Leggende indiane

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Soleanna1
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Leggende indiane

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La leggenda delle fragole (Cherokee)

Per i Cherokee all’inizio c’erano due mondi: quello dei cieli, chiamato Ga-lun-la-ti, e quello delle acque scure, che ricoprivano tutta la terra che noi conosciamo oggi, in cui vivevano le forze maligne. Il Ga-lun-la-ti, invece era popolato da animali, piantee uomini.Tutte le creature parlavano la lingua Cherokee e vivevano insieme in armonia. La Terra non era altro che un globo coperto di acqua dove vivevano pesci giganteschi e rettili. L’universo dei Cherokee si fondava sull’armonia e l’equilibrio. La luce era bilanciata dal buio, le cose virtuose e benigne erano bilanciate da quelle che si nascondevano nell’oscurità e fuggivano dalla luce.
All’inizio non c’era il sole, ma un grande albero della vita, che cresceva al centro del Ga-lun-la-ti. Esso illuminava il mondo, così che si potesse vedere ovunque e irradiava la sua luce anche nel mondo oscuro delle acque. Il Creatore viveva sull’albero della vita da dove si prendeva cura delle piante e degli animali. A volte gli uccelli marini, i falchi e le aquile volavano nel mondo oscuro sottostante dove tartarughe giganti e ratti nuotavano nella pallida luce dell’albero del cielo.
Il Creatore conduceva una vita solitaria. Quando il suo lavoro fu completato, si sedette sull’albero della vita e ammirò il mondo intorno a lui e sotto di lui. A volte, però, si sentiva solo e desiderava una compagna, forse una figlia, che si potesse sedere accanto a lui alla sera e vedesse la sua creazione vivere e crescere. Così il Creatore plasmò una fanciulla la cui grazia e bellezza gli toccarono il cuore. Egli sapeva, però, che anche lei aveva bisogno di qualcuno con cui correre e giocare, così creò un uomo e insegnò ai suoi figli le cose che conosceva.
Il Creatore presto si accorse che sua figlia rideva troppo e cantava troppo; parlava costantemente. Essa poneva moltissime domande: perché brillano le fronde dell’albero della vita? Chi ha creato il mondo dei cieli? Chi ha dato il nome alle piante?...Il Creatore continuava ad amarla, perché era sua figlia, ma questo parlare e chiedere in continuazione, cosa avrebbe potuto fare? Il Creatore aveva detto molte volte ai suoi figli di stare lontano dall’albero della vita e di non giocare nei pressi del suo tronco. Ma, come tutti i bambini curiosi, la prima donna volle scoprire perché suo padre aveva detto queste cose. Il primo uomo insisteva affinchè essa non si recasse all’albero, ma essa tutti i giorni avrebbe voluto scalare l’albero fino alle sue fronde più alte. Un giorno trovò un buco ai piedi del tronco e vi entrò cadendo così al di fuori del Ga-lun-la-ti.
Quando il Creatore tornò a casa non trovò la prima donna. Allora chiese al primo uomo:”dov’è mia figlia?”. Il giovane uomo rispose:”Io le ho detto più di una volta di non entrare nel buco ai piedi dell’albero della vita, ma lei non ha voluto ascoltarmi!”. Il creatore non sapeva cosa fare per evitare che sua figlia cadesse nel maestoso oceano. Allora convocò gli uccelli del cielo affinchè la prendessero evitando di farla annegare. Essi formarono così una specie di grossa e soffice coperta con le loro ali piumate, con la quale presero la prima donna. Tuttavia, dove avrebbero potuto posarla? Così, mentre volavano sulla superfice delle “grndi acque”, il capostipite di tutte le tartarughe disse: “qui!, mettetela sul mio guscio!”. Quindi gli uccelli discesero con la giovane donna, da quel momento conosciuta come “Sky-Woman”,e la posarono sulla superfice della sua nuova casa. Tuttavia non vi era abbastanza spazio, così il ratto e la lontra si offrirono volontari e scesero sul fondo del mare riportando in superfice del fango, il quale, dopo essere stato messo sulla shiena della tartaruga , cominciò a crescere diventando la terra che oggi conosciamo come “Turtle Island”. Il Creatore,però, sapeva che essa avrebbe avuto bisogno di più cose, quindi mandò sulla nuova terra le piante e gli animali, affinchè si prendessero cura di sua figlia. Mandò il cervo, il bisonte, l’orso, il coniglio e lo scoiattolo, per fornirgli cibo e abiti. Mandò anche le piante medicinali: il cedro, la salvia, la sanguinaria-canadensis, la quercia e soprattutto il tabacco. Mandò poi sulla terra molte altre cose per provvedere alla sua futura generazione: i Kituwah, i Cherokee.
Quando la prima donna fu soddisfatta, il Creatore mandò il primo uomo ad aiutarla a curarsi della sua creazione. Il primo uomo e la prima donna erano ora marito e moglie. Erano felici e tutto andava per il meglio, ma, come in tutte le buone cose, il male si insinuò tra loro e cominciarono a discutere e litigare. Furono dette parole dure da entrambi e, alla fine, la prima donna raccolse le sue cose e partì. “Vado a cercare un nuovo posto dove vivere” disse al marito “ tu sei indolente e non mi presti mai attenzione!”. In breve tempo il primo uomo si pentì delle sue azioni e cercò di raggiungere la moglie per scusarsi. Tuttavia si rese conto di non poterla ormai raggiungere, e pregò il Creatore di aiutarlo: “rallentala, Creatore, affinchè possa dirle cosa essa significhi per me!”. Il Creatore chiese:”il tuo spirito è uno con il suo?”. Il primo uomo rispose:”ne abbiamo uno solo fin da quando siamo stati creati! Ne abbiamo uno solo da quando tu hai soffiato la vita in noi e ne avremo uno solo fino alla fine del tempo stesso!”.
Toccato dalle parole dell’uomo, il Creatore intervenne. Vide la strada che la prima donna stava percorrendo e cominciò a far crescere delle piante ai suoi piedi per rallentarla. Da un lato crebbero le more selvatiche, dall’altro i mirtilli, ma lei continuò il cammino.Allora fece crescere i ribes (uva spina), ma ancora, lei non si curò di essi e continuò il cammino.Il Creatore, però, sapeva di doverla rallentare a tutti i costi, così andò nel suo giardino, prese una manciata di piantine di fragole e le piantò sula terra. Quando atterrarono ai piedi della prima donna, cominciarono a crescere, fiorire e maturare. La prima donna si fermò a vedere gli splendidi rami e bacche della piantina di fragole, e si chinò per assaggiarne una. Appena mangiò la fragola dimenticò la sua rabbia e, preso un cestino, lo riempì velocemente e tornò verso il marito. Il primo uomo, intanto, si stava affannando per raggiungere la moglie e rimase sorpreso quando la vide tornare, e oh! Come batteva il suo cuore! Lei era sorridente! Lei mise la mano nel cestino, prese una fragola e la mise nella bocca del marito. Lui sorrise e ringraziò il Creatore. Presa la sua mano, la moglie lo condusse sul sentiero di casa, mangiando insieme le fragole lungo la via.
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[align=center]La leggenda di Lupo Solitario[/align]

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Si narra che molte lune orsono nella tribù del popolo degli uomini, che voi bianchi battezzaste con il nome di Sioux, vivesse una principessa così bella e radiosa e che ogni mattina al suo risveglio ella trovasse una rosa nel suo tepee proprio accanto al suo viso. Ella era molto corteggiata ed i più giovani e forti guerrieri della tribù facevano a gara per portare a suo padre Orso Saggio i più bei cavalli e le armi più decorate come voleva l'uso per chiedere la mano della principessa. E da tutte le tribù vicine ella era conosciuta ed amata e sarebbe stato fortunato colui che avesse avuto il suo cuore. Alba Radiosa , questo era il nome che la tribù le aveva dato per la sua solarità, viveva gaia e felice quindi in attesa di scegliere il suo compagno come era in uso nella tribù. Poco distante dall'accampamento, ai limiti della foresta, viveva in una modesta capanna un guerriero di nome Lupo Solitario, egli non era bello e nemmeno più giovane ma il suo cuore batteva per Alba Radiosa e batteva così forte che, quando vedeva la principessa, sembrava che i tamburi di guerra tuonassero all'unisono! Ed era lui che ogni notte sfidava le ire di Orso Saggio per posare la rosa accanto alla principessa. Una notte però calda e afosa la principessa si svegliò proprio mentre lui poneva la rosa accanto a lei. Lei gridò, Orso Saggio si destò e colpì col suo coltello Lupo Solitario al cuore. Ma la madre terra dea dei Sioux ebbe pietà di Lupo e lo tramutò in una costellazione, la Costellazione del Lupo. E se guardi a destra dell'Orsa Minore la vedrai e se ascolterai bene udrai anche un ululato lontano nella foresta al limitare dell'accampamento della tribù degli uomini è il lamento di Lupo Solitario per il suo amore mai realizzato.
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[align=center]La leggenda di Faccia Bruciata[/align]

Un bambino indiano, giocando, cadde in un fuoco da campo e ne restò ustionato. Il suo nome divenne così Faccia Bruciata, e lui, sentendosi schernito e vergognandosi del suo aspetto, passo l'infanzia restando il più possibile chiuso nella sua tenda. Una volta cresciuto, lasciò la tribù e si isolò sulle montagne. Fu qui che costruì la prima Ruota, che simboleggiava per lui il cerchio di un villaggio invisibile, parenti, amici, compagni di vita che avrebbe voluto avere e non aveva più. Un giorno Faccia Bruciata, mentre piangeva la sua solitudine, vide un tornado avvicinarsi e tramutarsi in una Grande Aquila. Interrogato dall'aquila, Faccia Bruciata le rivelò il perché della sua tristezza. Allora l'aquila lo portò in volo fino al suo nido e gli fece conoscere i due aquilotti suoi figli, i quali gli chiesero in dono degli archi e delle frecce. Faccia Bruciata li costruì per loro, e venne ricompensato con uno specchio magico nel quale poteva rimirarsi con il volto miracolosamente intatto. In seguito, Faccia Bruciata uccise a pietrate una mitica Lontra del fiume, divoratrice di aquilotti. Per premiarlo d'aver salvato i suoi figli da una possibile minaccia, la Grande Aquila lo riaccompagnò al suo villaggio garantendogli per sempre la sua protezione sacra. Cosi Faccia Bruciata venne onorato, si sposò, e visse fino a diventare vecchissimo, insegnando a tutti a costruire cerchi di pietre. Il mito ci dice che sono proprio gli esclusi e gli emarginati a sentire più forte il bisogno della comunità e a capirne l'importanza. La Ruota rappresenta l'Appartenenza a qualcosa di più grande del nostro piccolo io, l'identità collettiva che ciascuno di noi porta in sé... e che è capace di grandi magie. Un singolo individuo, ci insegnano insomma gli Indiani d'America, può anche diventare un eroe leggendario, ma è insieme che si vince o si perde la battaglia della vita.
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[align=center]Leggenda Cheyenne -Stella Cadente

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Una notte d’estate due fanciulle cheyenne stavano sdraiate fuori dalla loro tenda, guardando le stelle. “Guarda quella!” disse la Prima fanciulla. “E’ la più luminosa di tutte. Mi piacerebbe sposarla”. Il giorno dopo,mentre le due fanciulle raccoglievano la legna, videro un porcospino che si arrampicava su un albero. “Voglio prenderlo”disse la Prima fanciulla, arrampicandosi dietro di lui. Il porcospino continuava a salire senza farsi prendere e Prima fanciulla lo seguiva.”Vieni giù,vieni giù!” implorava la Seconda fanciulla,ma in breve Prima fanciulla arrivò troppo in alto per poterla udire. L’albero, un pino, continuava a crescere finché raggiunse il mondo celeste. Prima fanciulla si mise a piangere dalla paura, perché era salita troppo in alto. Allora si udì una voce: ”Non piangere. Sono Stella Splendente, e vorrei sposarti.” Così Prima fanciulla e Stella Splendente si sposarono.
Stella Splendente disse alla sua sposa che avrebbero potuto fare tutto quello che voleva nel mondo celeste, però se avesse raccolto le rape bianche che crescevano in quel luogo, sarebbe successo qualcosa di male. Vissero insieme felici, e presto, ebbero un bambino. Ma Prima fanciulla era molto curiosa riguardo alle rape bianche e, un giorno, ne raccolse una. Nel mondo celeste si formò un buco, attraverso il quale si poteva vedere la terra lontana lontana.
Desiderosa di rivedere la sua casa d’origine, Prima fanciulla, intrecciò una fune di fili d’erba; sembrava abbastanza lunga da arrivare fino a terra, e così Prima fanciulla cominciò a scendere attraverso il buco, con il suo bambino in braccio. Ma quando Prima fanciulla arrivò in fondo alla fune, vide che il terreno era ancora molto più sotto.Si aggrappò disperatamente, ma alla fine le mancarono le forze e cadde. Morì, ma il bambino, che era fatto di pietra di stelle, sopravvisse. Una mamma stornello portò il bimbo nel suo nido e lo nutrì insieme ai suoi piccoli. Chiamò il bimbo Stella Cadente. Il ragazzo cresceva in fretta e aveva imparato a correre tanto veloce da tener dietro al volo degli uccelli. Ma la mamma stornello era triste perché il ragazzo non aveva le ali. Quando si avvicinò l’inverno, e per gli stornelli arrivò il momento di volare a Sud, sapeva che lui non avrebbe potuto compiere a piedi un viaggio così lungo. "Fammi un arco e delle frecce e mi arrangerò da solo" le disse Stella Cadente. Portando con sé l’arco e le frecce degli stornelli, camminò lungo un fiume e giunse all’accampamento di sua madre.Vide una vecchia e le disse: "Nonna, ho sete". "Non posso darti acqua." gli rispose la vecchia. "Nel fiume c’è un mostro che mangia tutti quelli che si avvicinano!". Ma Stella Cadente aveva la gola così secca, che si fece dare un secchio di pelle di bisonte ed un mestolo di corno di bisonte ed andò
al fiume.
Appena immerse il mestolo nell’acqua, apparve un mostro enorme, che aprì la bocca e lo ingoiò. Rannicchiato per la paura in fondo allo stomaco del mostro, Stella Cadente, trovò tutte le altre persone che il mostro aveva ingoiato vive. La madre di Stella Cadente era una giovane Cheyenne, ma suo padre era una stella e lui era fatto di pietra di stelle, così con un pugno fece un buco nel fianco del mostro, uccidendolo. Tutti strisciarono fuori e Stella Cadente li ricondusse all’accampamento. Allora,Stella Cadente, andò dalla vecchia e le disse: "Nonna, ho fame". "Non ho cibo da darti. Ogni volta che gli uomini vanno a caccia, un corvo bianco avvisa i bisonti che stanno arrivando". "Non ti preoccupare per questo". disse Stella Cadente. "Procurami una pelle di bisonte e due corridori veloci". Ai corridori disse: "Dovete far finta di volermi colpire." Stella Cadente indossò la vecchia pelle di bisonte e raggiunse la mandria. Quando i due corridori si avvicinarono, il corvo bianco volò in alto gridando: "Correte, arrivano i cacciatori!" La mandria fuggì e Stella Cadente nella sua vecchia pelle di bisonte li seguì. I corridori lanciarono le loro frecce e Stella Cadente si lasciò cadere, come se fosse stato morto. Il corvo bianco volò sopra di lui, dicendo: "Perché andavi così piano?". Il corvo volava sempre più vicino e Stella Cadente allungò il braccio da sotto la pelle di bisonte e lo afferrò per le zampe. Trionfante, portò l’uccello all’accampamento e ne fece dono al capo che annunciò: "Porterò questo uccello alla mia tenda, lo legherò in alto e lo affumicherò fino a farlo morire".
Da quel giorno, gli Cheyenne poterono cacciare tutti i bisonti di cui avevano bisogno, e non soffrirono più la fame. Tutti furono così riconoscenti a Stella Cadente, che gli diedero una tenda tutta per lui e la più bella fanciulla della tribù per moglie. E ogni notte Stella Splendente, padre di Stella Cadente, brillava su di loro dal cielo, benedicendoli, con la sua luce.
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[align=center]La vecchia del mais[/align]

Tanto,tanto tempo fa , una vecchia e suo nipote si misero in viaggio attraverso il paese degli indiani.Nessuno sapeva da dove venivano nè dove andassero e nessuno lungo il cammino volle dar loro ospitalità,dividere con loro cibo e fuoco.Era un brutto peropdo,quello:gli indiani avevano dissotterrato l'ascia di guerra e le tribù combattevano l'una contro l'altra.Ma la vecchia non si scoraggiava:
"Vedrai-diceva al nipote-prima o poi troveremo chi si prenderà cura di noi."
Cammina cammina,tra montagne e praterie,un giorno i due giunsero all'accampamento della tribù degli Alligatori,gente povera ma di buon cuore.Il loro capo,Dente di Alligatore,disse ai due viaggiatori stanchi:
"Potete restare con noi,dormire sotto una tenda e scaldarvi al nostro fuoco,ma purtroppo non troverete niente da mangiare.I nostri terreni di caccia non sono ricchi di selvaggina e inoltre dobbiamo sacrificare le prede migliori agli Alligatori,per non perdere la loro protezione."
"Saremo felici di condividere il vostro destino,qualunque esso sia"rispose la vecchia"io , in cambio dell'ospitalità avrò cura dei bambini":
Dente di Alligatore le indicò unatenda vuota e lei,dopo averlo ringraziato,ci si sistemò insieme al nipote.L'unico bagaglio che aveva,un sacco di pelle di bisonte,lo depose in un angolo scuro.La mattina seguente,all'alba,i cacciatori partirono in cerca di selvaggina e le donne si sparpagliarono nella prateria per raccogliere erbe e radici.Nel villaggio rimasero solo i bambini che,come al solito,si misero a giocare per ingannare la fame,in attesa del ritorno dei genitori con qualcosa da mettere sotto i denti.Le ore erano lunghe da passare ,con lo stomaco vuoto,e i giochi erano sempre gli stessi.Quella mattina,però,ci fu una novità.La vecchia uscì dalla tenda e chiede ai bambini:
"Volete che vi racconti una storia,tanto per ingannare il tempo?"
"Sì,Sì"risposero in coro.
E la vecchia raccontò come erano nati gli alberi.
"In tempi molto lontani la terra era ricoperta solo di erbe e fiori,non c'era neanche un albero.éPoi,un giorno,il grande Manitù,guardando giù dalle nuvole,sentì il desiderio di accarezzare quei fiori che ondeggiavano al vento sugli steli sottili.Allora ordinò agli steli di crescere,di crescere fino a raggiungere il palmo delle sue mani.Fu subito obbedito e pini,aceri,abeti salirono verso il cielo fin quasi a toccarlo.Ora bastava che il grande Manitù stendesse la mano per poter accarezzare quelle chiome verdi che la brezza faceva sussurrare."
Finita la storia,la vecchia guardò i bambini e capì due cose:che la storia era piaciuta molto,ma che non aveva fatto dimenticare la fame.Allora rientrò in tenda,si mise ad armeggiare intorno a un gran pentolone e poco dopo ecco alzarsi nell'aria un profumino appetitoso.Poi uscì di nuovo e distribuì a ciascun bambino una ciotola di farina morbida,color dell'oro,buonissima e nutriente.
"E' fatta con il granturco." disse "Se vi comportare bene,ne avrete tutti i giorni." E fu così.
I cacciatori partivano tutte le mattine all'alba in cerca di selvaggina,le donne si sparpagliavano nella prateria per raccogliere erbe e radici,la vecchia raccontava ai bambini una bella storia e poi dava loro una ciotola colma di farinata di granturco.Così passò il tempo e anche l'ultimo mese dell'anno,quello della Lunga Notte,finì.
La vecchia continuava ogni giorno a distribuire la sua farinata ai bambini affamati,ma negli ultimi tempi era diventata più debole,più magra,sembrava evaporare lentamente come il fumo che usciva dal pentolone.Una mattina non potè più alzarsi dal letto.Allora chiamò il nipote e gli disse: "Ragazzo mio,presto abbandonerò questo mondo,ma anche quando non ci sarò più la tribù degli Alligatori continuerà a ricordarmi.Ho seminato un pò di granturco in un pezzo di terra non lontano dall'accampamento.I semi hanno già messo le radici e germoglieranno a primavera.Io ho fatto la mia parte,ora tocca ai bambini custodirli,innaffiarli e zapparli,se voglionio avere buon raccolto e non soffrire mai più di fame."
Per qualche tempo ancora,la vecchia consegnò al nipote il pentolone pieno di farinata perchè la distribuisse al posto suo;poi,quando la prima pannocchia di granturco maturò nel campicello vicino all'accampamento,essa scomparve nel nulla,come se non fosse mai esistita.Tutti la cercarono,ma invano.
"Non la vedremo più"disse alla fine il capo Dente di Alligatore,"ma sarà sempre viva nel nostro ricordo e nel nostro cuore."
Poi indicò il granturco che cresceva alto e rigoglioso e aggiunse: "Guardate:si è trasformata in quelle piante che ci ha donato perchè la fame non ci perseguiti più."
Fu così che la vecchia misteriosa ripagò la tribù degli Alligatori per l'ospitalità ricevuta.Da allora in poi gli indiani coltivarono con amore i loro campi di granturco e ,quando i bianchi filamenti spuntavano dalle pannocchie dorate,vedevano in essi i capelli bianchi della vecchia che non avrebbero mai dimenticato. (Mito degli Indiani Seneca)
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[align=center]Leggenda del Bufola bianca[/align]

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A due guide Lakota mandate in cerca di selvaggina apparve una donna bellissima vestita di pelle di daino bianca che disse loro:
"Vengo dalla Gente Bella e sono stata mandata sulla Terra per parlare con il vostro popolo. Andate dal vostro capo e ditegli di preparare il grande tipì del consiglio. Esso dovrà essere piantato al centro del cerchio del villaggio con l'entrata rivolta ad oriente. Ho cose di grande importanza da dire al vostro popolo. Sarò al villaggio all'alba".
Riferito l'accaduto al capo tribù, fu approntato tutto così come richiesto. Paura ed eccitazione si impadronirono di ogni abitante del villaggio per l'imminente visita della donna misteriosa.
Quando il giorno spuntò ella apparve, vestita come la guida aveva raccontato: recava nella mano destra il cannello di una pipa e nella sinistra il suo fornello.
Entrata nella tenda, si sedette al posto d'onore e disse che il Grande Spirito era contento della fedeltà, della reverenza e dell'onestà della Nazione Sioux.
I Sioux vivevano nel bene contro il male, nell'armonia contro la discordia e perciò erano degni di ricevere la pipa che ella custodiva per l'umanità. Essa era il simbolo della pace tra gli uomini. Fumare la pipa significava comunicare con il Grande Spirito.
Quindi si rivolse alle donne dicendo loro che il Grande Padre aveva stabilito che esse mettessero al mondo i figli, che li nutrissero e li vestissero, rimanendo spose fedeli. Esse, inoltre, avrebbero sopportato in vita grandi sofferenze, ma per la loro natura gentile sarebbero state di conforto agli altri nel tempo del dolore.
Poi parlò ai bambini dicendo loro di rispettare i genitori che li amano e fanno molti sacrifici, per cui ad essi deve venire soltanto del bene.
Agli uomini disse che tutte le cose dalle quali essi dipendono vengono dalla Terra, dal Cielo e dai Quattro Venti e che per questa ragione era necessario ringraziare il Grande Spirito per il dono della vita fumando la pipa quotidianamente.
Raccomandò ancora loro di essere sempre gentili e amorevoli con le donne e con i bambini, per rispetto al loro essere creature deboli.
Infine, insegnò al capo la maniera di custodire la pipa, dal momento che era suo dovere rispettarla e proteggerla, in quanto da essa dipendeva la vita della Nazione Sioux. Come sacro strumento della conservazione doveva essere usata in tempo di guerra, di carestia, di malattia o in caso di grandi necessità.
A questo punto si dice che la donna promise ai Sioux che sette sacre cerimonie sarebbero state in seguito rivelate loro affinchè le praticassero. Esse erano: la Custodia dell'Anima, la Purificazione, la Ricerca della Visione, la Danza del Sole, Come diventare Fratelli (il rito dell'apparentamento), Come diventare Donna Bisonte (la preparazione della fanciulla ai doveri di donna), il Lancio della Palla.
La donna rimase con i Sioux ancora per quattro giorni poi, al quinto, dopo aver acceso la pipa che offrì prima al Cielo, quindi alla Terra, infine ai Quattro Venti, annunciò che la sua missione era finita e partì.
Fece il giro della tenda secondo il cammino del sole, poi lentamente si allontanò dall'accampamento. A breve distanza si voltò e, sotto gli sguardi di tutta la tribù, si trasformò in un bianco vitello di bisonte.
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[align=center]La Luna Piena[/align]

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In una calda notte di luglio di tanto tempo fa un lupo, seduto sulla cima di un monte, ululava a più non posso.
In cielo splendeva una sottile falce di luna che ogni tanto giocava a nascondersi dietro soffici trine di nuvole, o danzava tra esse, armoniosa e lieve.
Gli ululati del lupo erano lunghi, ripetuti, disperati. In breve arrivarono fino all’argentea regina della notte che, alquanto infastidita da tutto quel baccano, gli chiese:
- Cos’hai da urlare tanto? Perché non la smetti almeno per un po’?-
- Ho perso uno dei miei figli, il lupacchiotto più piccolo della mia cucciolata. Sono disperato… aiutami! - rispose il lupo.
La luna, allora, cominciò lentamente a gonfiarsi. E si gonfio, si gonfiò, si gonfiò, fino a diventare una grossa, luminosissima palla.
- Guarda se riesci ora a ritrovare il tuo lupacchiotto - disse, dolcemente partecipe, al lupo in pena.
Il piccolo fu trovato, tremante di freddo e di paura, sull’orlo di un precipizio. Con un gran balzo il padre afferrò il figlio, lo strinse forte forte a sé e, felice ed emozionato, ma non senza aver mille e mille volte ringraziato la luna. Poi sparì tra il folto della vegetazione.
Per premiare la bontà della luna, le fate dei boschi le fecero un bellissimo regalo: ogni trenta giorni può ridiventare tonda, grossa, luminosa, e i cuccioli del mondo intero, alzando nella notte gli occhi al cielo, possono ammirarla in tutto il suo splendore.
I lupi lo sanno… E ululano festosi alla luna piena
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[align=center]La cattura del Sole[/align]

C'erano una volta un fratello e una sorella che vivevano da soli nella foresta, procurandosi il cibo con la caccia e la pesca. Ogni giorno la sorella si recava nel bosco e sistemava,ben tesi fra gli alberi,i lacci per catturare la selvaggina. Fagiani pernici,lepri bianche e perfino linci,erano le sue prede. Un giorno i due cominciarono ad accorgersi,non senza preoccupazione ,che le giornate andavano sempre più accorciandosi e le notti si succedevano ad intervalli di volta in volta più ravvicinati.

Il Sole scompariva solo per un attimo:non faceva in tempo a spuntare ad Oriente che spariva ricadendo sul disco terrestre verso Sud-Ovest lì dove si trova la bocca della Terra. I due erano atterriti poiché avvertivano che la terra andava raffreddandosi e, di quel passo,ogni forma di vita si sarebbe estinta. Decisero perciò di provvedere e, dopo una lunga discussione escogitarono un piano per costringere il Sole a compier l'intero suo giro.

Il giorno seguente la sorella si recò nuovamente nella foresta;questa volta legò tra le cime degli alberi più alti i lacci più lunghi e resistenti che aveva con sé; quindi riprese la via di casa. Quando ritornò nel bosco a controllare la sua trappola vide sulla cima di un abete la figura tonda del Sole che, preso al laccio, era divenuto violaceo e stava per soffocare. Invano il Sole tentava di liberarsi, ma più si agitava, più il laccio lo stringeva.

La ragazza avvertì subito il fratello e, insieme, accorsero per impadronirsi dell'astro ormai preso in trappola. Allora il Sole, temendo per la sua vita, li supplicò dicendo: "Lasciatemi andare, vi prego. Se mi risparmiate la vita, prometto che prolungherò la mia corsa, allungherò le giornate e diffonderò di nuovo luce e vita sulla Terra". A questo patto lo lasciarono andare. Ed è da allora--così si dice--che il Sole compie nel cielo il suo intero giro e lo si vede risplendere a lungo sulla volta celeste.
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