano, come vano
l'amor tuo, come triste il disinganno![/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]L'ultimo sogno



Io sono giunto alla città
nel mezzo del bosco.
Batto ala porta, nessuno domanda,
batto a tutte le porte
della città muta; non odo
che fontane cantare
canzoni senza ritornelli
a la Monotonia.

Io grido: «non saprò
domani tornare
per la stessa via!
Sono un fanciullo bianco
ed è fiorita per i miei capelli
una ghirlanda!
Le mie piccole mani sono pure
come quelle dei santi di cera;
amo le creature
non so che una povera preghiera».

Le fontane cantano sempre
nella città muta dei sogni.

Io mi allontano
e la mia veste bianca
se la dividono i rovi,
e la mia ghirlanda s'è mutata
in una corona di spine,
le mie piccole mani sanguinano
senza fine
e l'anima è triste come
li occhi
di un agnello che sia per morire.

E le fontane cantano
dietro le bianche porte.

Ah! sono io dunque colui
che non dormirà più
che non sognerà più
fino alla morte?
[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Per organo di Barberia



Elemosina triste
di vecchie arie sperdute,
vanità di un'offerta
che nessuno raccoglie!
Primavera di foglie
in una via diserta!
Poveri ritornelli
che passano e ripassano
e sono come uccelli
di un cielo musicale!
Ariette d'ospedale
che ci sembra domandino
un'eco in elemosina!

Vedi: nessuno ascolta.
Sfogli la tua tristezza
monotona davanti
alla piccola casa
provinciale che dorme;
singhiozzi quel tuo brindisi
folle di agonizzanti
una seconda volta,
ritorni su' tuoi pianti
ostinati di povero
fanciullo incontentato,
e nessuno ti ascolta. [/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Bando



Avanti! Si accendano i lumi
nelle sale della mia reggia!
Signori! Ha principio la vendita
delle mie idee.
Avanti! Chi le vuole?
Idee originali
a prezzi normali.
Io vendo perché voglio
raggomitolarmi al sole
come un gatto a dormire
fino alla consumazione
de' secoli! Avanti! L'occasione
è favorevole. Signori,
non ve ne andate, non ve ne andate;
vendo a così poco prezzo!
Diventerete celebre
con pochi denari.
Pensate: l'occasione è favorevole!
Non si ripeterà.
Oh! non abbiate timore di offendermi
con un'offerta irrisoria!
Che m'importa della gloria!

E non badate, Dio mio, non badate
troppo alla mia voce
piangevole! [/align]
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