Giacomo da Lentini

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Giacomo da Lentini

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Giacomo da Lentini
(o Jacopo)[/align]
[align=center]
Immagine
Salvatore Fiume:Jacopo da Lentini
olio su masonite 1985
cm 36x54
[/align]

Il rimatore più autorevole della Scuola Siciliana fiorita nel XIII secolo presso la corte di Federico II di Svevia.

Nato a Lentini, paese della provincia di Siracusa, sulla fine del secolo XII, divenne notaio imperiale di Federico II.

Morì tra il 1246 e il 1250. Fu tra i più antichi rimatori della scuola siciliana; di lui ci rimangono una quarantina di componimenti poetici che costituiscono il più vasto dei canzonieri siciliani.

In quel nucleo cosi rilevante nella vita spirituale del tempo, dove si coltivavano studi filosofici, giuridici e scientifici, si dedicarono alla poesia, cantando l'amore cortese sulla falsariga dei trovatori, lo stesso Federico II, il suocero Giovanni di Brienne e i figli Manfredi ed Enzo, nonchè alti dignitari di corte quali Rinaldo d'Aquino, Jacopo Mostacci, Giacomino Pugliese, Pier della Vigna, Guido ed Oddo delle Colonne.

A Giacomo da Lentini, tra l'altro, è attribuita l'invenzione del sonetto. Godè di gran fama all'epoca sua e nella successiva: Dante lo citò tra i maggiori rappresentanti della scuola siciliana e nel ventiquattresimo canto del Purgatorio lo chiamò «il No taro».

Giacomo da Lentini è ricordato da Dante (Purgatorio, XXIV) come capo della scuola.

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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Amor è uno desio che ven da core



Amor è un[o] desio che ven da core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima genera[n] l'amore
e lo core li dà nutricamento.
Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so 'namoramento,
ma quell'amor che stringe con furore
da la vista de li occhi à nas[ci]mento.
Che li occhi rapresenta[n] a lo core
d'onni cosa che veden bono e rio,
com'è formata natural[e]mente;
e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e piace quel desio:
e questo amore regna fra la gente.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Diamante, né smiraldo, né zafino



Diamante, né smiraldo, né zafino,
né vernul'altra gema preziosa,
topazo, né giaquinto, né rubino,
né l'aritropia, ch'è sì vertudiosa,
né l'amatisto, né 'l carbonchio fino,
lo qual è molto risprendente cosa,
non àno tante belezze in domino
quant'à in sé la mia donna amorosa.
E di vertute tutte l'autre avanza,
e somigliante [ a stella è ] di sprendore,
co la sua conta e gaia inamoranza,
e più bell'e[ste] che rosa e che frore.
Cristo le doni vita ed alegranza,
e sì l'acresca in gran pregio ed onore.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Lo viso mi fa andare alegramente



Lo viso mi fa andare alegramente,
lo bello viso mi fa rinegare;
lo viso me conforta ispesament[e],
l'adorno viso che mi fa penare.
Lo chiaro viso de la più avenente,
l'adorno viso, riso me fa fare:
di quello viso parlane la gente,
che nullo viso [ a viso ] li pò stare.
Chi vide mai così begli ochi in viso,
né sì amorosi fare li sembianti,
né boca con cotanto dolce riso?
Quand'eo li parlo moroli davanti,
e paremi ch'i' vada in paradiso,
e tegnomi sovrano d'ogn'amante.[/align]
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