STEPHEN HAWKING

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STEPHEN HAWKING

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Stephen Hawking, nato ad Oxford (Inghilterra) nel 1942, è considerato uno dei maggiori fisici teorici viventi. Ha studiato ad Oxford, ottenendo il dottorato presso l'Università di Cambridge, dove fu nominato Lucasian Professor di matematica nel 1979.
Affetto, fin dall'età di 17 anni da sclerosi amiotrofica laterale, una rara malattia che distrugge le cellule nervose e che provoca la paralisi progressiva dei muscoli motori volontari, è da anni costretto su una sedia a rotelle. Col tempo le sue condizioni di salute sono peggiorate sempre più, tanto che oggi Hawking non riesce più a muovere le mani e per parlare utilizza un sofisticatissimo sintetizzatore vocale che gli permette di comunicare, sia pur con notevole lentezza, con chi gli è vicino.
Per i suoi contributi nel campo dell'astrofisica ha ottenuto diversi riconoscimenti, come il Premio Adams (1966), la Medaglia Eddington della Royal Society e la Medaglia Pio XI dell'Accademia Pontificia delle Scienze (1975), la Medaglia Paul Dirac (1987). Ha anche ricevuto alcune lauree honoris causa.
Il lavoro scientifico di Hawking è incentrato prevalentemente sulla natura della gravità, nel tentativo di pervenire ad una unificazione di questa forza con le altre tre forze fondamentali dell'universo. Questo suo interesse lo ha condotto a uno studio approfondito sui buchi neri, intrapreso, in parte, insieme al fisico Roger Penrose. Da tale studio sono venute importanti conferme alla teoria del Big Bang sull'origine dell'universo, nel senso che il Big Bang sarebbe il risultato di una singolarità iniziale dello spazio-tempo e che essa dovrebbe rappresentare una caratteristica comune a ogni modello di universo in espansione.
Un'altra importante teoria, avanzata da Hawking nel 1974, è quella sull'evaporazione dei buchi neri, che viene considerata con grande attenzione dalla comunità scientifica poiché essa rappresenta la prima e completa teoria che tenta di integrare la relatività con la meccanica quantistica.
In estrema sintesi, Hawking ha ipotizzato che i buchi neri emettono energia in modo continuo con una temperatura che è inversamente proporzionale alla loro massa. La dimostrazione fa riferimento alla meccanica quantistica, secondo la quale lo spazio non è mai completamente vuoto, bensì interessato da fluttuazioni quantistiche: coppie formate da una particella e dalla relativa antiparticella emergono dal nulla per frazioni infinitesimali di secondo, "prendendo a prestito" dell'energia per poi incontrarsi e annichilirsi, restituendo l'energia assorbita in precedenza.
Nelle vicinanze dell'orizzonte degli eventi di un buco nero può accadere che, a causa della intensissima forza di gravità, una delle particelle venga risucchiata dal buco nero prima di annichilirsi, mentre l'altra particella potrebbe incontrarsi con una particella esterna all'orizzonte degli eventi, dando luogo a un'emissione di energia sotto forma di raggi X o raggi gamma (radiazione di Hawking). Tale emissione, secondo Hawking, sarebbe responsabile di una perdita di massa continua da parte del buco nero, per cui esso si ridurrebbe a poco fino a scomparire del tutto.
Per sottolineare la carica innovativa di questa concezione, si pensi che, in precedenza, era diffusa la convinzione che i buchi neri fossero come pozzi senza fondo che inghiottivano materia senza lasciar sfuggire nulla dalla loro superficie, neppure la luce. [/align]
Ultima modifica di birillino8 il sab ott 25, 2008 2:43 pm, modificato 1 volta in totale.
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Buchi neri e universi neonati e altri saggi

Indice

Prefazione 7

1. La mia infanzia 11
2. Oxford e Cambridge 27
3. La mia esperienza della malattia 37
4. Atteggiamenti pubblici
verso la scienza 47
5. Breve storia di una "Breve storia" 55
6. La mia posizione 65
7. Il sogno di Einstein 75
8. L'origine dell'universo 95
9. La meccanica quantistica
dei buchi neri 113
10. Buchi neri e universi neonati 131
11. E tutto determinato? 145
12. Il futuro dell'universo 163
13. Dischi per un'isola deserta 183

Indice analitico 209


Pagina 34 [ big bang, buchi neri, Penrose ]
Fino al 1970 le mie ricerche furono limitate alla cosmologia, lo studio dell'universo su grande scala. La mia ricerca più importante di questo periodo fu sulle singolarità. Le osservazioni di galassie lontane indicano che esse stanno allontanandosi da noi: l'universo è in espansione. Ciò implica che in passato le galassie debbano essere state più vicine fra loro di quanto non siano oggi. Si pone allora la domanda: ci fu un tempo in passato in cui tutte le galassie erano accalcate l'una sull'altra e in cui la densità dell'universo era infinita? O ci fu una fase anteriore di collasso dell'universo, in cui le galassie riuscirono a evitare di entrare in collisione fra loro? Può darsi che, anziché colpirsi, esse siano passate l'una accanto all'altra in direzioni diverse cominciando poi ad allontanarsi reciprocamente. Per rispondere a questa domanda si richiedevano nuove tecniche matematiche. Queste furono sviluppate fra il 1965 e il 1970, principalmente da Roger Penrose e da me stesso. Penrose era allora al Birkbeck College a Londra; ora è a Oxford. Noi usammo queste tecniche per mostrare che, se la teoria della relatività generale era corretta, in passato doveva essersi verificato uno stato di densità infinita.
Tale stato di densità infinita è noto come la singolarità del big bang. Esso significava che la scienza non era in grado di dire in che modo avesse avuto inizio l'universo, se la relatività generale è corretta. Mie ricerche più recenti indicano però che, se si prende in considerazione la teoria della fisica quantistica - la quale si occupa dell'altro estremo della scala delle grandezze - è possibile stabilire come abbia avuto inizio l'universo.

La relatività generale predice anche che le stelle di grande massa, quando avranno esaurito il loro combustibile nucleare, collasseranno su se stesse. Le ricerche compiute da Penrose e da me mostravano che queste stelle avrebbero continuato a collassare fino a raggiungere una singolarità di densità infinita. Questa singolarità sarebbe stata una fine del tempo, almeno per la stella e per tutto ciò che si trovasse su di essa. Il campo gravitazionale della singolarità sarebbe cosi intenso che la luce non riuscirebbe a sfuggire dalla regione circostante, ma sarebbe trascinata indietro dal campo gravitazionale. La regione da cui nulla può sfuggire viene chiamata buco nero e il suo confine è l'orizzonte degli eventi. Qualunque cosa, o chiunque, dovesse superare l'orizzonte degli eventi e cadere in un buco nero verrebbe a trovarsi alla fine del tempo nella singolarità.

Una sera del 1970, poco tempo dopo la nascita di mia figlia Lucy, mentre stavo coricandomi mi accadde di pensare ai buchi neri. D'improvviso mi resi conto che molte delle tecniche sviluppate da Penrose e da me in relazione alle singolarità potevano essere applicate ai buchi neri. In particolare, l'area dell'orizzonte degli eventi, il confine del buco nero, non poteva diminuire col tempo. E quando due buchi neri fossero entrati in collisione fra loro, e si fossero uniti a formare un singolo buco nero, l'area dell'orizzonte degli eventi del buco nero finale sarebbe stata maggiore della somma delle aree degli orizzonti dei buchi neri originario. Questo fatto poneva un limite importante alla quantità di energia che poteva essere emessa nel corso di una collisione. Ero così eccitato che quella notte non dormii molto.

Dal 1970 al 1974 lavorai principalmente sui buchi neri, ma nel 1974 feci forse la mia scoperta più importante: i buchi neri non sono completamente neri! Se si prende in considerazione il comportamento su piccola scala della materia, da un buco nero possono evadere particelle e radiazione. Il buco nero emette radiazione come se fosse un corpo caldissimo. Dal 1974 in poi ho lavorato a combinare relatività generale e meccanica quantistica in una teoria coerente. Un risultato di queste ricerche è stata una proposta da me fatta nel 1983 assieme a Jim Hartle, dell'Università della California a Santa Barbara: che tanto il tempo quanto lo spazio siano finiti ma non abbiano un confine o un bordo. Lo spazio-tempo sarebbe simile alla superficie della Terra, ma con due dimensioni in più. La superficie della Terra ha un'area finita ma non ha alcun confine. In tutti i miei viaggi non sono mai riuscito a cadere dal bordo del mondo. Se questa proposta è corretta, non esisterebbero singolarità, e le leggi della scienza sarebbero valide sempre e dovunque, compresi i primissimi istanti dell'esistenza dell'universo. Il modo in cui l'universo ha avuto inizio sarebbe determinato dalle leggi della scienza. Io avrei avuto successo nella mia ambizione di scoprire "come" ha avuto inizio l'universo. Ma non so ancora "perché" abbia avuto inizio.

Pagina 50 [ scienza-società ]
Se accettiamo l'idea che non si può impedire alla scienza e alla tecnologia di modificare il nostro mondo, si può almeno tentare di assicurare che i mutamenti siano nelle direzioni giuste. In una società democratica, ciò significa che l'opinione pubblica ha bisogno di avere una comprensione di base della scienza, per poter prendere decisioni con cognizione di causa e non lasciare le decisioni a esperti.
Ultima modifica di birillino8 il mer dic 13, 2006 11:24 pm, modificato 1 volta in totale.
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Dal Big Bang ai buchi neri

Copertina
... Stephen Hawking, forse il più grande scienzato contemporaneo, ci introduce in una straordinaria avventura: una grandiosa cavalcata da un capo all'altro del tempo. Spazio e tempo, l'espansione dell'universo, il principio di interminazione, le particelle elementari e le forze della natura, l'origine e la sorte dell'universo, la freccia del tempo, l'unificazione della fisica sono le grandi tappe di questo viaggio indimenticabile.

Indice

Introduzione di Carl Sagan 9

DAL BIG BANG AI BUCHI NERI

1. La nostra immagine dell'universo 13
2. Spazio e tempo 28
3. L'universo in espansione 51
4. Il principio di indeterminazione 71
5. Le particelle elementari
e le forze della natura 81
6. I buchi neri 100
7. I buchi neri non sono poi
così neri 120
8. L'origine e il destino
dell'universo 136
9. La freccia del tempo 166
10. L'unificazione della fisica 178
11. Conclusione 193

Albert Einstein 199
Galileo Galilei 201
Isaac Newton 203

Glossario 205
Indice analitico 211


Pagina 56 [ espansione dell'universo ]
La scoperta che l'universo è in espansione fu una delle grandi rivoluzioni intellettuali del XX secolo. Col senno di poi è facile chiedersi perché nessuno ci avesse mai pensato prima. Newton e altri avrebbero dovuto rendersi conto che un universo statico avrebbe cominciato a contrarsi immediatamente sotto l'influenza della gravità. Supponiamo invece che l'universo sia in espansione: se l'espansione fosse abbastanza lenta, la forza di gravità la farebbe rallentare sempre più fino a causarne a un certo punto l'arresto, dando poi l'avvio a una fase successiva di contrazione. Se invece la velocità di espansione dell'universo fosse superiore a una certa velocità critica, la gravità non sarebbe mai abbastanza forte da metter fine all'espansione e l'universo continuerebbe a espandersi per sempre.

Pagina 134 [ buchi neri ]
L'esistenza di una radiazione dei buchi neri sembra implicare che il collasso gravitazionale non sia così finale e irreversibile come pensavamo un tempo. Se un astronauta cade in un buco nero, la massa del buco nero aumenterà, ma infine l'equivalente in energia di quella massa extra sarà restituito all'universo sotto forma di radiazione. Così, in un certo senso, l'austonauta sarà "riciclato".
Pagina 188 [ spazio-tempo ]
Pare quindi chiaro che la vita, almeno quale la conosciamo, possa esistere solo in regioni dello spazio-tempo in cui una dimensione temporale e le tre dimensioni spaziali non siano arrotolate in una piccola palla bensì distese.
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Prefazione 7

1. La mia infanzia 11
2. Oxford e Cambridge 27
3. La mia esperienza della malattia 37
4. Atteggiamenti pubblici
verso la scienza 47
5. Breve storia di una "Breve storia" 55
6. La mia posizione 65
7. Il sogno di Einstein 75
8. L'origine dell'universo 95
9. La meccanica quantistica
dei buchi neri 113
10. Buchi neri e universi neonati 131
11. E tutto determinato? 145
12. Il futuro dell'universo 163
13. Dischi per un'isola deserta 183

Indice analitico 209

Pagina 34 [ big bang, buchi neri, Penrose ]
Fino al 1970 le mie ricerche furono limitate alla cosmologia, lo studio dell'universo su grande scala. La mia ricerca più importante di questo periodo fu sulle singolarità. Le osservazioni di galassie lontane indicano che esse stanno allontanandosi da noi: l'universo è in espansione. Ciò implica che in passato le galassie debbano essere state più vicine fra loro di quanto non siano oggi. Si pone allora la domanda: ci fu un tempo in passato in cui tutte le galassie erano accalcate l'una sull'altra e in cui la densità dell'universo era infinita? O ci fu una fase anteriore di collasso dell'universo, in cui le galassie riuscirono a evitare di entrare in collisione fra loro? Può darsi che, anziché colpirsi, esse siano passate l'una accanto all'altra in direzioni diverse cominciando poi ad allontanarsi reciprocamente. Per rispondere a questa domanda si richiedevano nuove tecniche matematiche. Queste furono sviluppate fra il 1965 e il 1970, principalmente da Roger Penrose e da me stesso. Penrose era allora al Birkbeck College a Londra; ora è a Oxford. Noi usammo queste tecniche per mostrare che, se la teoria della relatività generale era corretta, in passato doveva essersi verificato uno stato di densità infinita.
Tale stato di densità infinita è noto come la singolarità del big bang. Esso significava che la scienza non era in grado di dire in che modo avesse avuto inizio l'universo, se la relatività generale è corretta. Mie ricerche più recenti indicano però che, se si prende in considerazione la teoria della fisica quantistica - la quale si occupa dell'altro estremo della scala delle grandezze - è possibile stabilire come abbia avuto inizio l'universo.

La relatività generale predice anche che le stelle di grande massa, quando avranno esaurito il loro combustibile nucleare, collasseranno su se stesse. Le ricerche compiute da Penrose e da me mostravano che queste stelle avrebbero continuato a collassare fino a raggiungere una singolarità di densità infinita. Questa singolarità sarebbe stata una fine del tempo, almeno per la stella e per tutto ciò che si trovasse su di essa. Il campo gravitazionale della singolarità sarebbe cosi intenso che la luce non riuscirebbe a sfuggire dalla regione circostante, ma sarebbe trascinata indietro dal campo gravitazionale. La regione da cui nulla può sfuggire viene chiamata buco nero e il suo confine è l'orizzonte degli eventi. Qualunque cosa, o chiunque, dovesse superare l'orizzonte degli eventi e cadere in un buco nero verrebbe a trovarsi alla fine del tempo nella singolarità.

Una sera del 1970, poco tempo dopo la nascita di mia figlia Lucy, mentre stavo coricandomi mi accadde di pensare ai buchi neri. D'improvviso mi resi conto che molte delle tecniche sviluppate da Penrose e da me in relazione alle singolarità potevano essere applicate ai buchi neri. In particolare, l'area dell'orizzonte degli eventi, il confine del buco nero, non poteva diminuire col tempo. E quando due buchi neri fossero entrati in collisione fra loro, e si fossero uniti a formare un singolo buco nero, l'area dell'orizzonte degli eventi del buco nero finale sarebbe stata maggiore della somma delle aree degli orizzonti dei buchi neri originario. Questo fatto poneva un limite importante alla quantità di energia che poteva essere emessa nel corso di una collisione. Ero così eccitato che quella notte non dormii molto.

Dal 1970 al 1974 lavorai principalmente sui buchi neri, ma nel 1974 feci forse la mia scoperta più importante: i buchi neri non sono completamente neri! Se si prende in considerazione il comportamento su piccola scala della materia, da un buco nero possono evadere particelle e radiazione. Il buco nero emette radiazione come se fosse un corpo caldissimo. Dal 1974 in poi ho lavorato a combinare relatività generale e meccanica quantistica in una teoria coerente. Un risultato di queste ricerche è stata una proposta da me fatta nel 1983 assieme a Jim Hartle, dell'Università della California a Santa Barbara: che tanto il tempo quanto lo spazio siano finiti ma non abbiano un confine o un bordo. Lo spazio-tempo sarebbe simile alla superficie della Terra, ma con due dimensioni in più. La superficie della Terra ha un'area finita ma non ha alcun confine. In tutti i miei viaggi non sono mai riuscito a cadere dal bordo del mondo. Se questa proposta è corretta, non esisterebbero singolarità, e le leggi della scienza sarebbero valide sempre e dovunque, compresi i primissimi istanti dell'esistenza dell'universo. Il modo in cui l'universo ha avuto inizio sarebbe determinato dalle leggi della scienza. Io avrei avuto successo nella mia ambizione di scoprire "come" ha avuto inizio l'universo. Ma non so ancora "perché" abbia avuto inizio.

Pagina 50 [ scienza-società ]
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Einstein ha affermato una volta che la cosa più incomprensibile dell'universo è il fatto che esso sia comprensibile. Aveva ragione? La teoria dei quanti e la teoria della relatività possono essere combinate in un modello generale di spiegazione del mondo? Il concetto di quanti e quello di cosmo sono compatibili? Perché il tempo va avanti e non indietro? A domande così importanti Stephen Hawking e Roger Penrose danno risposte diverse. Questo libro rispecchia i termini del loro confronto intellettuale riprendendo i testi di un memorabile ciclo di "lezioni a quattro mani" tenuto dal Newton Institute for Mathematical Sciences dell'Università di Cambridge.
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A partire dall'origine del cosmo, l'astrofisico Hawking spiega la relatività e la meccanica quantistica, le ipotesi sulla vera forma del tempo e dello spazio, la non lontana possibilità di navigare nel tempo, rispondendo alle grandi questioni circa l'origine della vita, la sua presenza in universi a noi sconosciuti, il suo futuro e quello della ricerca scientifica. Il libro è ricco di illustrazioni che aiutano a chiarire meglio i concetti presentati e si rivolge a chiunque voglia capire l'universo in cui viviamo, trasmettendo l'entusiasmo dello scienziato che, giorno dopo giorno, insegue e scopre i segreti del cosmo.
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riuscissimo a scoprire una teoria completa e unificata del cosmo, potremmo giungere a conoscere il pensiero di Dio. Un viaggio intellettuale nell’analisi della storia dell’universo.

Come ha avuto origine il cosmo? Qual è il destino che ci attende? Fino agli anni Venti del secolo scorso, queste domande erano competenza della religione o della filosofia, mentre oggi è possibile affrontarli da un punto di vista scientifico. Hawking ci guida in un viaggio che – a partire dalla cosmologia di Aristotele attraverso le teorie di Copernico, di Newton e di Einstein – giunge fino alle ultime frontiere della fisica contemporanea per spiegarci i grandi misteri dell’universo: dal big bang alla formazione delle galassie, dalla morte delle stelle ai buchi neri, dai limiti della teoria della relatività generale alla proposta della condizione di assenza di confini.
Coniugando come sempre profondità e chiarezza, Hawking prefigura in queste pagine l’affascinante compito che attende la scienza nei prossimi anni: elaborare una teoria definitiva sulla natura dell’universo, una teoria del tutto che ci permetta di indagare sul fine ultimo della creazione
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La grande storia del tempo

Con "La grande storia del tempo", Stephen Hawking, avvalendosi della collaborazione del fisico americano Leonard Mlodinow, ripresenta le proprie riflessioni sulle origini e il destino dell'universo già trattate nel libro "Dal big bang ai buchi neri" (1988). In questa edizione aggiornata e illustrata, oltre a far uso di un gran numero di esempi, diagrammi e illustrazioni esplicative, Hawking parla delle più recenti scoperte, dagli sviluppi della teoria delle superstringhe ai progressi nella ricerca di una teoria unificata della fisica. Inoltre discute in un capitolo interamente nuovo l'affascinante problema dei viaggi nel tempo e dei tunnel spazio-temporali.
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