Andrea Mantegna

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Soleanna1
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Andrea Mantegna

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Andrea Mantegna

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[align=center]«Ebbe sempre opinione Andrea che le buone statue antiche fussino sempre più perfette e avessino più belle parti che non mostra il naturale [...] Mostrò costui col miglior modo come nella pittura si potesse fare gli scorti delle figure al di sotto insù, il che fu certo invenzione difficile e capricciosa.»

(Giorgio Vasari)
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Andrea Mantegna (Isola di Carturo, 1431 – Mantova, 13 settembre 1506) è stato un pittore e incisore italiano.

Si formò nella bottega padovana dello Squarcione, dove matura il gusto per la citazione archeologica; venne a contatto con le novità dei toscani di passaggio in città: Fra Filippo Lippi, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, e sopra tutti Donatello. Mantegna si distinse per la perfetta impaginazione prospettica, il gusto per il disegno nettamente delineato e per la forma monumentale delle figure, con forti analogie con l'opera di Melozzo da Forlì. Il contatto con le opere di Piero della Francesca, avvenuto a Ferrara, marcò ancora di più i suoi risultati sullo studio prospettico tanto da raggiungere livelli "illusionistici", che saranno tipici di tutta la pittura nord italiana. Sempre a Ferrara, poté conoscere il patetismo delle opere di Rogier van der Weyden rintracciabili nella sua pittura devozionale; attraverso la conoscenza delle opere di Giovanni Bellini, di cui sposerà la sorella, le forme dei suoi personaggi si addolciscono, senza perdere monumentalità, e vengono inserite in scenografie più ariose.

Nasce nel 1431, (la data si ricava in base all'iscrizione: "Andreas Mantinea Pat. an. septem et decem natus sua manu pinxit M.CCCC.XLVIII" copiata nel 1560 da Bernardino Scardeone sulla pala, perduta, di un altare della chiesa padovana di Santa Sofia) da Biagio, falegname e originario di Isola di Carturo, un borgo che faceva parte del contado vicentino. Nel 1441 è citato nei documenti padovani come apprendista e figlio adottivo del pittore Francesco Squarcione, infatti verso il 1445 si iscrive alla fraglia padovana dei pittori, citato appunto come figlio dello Squarcione.

Dalla nativa Padova ebbe un'educazione classica, che arricchisce con l'osservazione diretta di opere classiche, delle opere padovane di Donatello, e la pratica del disegno con influssi fiorentini (tratto deciso e sicuro) e tedeschi (tendenza alla rappresentazione scultorea). Nel 1447 è a Venezia con lo Squarcione. Nel 1448 si libera definitivamente della tutela dello Squarcione, di quell'anno è la Pala di Santa Sofia per l'altare maggiore dell'omonima chiesa padovana, distrutta nel XVII secolo; sempre di quello stesso anno è la firma del contratto da parte del fratello Tomaso Mantegna per la decorazione della cappella della famiglia Ovetari nella chiesa degli Eremitani a Padova, con le Storie di san Giacomo e di san Cristoforo.

Soggiorna a Ferrara nel 1449, al servizio di Lionello d'Este, dove conosce le opere di Piero della Francesca e di Rogier van der Weyden. Il 21 luglio 1452 termina la lunetta con i Santi Antonio e Bernardino per il portale maggiore della basilica del Santo a Padova, oggi conservata al Museo antoniano.

Del 1453 è il Polittico di san Luca per la cappella di San Luca nella basilica di Santa Giustina a Padova, ora alla pinacoteca di Brera, pagato nel 1454; di quest'ultimo anno è la tavola con Sant'Eufemia al museo di Capodimonte di Napoli, parte di un più vasto dipinto trasportato da Padova nella cattedrale di Montepeloso, oggi Irsina, da Roberto de Arnabilibus, la santa, di monumentale figura data dalla visione scorciata dal basso, è inquadrata in un arco, con festoni di derivazione squarcionesca, di saldo rigore prospettico.

Del 1455 inizia la decorazione della cappella Ovetari nella chiesa degli Eremitani dedicata ai santi Giacomo e Cristoforo, la decorazione venne commissionata da Imperatrice Ovetari, vedova del notaio Antonio, che aveva devoluto parte della sua eredità alla decorazione della cappella. Nel 1448 ella convocò due pittori padovani, Niccolò Pizzolo e Andrea Mantegna, e due veneziani, Antonio Vivarini e Giovanni d'Alemagna, affidando a ciascuna coppia di pittori la decorazione di metà cappella, nel 1450 con la morte di Giovanni d'Alemagna, Antonio Vivarini lascia i lavori, dopo aver completato le figure di evangelisti nella volta. Ai due subentrarono Bono da Ferrara e Ansuino da Forlì. Niccolò Pizzolo era stato aiuto di Fra Filippo Lippi a Padova nel 1437, i suoi Padri della Chiesa affrescati nel catino absidale della cappella sono figure maestose costruite plasticamente raffigurati come umanisti al lavoro nei loro studi, inquadrati da cornici circolari scorciate illusionisticamente. Mantegna eseguì tutte le scene con Storie di san Giacomo e la fascia inferiore delle Storie di san Cristoforo, iniziate da Bono da Ferrara e da Ansuino da Forlì. Il ciclo è andato quasi interamente distrutto l'11 marzo 1944 durante un bombardamento della seconda guerra mondiale: restano del Mantegna l'Assunzione e il Martirio di san Cristoforo, scene staccate nel corso dell'ottocento, comunque l'opera prima di venire distrutta poté essere fotografata nel suo complesso. Di Ansuino è, invece, la Predica di San Cristoforo. Gli affreschi della cappella Ovetari sono stati ricostruiti e riesposti al pubblico (dal 2006), proprio a partire dall'importante frammento di Ansuino.

Nell' Andata di San Giacomo al martirio la linea dell'orizzonte è alta, come se si vedesse l'immagine dal basso, e le immagini sono solide, voluminose, quasi statuarie, a causa della fissità. Dietro ai personaggi, in evidenza si trova una volta a botte con cassettoni, un lato della quale si trova sopra il punto di fuga, dando alla scena una certa artificiosità; lo squarcio tra la folla, usato per dare profondità, è una citazione di Donatello, il pezzo antico come in tutte le altre scene viene usato nella composizione per fornire una ricostruzione storica degli eventi recuperando la monumentalità del mondo romano che muta le figure in statue.

Tra il 1457 e il 1459 eseguì le scene con Il martirio di san Cristoforo e il Trasporto del corpo decapitato del santo, i due episodi sono inseriti in una loggia illusivamente costruita separati unicamente da una colonna della cornice, il paesaggio urbano, dominato da un palazzo ornato con lapidi antiche, è più arioso rispetto ai precedenti affreschi; a sinistra il santo è legato e addossato a un'estremità, circondati dai carnefici le cui frecce, anziché colpire il prigioniero, deviano da ogni parte, una va perfino a conficcarsi nell'occhio del tiranno alla finestra. A destra il corpo del santo, decapitato, è trascinato per la via tra due ali di folla.

La Pala per il coro della chiesa di San Zeno a Verona venne commissionata da Gregorio Correr, abate della chiesa nel 1456 e realizzata tra il 1457 e 1459. La cornice reale viene illusivamente continuata dal portico, delimitato da colonne, in cui è racchiusa la Sacra Conversazione; il Mantegna fece inoltre aprire una finestra che illuminava la pala da destra in modo da far coincidere l'illuminazione reale con quella dipinta. Della predella fanno parte le tre scene con Orazione nell'orto, Crocifissione, al Louvre e Resurrezione. Il paesaggio è pietrificato e desertico, quasi artificiale nella modellazione delle rocce; Gesù presa su una roccia simile ad un altare sulla destra. Sullo sfondo si vede Gerusalemme, i cui edifici erano copiati da Roma e da Venezia, le mura restaurate.

Nel 1453 si sposa con Nicolosia Bellini, figlia di Jacopo e sorella di Gentile e di Giovanni. Al 1456 risale la prima lettera di Ludovico Gonzaga. Tra il 1457 e il 1459 eseguì il San Sebastiano, ora conservato a Vienna, Roberto Longhi, sottolineando la raffinata calligrafia, lo datava al 1470 circa. Il santo trafitto è legato ai resti di un edificio classico in rovina, una colonna con capitello composito. Lo sfondo è un paesaggio urbano: in basso una città classica in rovina, sopra una fortezza, sopra alla quale si trova un'acropoli.

Nel 1459 si trasferisce a Mantova come pittore ufficiale di corte, ma anche come consigliere artistico e curatore delle raccolte d'arte, fino alla morte. Le tre incisioni con la Deposizione dalla croce, la Deposizione nel sepolcro e la Discesa al Limbo sono forse studi per la decorazione della distrutta cappella del castello; il trittico degli Uffizi formato dall'Ascensione, dall'Adorazione dei Magi e dalla Circoncisione, messo insieme arbitrariamente, sarebbe ciò che rimane di un'opera per la cappella del castello citata nel 1464, oppure un'opera realizzata tra il 1466 e il 1467, anni in cui soggiorna due volte a Firenze, per un membro della famiglia Medici.

Nel 1462 esegue la tavola con La morte della Vergine, per la Cappella del Castello, ora al Prado; in una semplice stanza che si apre su un paesaggio lagunare colto dal vero, intorno al corpo della vergine si dispongono gli apostoli, la naturalezza della scene viene unita alla monumentalità dei personaggi.

Tra il 1463 e il 1464 dirige i cantieri delle residenze ducali di Cavriana e di Goito, ed sempre di questo periodo è il ciclo omerico nel palazzo di Revere. Nel settembre del 1464 Andrea Mantegna, Felice Feliciano e Giovanni Marcanova, compiono una gita in barca sul lago di Garda, coronati di fiori, cantano, raccolgono epigrafi, invocano la memoria di Marc'Aurelio e visitano il tempio della Beata Vergine a Garda a cui rendono grazie.

Tra il 1465 e il 1474, negli stessi anni cioè in cui un altro grande della prospettiva, Melozzo da Forlì lavora al Santuario di Loreto, realizza la decorazione ad affresco della cosiddetta Camera degli Sposi (Camera picta) nel castello di San Giorgio a Mantova, dedicata dal Mantegna a Ludovico Gonzaga e a sua moglie Barbara di Brandeburgo: non si esclude, in effetti, un influsso del Mantegna sul Melozzo. L'utilizzo della prospettiva dà l'illusione della presenza di un loggiato al posto delle pareti e della volta. Le immagini sono delimitate da finte architetture di paraste; la volta è affrescata come se fosse sferoidale e presenta centralmente un oculo, da cui si sporgono fanciulle, putti, un pavone ed un vaso, che si stagliano sul cielo azzurro. Delle false tende tirate rivelano le scene, che celebrano l'elezione a cardinale di Francesco Gonzaga. Sulla parete nord è ritratto il momento in cui Ludovico riceve la notizia dell'elezione: grande è l'attenzione ai particolari, alla veridicità, all'esaltazione del lusso della corte. Sulla parete ovest è rappresentato l'incontro, avvenuto nei pressi della città di Bozzolo, tra il marchese e il figlio cardinale; la scena ha una certa fissità, determinata dai staticità dei personaggi ritratti di profilo o di tre quarti per enfatizzare l'importanza del momento; sullo sfondo è presente una Roma idealizzata, come augurio per il Cardinale. L'importanza del Mantegna è data dalla sua capacità di coinvolgere emotivamente e quasi fisicamente l'osservatore della scena, rendendola quasi reale ed animata.

Nel 1466 è a Firenze e a Siena. Di questi anni è il Cristo morto di Brera. Nel 1480 circa esegue il San Sebastiano donato nel 1481 alla chiesa di Aigueperse in occasione delle nozze di Chiara Gonzaga, con Gilbert di Borbone, conte di Montpensier, ora al Louvre. Del 1466 circa è la Vergine delle strade agli Uffizi. Nel 1480 circa realizza il San Sebastiano, ora conservato al Louvre, in occasione del matrimonio, svoltosi l'anno successivo, tra Chiara Gonzaga e Gilbert de Bourbon, conte di Montpensier e destinato alla chiesa d'Aigueperse en Auvergne.

Le nove tele con i Trionfi di Cesare, tutte conservate nel Palazzo Reale di Hampton Court a Londra, in cui la passione antiquaria si unisce all'eredità medievale dell'ostentazione di prestigio, vennero iniziate nel 1486, ancora in lavorazione nel 1492, rese pubbliche in parte nel 1501 e comunque concluse entro il 1505.

Fra il 1488 e il 1490 è a Roma e lavora alla decorazione della cappella di Innocenzo VIII al Belvedere, ora scomparsa. Tornato a Mantova nel 1490 inizia la decorazione della residenza di Marmirolo. Tra il 1490 e il 1500 sono i monocromi a soggetto biblico, custoditi al Museo di Cincinnati, alla National Gallery di Dublino, a Vienna, al Louvre e alla National Gallery di Londra. Tra il 1495 e il 1500 è il Cristo morto sorretto da due angeli di Copenhagen.

Del 1496 è la Madonna della vittoria, ex-voto di Francesco II Gonzaga per la cappella Santa Maria della Vittoria a Mantova per commemorare la battaglia di Fornovo del 1495. Del 1497 è la Madonna Trivulzio, pala per l'altare maggiore della chiesa di Santa Maria in Organo a Verona e oggi nel Civico Museo d'Arte Antica del Castello Sforzesco di Milano.

Per il primo Studiolo di Isabella d'Este nel Castello di San Giorgio esegue le tavole con: Marte e Venere, detta il Parnaso, nel 1497, Minerva che scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù nel 1502 e CostaIl Regno del dio Cano, progettata nel 1506 e realizzata da Lorenzo Costa.
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"Christ the Redeemer"

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Presentation at the Temple c. 1460

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