Cristina Campo
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Cristina Campo
[align=center]Cristina Campo
[/align]
Cristina Campo, al secolo Vittoria Guerrini, nasce a Bologna nel 1923 da una famiglia agiata colta e raffinata: il padre Guido Guerrini è un celebre maestro di musica.
Negli anni della guerra la famiglia si trasferisce a Firenze, dove Cristina frequenta le voci più significative dell’ambiente culturale fra cui Margherita Pieracci Harwell, che diventerà la curatrice di tutte le sue opere.
Nel 1955 la famiglia Campo sarà a Roma dove Guido va a dirigere il Conservatorio di Santa Cecilia. È qui che inizia il sodalizio dell’autrice con lo scrittore orientalista Elémire Zolla, suo compagno di vita, che determinerà la predilizione della Campo
per le tematiche religiose. Cristina comincia presto a scrivere di poesia e a tradurre autori in lingua anglosassone fra cui Virginia Woolf, Emily Dickinson,
Katherine Mansfield e John Donne. Sarà anche autrice di fiabe, sotto la guida spirituale e intellettuale di Simone Weil, di epistolari e di saggistica.
A Roma Cristina Campo rimarrà fino alla morte che sopraggiunge improvvisa a 54 anni nel 1977 nel silenzio e nella totale incomprensione da parte della
società letteraria del tempo.
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Cristina Campo, al secolo Vittoria Guerrini, nasce a Bologna nel 1923 da una famiglia agiata colta e raffinata: il padre Guido Guerrini è un celebre maestro di musica.
Negli anni della guerra la famiglia si trasferisce a Firenze, dove Cristina frequenta le voci più significative dell’ambiente culturale fra cui Margherita Pieracci Harwell, che diventerà la curatrice di tutte le sue opere.
Nel 1955 la famiglia Campo sarà a Roma dove Guido va a dirigere il Conservatorio di Santa Cecilia. È qui che inizia il sodalizio dell’autrice con lo scrittore orientalista Elémire Zolla, suo compagno di vita, che determinerà la predilizione della Campo
per le tematiche religiose. Cristina comincia presto a scrivere di poesia e a tradurre autori in lingua anglosassone fra cui Virginia Woolf, Emily Dickinson,
Katherine Mansfield e John Donne. Sarà anche autrice di fiabe, sotto la guida spirituale e intellettuale di Simone Weil, di epistolari e di saggistica.
A Roma Cristina Campo rimarrà fino alla morte che sopraggiunge improvvisa a 54 anni nel 1977 nel silenzio e nella totale incomprensione da parte della
società letteraria del tempo.
- birillino8
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[align=center]È rimasta laggiù, calda, la vita
È rimasta laggiù, calda, la vita,
l'aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi...
Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l'infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.
Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi...
Torno sola
tra due sonni laggiù, vedo l'ulivo
roseo sugli orci colmi d'acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli
nella mia lieve tunica di fuoco.[/align]
È rimasta laggiù, calda, la vita,
l'aria colore dei miei occhi, il tempo
che bruciavano in fondo ad ogni vento
mani vive, cercandomi...
Rimasta è la carezza che non trovo
più se non tra due sonni, l'infinita
mia sapienza in frantumi. E tu, parola
che tramutavi il sangue in lacrime.
Nemmeno porto un viso
con me, già trapassato in altro viso
come spera nel vino e consumato
negli accesi silenzi...
Torno sola
tra due sonni laggiù, vedo l'ulivo
roseo sugli orci colmi d'acqua e luna
del lungo inverno. Torno a te che geli
nella mia lieve tunica di fuoco.[/align]
- birillino8
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[align=center]Moriremo lontani
Moriremo lontani. Sarà molto
se poserò la guancia nel tuo palmo
a Capodanno; se nel mio la traccia
contemplerai di un'altra migrazione.
Dell'anima ben poco
sappiamo. Berrà forse dai bacini
delle concave notti senza passi,
poserà sotto aeree piantagioni
germinate dai sassi...
O signore e fratello! ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta».[/align]
Moriremo lontani. Sarà molto
se poserò la guancia nel tuo palmo
a Capodanno; se nel mio la traccia
contemplerai di un'altra migrazione.
Dell'anima ben poco
sappiamo. Berrà forse dai bacini
delle concave notti senza passi,
poserà sotto aeree piantagioni
germinate dai sassi...
O signore e fratello! ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:
«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta».[/align]
- birillino8
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[align=center]A volte dico: tentiamo d'esser gioiosi
a m. c.
A volte dico: tentiamo d'esser gioiosi,
e mi appare discrezione la mia,
tanto scavata è ormai la deserta misura
cui fu promesso il grano.
A volte dico: tentiamo d'essere gravi,
non sia mai detto che zampilli per me
sangue di vitello grasso:
ed ancora mi appare discrezione la mia.
Ma senza fallo a chi così ricolma
d'ipotesi il deserto,
d'immagini l'oscura notte, anima mia,
a costui sarà detto: avesti la tua mercede.[/align]
a m. c.
A volte dico: tentiamo d'esser gioiosi,
e mi appare discrezione la mia,
tanto scavata è ormai la deserta misura
cui fu promesso il grano.
A volte dico: tentiamo d'essere gravi,
non sia mai detto che zampilli per me
sangue di vitello grasso:
ed ancora mi appare discrezione la mia.
Ma senza fallo a chi così ricolma
d'ipotesi il deserto,
d'immagini l'oscura notte, anima mia,
a costui sarà detto: avesti la tua mercede.[/align]
- birillino8
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[align=center]Ora non resta che vegliare sola
Ora non resta che vegliare sola
col salmista, coi vecchi di Colono;
il mento in mano alla tavola nuda
vegliare sola: come da bambina
col califfo e il visir per le vie di Bassora.
Non resta che protendere la mano
tutta quanta la notte; e divezzare
l'attesa dalla sua consolazione,
seno antico che non ha più latte.
Vivere finalmente quelle vie
- dedalo di falò, spezie, sospiri
da manti di smeraldo ventilato -
col mendicante livido, acquattato
tra gli orli di una ferita.[/align]
Ora non resta che vegliare sola
col salmista, coi vecchi di Colono;
il mento in mano alla tavola nuda
vegliare sola: come da bambina
col califfo e il visir per le vie di Bassora.
Non resta che protendere la mano
tutta quanta la notte; e divezzare
l'attesa dalla sua consolazione,
seno antico che non ha più latte.
Vivere finalmente quelle vie
- dedalo di falò, spezie, sospiri
da manti di smeraldo ventilato -
col mendicante livido, acquattato
tra gli orli di una ferita.[/align]
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[align=center]La neve era sospesa...
La neve era sospesa tra la notte e le strade
come il destino tra la mano e il fiore.
In un suono soave
di campane diletto sei venuto...
Come una verga è fiorita la vecchiezza di queste scale.
O tenera tempesta
notturna, volto umano!
(Ora tutta la vita è nel mio sguardo,
stella su te, sul mondo che il tuo passo richiude).[/align]
La neve era sospesa tra la notte e le strade
come il destino tra la mano e il fiore.
In un suono soave
di campane diletto sei venuto...
Come una verga è fiorita la vecchiezza di queste scale.
O tenera tempesta
notturna, volto umano!
(Ora tutta la vita è nel mio sguardo,
stella su te, sul mondo che il tuo passo richiude).[/align]
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[align=center]Si ripiegano i bianchi abiti....
Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.
Trema l'ultimo canto nelle altane
dove il sole era l'ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l'amara bocca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.[/align]
Si ripiegano i bianchi abiti estivi
e tu discendi sulla meridiana,
dolce Ottobre, e sui nidi.
Trema l'ultimo canto nelle altane
dove il sole era l'ombra ed ombra il sole,
tra gli affanni sopiti.
E mentre indugia tiepida la rosa
l'amara bocca già stilla il sapore
dei sorridenti addii.[/align]
- birillino8
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[align=center]Ora che capovolta è la clessidra...
Ora che capovolta è la clessidra,
che l'avvenire, questo caldo sole,
già mi sorge alle spalle, con gli uccelli
ritornerò senza dolore
a Bellosguardo: là posai la gola
su verdi ghigliottine di cancelli
e di un eterno rosa
vibravano le mani, denudate di fiori.
Oscillante tra il fuoco degli uliveti,
Brillava Ottobre antico, nuovo amore.
Muta, affilavo il cuore
al taglio di impensabili aquiloni
(già prossimi, già nostri, già lontani):
aeree bare, tumuli nevosi
del mio domani giovane, del sole.[/align]
Ora che capovolta è la clessidra,
che l'avvenire, questo caldo sole,
già mi sorge alle spalle, con gli uccelli
ritornerò senza dolore
a Bellosguardo: là posai la gola
su verdi ghigliottine di cancelli
e di un eterno rosa
vibravano le mani, denudate di fiori.
Oscillante tra il fuoco degli uliveti,
Brillava Ottobre antico, nuovo amore.
Muta, affilavo il cuore
al taglio di impensabili aquiloni
(già prossimi, già nostri, già lontani):
aeree bare, tumuli nevosi
del mio domani giovane, del sole.[/align]