Masaccio

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Soleanna1
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Masaccio

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Masaccio

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[align=center]«Fu persona astrattissima e molto a caso, come quello che, avendo fisso tutto l'animo e la volontà alle cose dell'arte sola. Si curava poco di sé e manco d'altrui. E perché e' non volle pensar già mai in maniera alcuna alle cure o cose del mondo, e non che altro al vestire stesso, non costumando riscuotere i danari da' suoi debitori, se non quando era in bisogno estremo, per Tommaso che era il suo nome, fu da tutti detto Masaccio. Non già perché e' fusse vizioso, essendo egli la bontà naturale, ma per la tanta straccurataggine.»

(Giorgio Vasari)
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[align=justify]Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai detto Masaccio (Castel San Giovanni, oggi San Giovanni Valdarno, AR, 21 dicembre 1401 - Roma, autunno 1428) è stato un pittore italiano.

Masaccio, partendo dalla sintesi volumetrica di Giotto, riletta attraverso la costruzione prospettica brunelleschiana e la forza plastica della statuaria donatelliana, inserì le sue «figure vivissime e con bella prontezza a la similitudine del vero», Vasari, in architetture e paesaggi credibili, modellandole attraverso l'uso del chiaroscuro. Roberto Longhi disse di lui «Giotto rinato, che ripiglia il lavoro al punto dove la morte lo fermò».

Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai, detto Masaccio, nasce a Castel San Giovanni (odierna San Giovanni Valdarno) il 21 dicembre 1401 da ser Giovanni di Mone Cassai, notaio e da Jacopa di Martinozzo. Nel 1406 contemporaneamente alla nascita del secondo maschio, Giovanni successivamente detto lo Scheggia, muore il padre; la madre si risposa con lo speziale, Tedesco di Mastro Feo, anch'egli vedovo e con due figlie. Compie il suo primo apprendistato probabilmente nella bottega del nonno paterno, Mone di Andreuccio, come cassaio, ovvero falegname-mobiliere. Il 17 agosto del 1417 muore Tedesco di Mastro Feo e alla fine di quell'anno Masaccio è a Firenze con la famiglia, dove è in una bottega di pittura presso Piazza San Firenze e la frequentazione di Brunelleschi e Donatello. Il 7 gennaio 1422 si iscrive all'Arte dei Medici e Speziali.

Trittico di San Giovenale
Il 23 aprile del 1422 completa il trittico di San Giovenale per la chiesa di San Giovenale a Cascia, presso Reggello. Il dipinto è composto di tre tavole. Nello scomparto di sinistra sono raffigurati i santi Bartolomeo e Biagio, nello scomparto centrale la Madonna col Bambino e due angeli, ed in quello di destra i santi Giovenale e Antonio abate. Nella tavola centrale è incisa in capitali latini la scritta: ANNO DOMINI MCCCCXXII A DI VENTITRE D’AP[rile]. Le figure massicce e imponenti, scalate in profondità, occupano uno spazio costruito prospetticamente: le linee di fuga del pavimento di tutti e tre i pannelli convergono verso il punto di fuga centrale, rappresentato dalla mano destra della Vergine che sorregge i piedi del Bambino, intento a mangiare i chicchi di un grappolo d’uva.

Storie di san Giuliano
Nel 1423 esegue il cosiddetto Trittico Carnesecchi per Santa Maria Maggiore a Firenze, iniziando la collaborazione con Masolino da Panicale, Masaccio esegue di sua mano secondo il Vasari: «Una Nostra Donna, Santa Caterina, e San Giuliano, e nella predella fece alcune figure piccole della vita di Santa Caterina e San Giuliano che ammazza il padre e la madre; e nel mezzo fece la Natività di Gesù Cristo». Delle tavole rimane la tavoletta della predella con Storie di san Giuliano al Museo Horne di Firenze: vi è narrata la vicenda, in cui il santo, secondo la profezia del demonio uccide, il padre e la madre. Nel riquadro a sinistra Giuliano, durante la caccia è a colloquio col demonio in sembianze umane che gli profetizza l'uccisione del padre e della madre. Giuliano scappa di casa e, dopo un lungo peregrinare, sposerà una principessa. Nel riquadro centrale Masaccio raffigura il momento in cui i genitori alla sua ricerca, arrivati per caso al castello del santo, sono ospitati nella stanza matrimoniale. Giuliano, rientrato da un viaggio, scambia i genitori per la moglie e l'amante e li uccide. Nel riquadro di destra la scoperta di Giuliano che, incontrando la moglie si dispera, la posa scomposta e agitata del santo e il suo volto stravolto dal dolore, rimandano sia al gusto grottesco di certa pittura tardogotica, sia alla scultura donatelliana. Le figure come già nel trittico di San Giovenale sono scalate in prospettiva e modellate dal chiaroscuro.

La Sagra
Tra il 1423 e il 1424, poco prima o contemporaneamente agli affreschi della cappella Brancacci, esegue l’affresco in terra verde, noto come la Sagra, sopra una porta del chiostro della chiesa del Carmine che commemorava la consacrazione della chiesa avvenuta il 19 aprile 1422, alla presenza dell'arcivescovo Amerigo Corsini; Masaccio, secondo il Vasari fu presente alla cerimonia con Brunelleschi, Donatello e Masolino. Distrutto nei rifacimenti del chiostro tra il 1598 e il 1600, ne restano tracce in sette disegni: il primo di un anonimo pittore fiorentino della seconda metà del Cinquecento, conservato al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi; il secondo di mano di Michelangelo all'Albertina di Vienna; il terzo, di anonimo fiorentino della fine del Cinquecento a Folkestone, Museum and Art Gallery; il quarto, forse di Andrea Commodi, a Firenze nella collezione Procacci; il quinto attribuito ad Antonio Mirri a Firenze nella Casa Buonarroti; il sesto della prima metà del XVI secolo di cui non si conosce la collocazione, e il settimo di Federico Zuccari in collezione privata inglese.

Era, secondo la testimonianza del Vasari, la scena folta di ritratti dei cittadini e artisti più in vista di Firenze: «E vi ritrasse infinito numero di cittadini in mantello et in cappuccio, che vanno dietro a la processione; fra i quali fece Filippo di Ser Brunellesco in zoccoli, Donatello, Masolino da Panicale [...], Antonio Brancacci, che gli fece far la cappella, Niccolò da Uzzano, Giovanni di Bicci de' Medici, Bartolomeo Valori [...]. Ritrassevi similmente Lorenzo Ridolfi, che in que' tempi era ambasciadore per la Repubblica fiorentina a Vinezia». Sempre secondo la testimonianza del Vasari l'opera doveva integrare una serie di ritratti «dal vero», in una scenografia di saldo impianto prospettico. Nella narrazione dell'evento cittadino l'inserimento degli artisti, tra gli uomini più in vista della città, è sintomo della diversa visione che l'Umanesimo avevo apportato al ruolo dell'artista, non più semplice artigiano, ma intellettuale partecipe della vita culturale cittadina.

Sant'Anna Metterza
Nel 1424 si iscrive alla Compagnia di San Luca. Sempre in quell'anno esegue, in collaborazione con Masolino da Panicale, a cui probabilmente è stata commissionata, la Pala d'altare detta Sant'Anna Metterza, per la chiesa di Sant'Ambrogio. La pala, ha sant'Anna "messa come terza" sul trono (Il Metterza deriva dalla tradizione toscana e sta per l'espressione "mi è terza", con la quale si specifica il rango della santa che viene per terza, subito dopo il Bambino e la Madonna), alle spalle della Madonna con in braccio il Bambino sullo sfondo di un drappo damascato sorretto da angeli; l'iconografia del tema prevedeva che fosse data maggiore importanza all'effigie di sant'Anna, piuttosto che a quella della Madonna, infatti il nimbo della santa è più grande di quello della Madonna; Masolino riservò per sé il compito di dipingere la santa, mentre a Masaccio toccò la Madonna col Bambino e l'angelo reggicortina in alto a destra; la Madonna e il Bambino in posizione piramidale sono solidi blocchi che occupano uno spazio preciso, modellati da un forte chiaroscuro, al contrario della sant'Anna che appare evanescente, in questo modo l'inserto masaccesco divenne il centro visivo del dipinto.

Cappella Brancacci
Sempre nel 1424 i due pittori iniziano la decorazione della Cappella Brancacci. La cappella nel transetto destro della Chiesa di Santa Maria del Carmine venne costruita in seguito alle disposizioni testamentarie di Pietro Brancacci; Felice Brancacci, mercante di sete e console del mare, patrono della cappella dal 1422, commissiona la decorazione a Masolino da Panicale e a Masaccio prima del 1424; i lavori sono organizzati sfruttando un solo ponteggio in modo che mentre uno eseguiva una storia sulla parete laterale, l'altro avrebbe realizzato uno storia su la parete di fondo, per poi scambiarsi i ruoli nel lato opposto, ciò evitare una certa distinzione stilistica fra la parete di destra e quella di sinistra e dava una certa unità alla composizione, anche grazie all'utilizzo di un'unica gamma cromatica e di un unico punto di vista, pensato per lo spettatore al centro della cappella, in tutte le scene.

Ne La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre, la coppia è inserita saldamente sul terreno, su cui si proiettano le ombre della violenta illuminazione che modella i corpi, i gesti sono carichi di espressionismo. Adamo piangente si copre il viso con la mano, in segno di vergogna mentre Eva si copre con le braccia e urla, in segno di dolore. Riferimenti in Eva all'antico (Venere pudica) o a Giovanni Pisano (La Temperanza del pulpito nel Duomo di Pisa). Il chiaroscuro fornisce dei corpi volutamente massicci, sgraziati, realistici. Nel Tributo, tre scene diverse nello stesso affresco (il gabelliere che esige il denaro in centro, a sinistra Pietro che prende la moneta dal pesce, Pietro a destra che la da al gabelliere), diversa unità temporale, ma uguale unità spaziale: prospettiva unica, ombre determinate con la stessa inclinazione dei raggi del sole, montagne che sfumano all'orizzonte. Personaggio massicci, scultorei grazie al chiaroscuro, espressioni vive. Al 1425 risale la prima notizia di una bottega di Masaccio.

La Trinità
Tra il 1426 e il 1428 esegue l'affresco con la Trinità per Santa Maria Novella. L’affresco rappresenta il dogma della Trinità, la scena situata in una cappella ispirata agli archi di trionfo romani, con volta a botte cassettonata sostenuta da colonne ioniche, ha al centro la figura del Cristo, sostenuto da Dio Padre, unica figura sottratta alle rigide regole prospettiche, in quanto essere non misurabile; sotto la croce, Maria e Giovanni Evangelista. Più in basso i due committenti, secondo una recente identificazione: Berto di Bartolomeo del Banderaio e la sua consorte Sandra, assistono inginocchiati alla scena sacra. Con funzione di base è infine collocato un altare marmoreo, sotto il quale si trova uno scheletro giacente con la scritta "Io fu già quel che voi sete: e quel chi son voi ancor sarete".

La tavola può essere letta verticalmente dal basso in alto come ascensione verso la salvezza eterna: in primo piano il sarcofago con scheletro, che ricorda la transitorietà della vita terrena, in secondo piano, le due figure inginocchiate che pregano, i due committenti, alla base del triangolo che le figure formano (rappresentano la preghiera, mezzo di salvezza), in terzo piano la cappella con sulla soglia la Vergine e San Giovanni (rappresentano l'intercessione), dietro ai quali c’è la croce, sorretta da dietro dal Dio Padre, al vertice del triangolo. Sopra il Cristo si trova la colomba dello Spirito Santo (Trinità, salvezza); oppure attraverso le triangolazioni che legano le diverse figura: un primo triangolo, lega le figure umane, e ha per base i due committenti e per vertice la figura di Cristo, altro è quello che ha per base il soppalco in legno, e che collega Maria, Giovanni e il Cristo ultimo è quello Trinitario che comprende il Cristo, la colomba e Dio padre, ed è rovesciato, infatti la base si parte dai due capitelli passando a filo con la testa di Dio e si conclude nel punto di fuga di tutta la rappresentazione situato sui piedi del Cristo, al pari del punto di vista in modo da rendere partecipe lo spettatore, richiamato all'attenzione della scena sacra anche dal gesto di Maria; resta il fatto che lo snodo visivo e concettuale rimane sempre il corpo del Cristo.

La cappella è rappresentata secondo una rigorosa prospettiva che viene data dai lacunari della volta a botte, dalle lesene e dai capitelli corinzi sullo sfondo. I personaggi sono monumentali, ben definiti spazialmente dal chiaroscuro. Lascia gli schemi della tradizione, per creare un arte ispirata dalla realtà e al vero.

Polittico di Pisa
Il 19 febbraio del 1426 inizia il polittico per la cappella del notaio ser Giuliano di Colino degli Scarsi da San Giusto nella chiesa di Santa Maria del Carmine a Pisa. Il polittico aveva un impianto ancora medievale, diviso in scomparti su più ordini e figure su fondo oro, oro usato da Masaccio come un fondo compatto su cui si collocano i suoi personaggi, modellati dal forte chiaroscuro; tutti i pannelli rispondevano ad un unico punto di fuga in modo che la composizione risultasse unitaria, per questo si spiegano le figure rialzate della predella e le figure incassate della cuspide. Il polittico fu smembrato nel XVIII secolo e le 11 parti che sono state ritrovate sono oggi conservate in 5 diversi musei.

Madonna in trono con Bambino, conservata alla National Gallery di Londra: in questa tavola su fondo oro, la Vergine assisa su un trono costruito prospetticamente con un punto di vista ribassato, in modo da tener conto del punto di vista reale dello spettatore, s'incurva, come a formare un bozzolo protettivo attorno al Bambino che mangia un acino d'uva, simbolo della sua futura Passione, le figure imponenti sono modellate dal chiaroscuro.
Crocifissione, Museo Capodimonte di Napoli: la tavola su fondo oro mostra la scena della Crocifissione con un Cristo che, guardato di fronte, pare abbia il capo completamente incassato nelle spalle, in realtà la tavola va vista dal basso verso l'alto come quando era collocata nel suo sito originario, ed in questa prospettiva il collo appare nascosto dal torace innaturalmente sporgente, anche il corpo, con le gambe disarticolate dal supplizio, appare sfalsato dalla prospettiva; ai lati della croce la Vergine e san Giovanni Evangelista ai piedi la Maddalena vista di spalle.
San Paolo, Museo Nazionale di Pisa: un San Paolo un po' irsuto, con i capelli lunghi e la folta barba, si erge con sguardo fermo e rivolto lontano, vestito con una ampio mantello rosso e, secondo la sua usuale iconografia, tiene con la mano destra la spada e con la sinistra gli Atti degli Apostoli. Lo sfondo è in oro secondo un gusto ancora tardogotico.

Ultimo periodo
Si reca a Roma nel 1428 su invito dal Cardinale Branda Castiglioni per decorare l'omonima cappella nella chiesa di San Clemente. Lavora al cosiddetto Polittico di Santa Maria Maggiore, di cui rimangono i Santi Girolamo e Giovanni Battista della National Gallery di Londra; completato da Masolino dopo la morte di Masaccio.

Masaccio muore prematuramente a Roma nell'autunno del 1428 a soli 27 anni, tra conati e atroci dolori addominali; la leggenda dice fu avvelenato da un suo rivale. «Dicesi che sentendo la morte sua, Filippo di Ser Brunellesco disse: “Noi abbiamo fatto in Masaccio una grandissima perdita"» (Giorgio Vasari).

L'artista fu sepolto nella chiesa del Carmine nel 1443.

Pinsi, e la mia pittura al ver fu pari;
l'atteggiai, l'avvivai, le diedi il moto,
le diedi affetto; insegni il Buonarroto
a tutti gli altri, e da me solo impari.


Epigramma di Annibal Caro.[/align]
Ultima modifica di Soleanna1 il lun lug 09, 2007 3:26 pm, modificato 4 volte in totale.
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Adamo ed Eva - Cappella Brancacci

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Desco da parto, fonte: Scena di nascita

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Polittico di Pisa, Crocifissione

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Polittico di Pisa predella Adorazione dei Magi

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Sant'Anna Metterza

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Adamo e Eva nell'Eden, 1424-25

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