Eva Ermenz
Inviato: ven apr 25, 2008 1:29 pm
[align=center]Eva Ermenz
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Eva Ermenz, poeta e attrice, vive a Stoccolma. Già dopo il suo primo viaggio in Italia nel 1972 è sempre stata un'ammiratrice di "un paese in cui si trova la poesia in ogni respiro...". Eva Ermenz ha pubblicato due libri di poesia in Svezia. Scrive anche per il suo gruppo di teatro: Duo Nostalgica. Ha pubblicato nel luglio 2002 il volume di poesia "Rosso profondo" con la casa editrice Montedit.
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Eva Ermenz dopo il suo primo viaggio in Italia è rimasta affascinata dal nostro Paese fino a farle dire che ha trovato la poesia in ogni respiro. In Svezia ha già pubblicato due libri di poesia ed ora esce anche in Italia una nuova silloge dal titolo "Rosso Profondo".
In questa raccolta di poesie il quadro d'insieme è subito ben identificato con una elencazione di immagini ed atmosfere che rendono l'idea di un ambiente legato a lontani ricordi dove aleggiava un vago profumo di spezie misto a vecchi bauli, slittini e sci con le cinghie di cuoio e più in là il fiume, le rondini che volavano basse, il legname che ingrigiva nella vecchia gramola e il mondo legato all'infanzia.
Il tempo dell'oblìo, delle sere dal velo verde splendente, dell' erica azzurra, delle strisce verdechiaro degli steli di ninfee.
Ogni ricordo rivive nelle poesie che diventano gocce di pioggia quasi scintille sulla nuda pietra, sui letti di sempreverdi mentre tutt'intorno si spande un odore di terriccio, forte ed intenso.
Il desiderio di rannicchiarsi ancora nell'abbraccio caldo di lana e le campanule nel prato, i sogni biancomeringa, gli intarsi del nonno e rimembrare quanto era bello leggere sdraiata sottosopra.
Ricordi che sono emozioni scintillanti, fusione dell'infanzia e magazzino cubico della memoria; fogli di poesie sparse dal vento sulle acque impetuose del fiume Limmat. Le parole come schegge di vetro fanno sanguinare mentre si spargono in giro sul freddo pontile e sembra che lo spirito maligno del fiume si diverta. Le stesse parole che cadono, fioccano lente, una dopo l'altra, liberate giù nel fiume.
Leggendo queste poesie capita sovente di rimanere fulminati da immagini taglienti come lama di coltello appena affilata o di soffermarsi quando si incontrano parole che sembrano appoggiate a pareti di vetro.
Nella poesia "Kunsthalle e domenica" si tocca con mano la sofferenza scarnificata di Alberto Giacometti mentre cade il bicchiere di vino sul pavimento di marmo istericamente pulito e poi finalmente il rimbalzo su Mirò ed ecco allora che si passa allo zucchero sullo strudel, a spruzzi di sole sull'azzurro. Questo eterno vivere sulla linea di confine, tra fredda pietra o rosso fuoco, è forse la chiave per mettersi in cammino come una esploratrice indiscreta per scovare/scavare qualcosa nelle profondità, per farsi un'idea, per sentire l'ignoto.
Il tempo lasciato passare, misurato, calcolato, perduto e ancora da vivere di una donna che giace sul lato sbagliato del cuore, nella grigiotremula luce del mattino; una voce graffiante contro la roccia, attanagliata da crampi verbali mentre il tempo si fonde con l'acqua e poco importa siano i canali di Venezia o le acque di un gelido torrente.
Eva Ermenz tesse con sapienza le immagini soffuse, i silenzi e le atmosfere algide, le marmoree presenze, gli anni che passano sono come i cristalli di una lastra, i ricordi sono dardi di ossidiana ed ogni frammento è ricomposto nella sua anima quasi a voler utilizzare questo archivio esistenziale come forza guaritrice, capace di cicatrizzare ogni ferita.
Ma è veramente possibile cercare di svelare il quotidiano mistero, l'ennesimo inganno del nostro sguardo, i rossi bagliori dell'ultima magia della nostra vita? Non credo possa aiutarci il centro matematico di un giardino giapponese. O forse sì?
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Eva Ermenz, poeta e attrice, vive a Stoccolma. Già dopo il suo primo viaggio in Italia nel 1972 è sempre stata un'ammiratrice di "un paese in cui si trova la poesia in ogni respiro...". Eva Ermenz ha pubblicato due libri di poesia in Svezia. Scrive anche per il suo gruppo di teatro: Duo Nostalgica. Ha pubblicato nel luglio 2002 il volume di poesia "Rosso profondo" con la casa editrice Montedit.
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Eva Ermenz dopo il suo primo viaggio in Italia è rimasta affascinata dal nostro Paese fino a farle dire che ha trovato la poesia in ogni respiro. In Svezia ha già pubblicato due libri di poesia ed ora esce anche in Italia una nuova silloge dal titolo "Rosso Profondo".
In questa raccolta di poesie il quadro d'insieme è subito ben identificato con una elencazione di immagini ed atmosfere che rendono l'idea di un ambiente legato a lontani ricordi dove aleggiava un vago profumo di spezie misto a vecchi bauli, slittini e sci con le cinghie di cuoio e più in là il fiume, le rondini che volavano basse, il legname che ingrigiva nella vecchia gramola e il mondo legato all'infanzia.
Il tempo dell'oblìo, delle sere dal velo verde splendente, dell' erica azzurra, delle strisce verdechiaro degli steli di ninfee.
Ogni ricordo rivive nelle poesie che diventano gocce di pioggia quasi scintille sulla nuda pietra, sui letti di sempreverdi mentre tutt'intorno si spande un odore di terriccio, forte ed intenso.
Il desiderio di rannicchiarsi ancora nell'abbraccio caldo di lana e le campanule nel prato, i sogni biancomeringa, gli intarsi del nonno e rimembrare quanto era bello leggere sdraiata sottosopra.
Ricordi che sono emozioni scintillanti, fusione dell'infanzia e magazzino cubico della memoria; fogli di poesie sparse dal vento sulle acque impetuose del fiume Limmat. Le parole come schegge di vetro fanno sanguinare mentre si spargono in giro sul freddo pontile e sembra che lo spirito maligno del fiume si diverta. Le stesse parole che cadono, fioccano lente, una dopo l'altra, liberate giù nel fiume.
Leggendo queste poesie capita sovente di rimanere fulminati da immagini taglienti come lama di coltello appena affilata o di soffermarsi quando si incontrano parole che sembrano appoggiate a pareti di vetro.
Nella poesia "Kunsthalle e domenica" si tocca con mano la sofferenza scarnificata di Alberto Giacometti mentre cade il bicchiere di vino sul pavimento di marmo istericamente pulito e poi finalmente il rimbalzo su Mirò ed ecco allora che si passa allo zucchero sullo strudel, a spruzzi di sole sull'azzurro. Questo eterno vivere sulla linea di confine, tra fredda pietra o rosso fuoco, è forse la chiave per mettersi in cammino come una esploratrice indiscreta per scovare/scavare qualcosa nelle profondità, per farsi un'idea, per sentire l'ignoto.
Il tempo lasciato passare, misurato, calcolato, perduto e ancora da vivere di una donna che giace sul lato sbagliato del cuore, nella grigiotremula luce del mattino; una voce graffiante contro la roccia, attanagliata da crampi verbali mentre il tempo si fonde con l'acqua e poco importa siano i canali di Venezia o le acque di un gelido torrente.
Eva Ermenz tesse con sapienza le immagini soffuse, i silenzi e le atmosfere algide, le marmoree presenze, gli anni che passano sono come i cristalli di una lastra, i ricordi sono dardi di ossidiana ed ogni frammento è ricomposto nella sua anima quasi a voler utilizzare questo archivio esistenziale come forza guaritrice, capace di cicatrizzare ogni ferita.
Ma è veramente possibile cercare di svelare il quotidiano mistero, l'ennesimo inganno del nostro sguardo, i rossi bagliori dell'ultima magia della nostra vita? Non credo possa aiutarci il centro matematico di un giardino giapponese. O forse sì?