Callimaco di Cirene

Moderatori: juventina1978, Misscoty, birillino8

Rispondi
Avatar utente
birillino8
Sognatore
Messaggi: 2957
Iscritto il: dom feb 20, 2005 10:14 pm
Località: Genova

Callimaco di Cirene

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Callimaco

Immagine[/align]

Il maggiore dei poeti alessandrini, Callimaco
è considerato sia il principale teorico sia il
migliore esponente della poesia ellenistica.
Nato intorno al 300 a. C. a Cirene, in gioventù
visse in ristrettezze economiche e si guadagnò
da vivere insegnando in una scuola di provincia;
poi, non sappiamo come, entrò a far parte della
corte, ottenendo il favore di Tolomeo II.
Lavorò alla Biblioteca come poeta ed erudito,
ma sappiamo con certezza che non ne divenne mai
il direttore. Le sue opere gli procurarono fama
e gloria, ma scatenarono aspri dibattiti
con invidiosi contemporanei. Morì intorno al 240.
La produzione di Callimaco come erudito e come
poeta fu immensa: la tradizione gli attribuiva
ben 800 volumi, oggi quasi tutti perduti, tutti
di argomento erudito: lessici, etnografia,
geografia, curiosità, toponomastica.
Delle sue opere di prosa la più importante furono
i Pinakes, catalogo ragionato di tutti gli autori
e di tutte le opere raccolte nell'immensa
Biblioteca di Alessandria. Oltre a classificare
le opere per genere e gli autori per ordine
alfabetico, Callimaco affrontava anche numerose
questioni biografiche e di autenticità.
I Pinakes possono essere considerati la prima
opera di storiografia letteraria.

Inni
Gli Inni di Callimaco sono sei, ciascuno
indirizzato ad una divinità. Probabilmente furono
composti in momenti differenti e riuniti insieme
solo in un secondo tempo. Sono tutti in esametri,
tranne Per il bagno di Pallade che è in distici
elegiaci. Il contenuto degli Inni è di tipo arcaico
e ripreso dagli inni agli dei dello pseudo-Omero,
ma affrontandolo con sensibilità totalmente nuova.
Gli dei sono messi sullo stesso piano degli uomini
e compiono le loro stesse azioni.

Epigrammi
Gli epigrammi di Callimaco si caratterizzano per la
loro brevità e per il fatto che al centro di ogni
componimento è posto il sentimento, anche se trattato
con la consueta ironia e raffinatezza. A noi ne sono
pervenuti 63, la maggior parte di argomento funerario,
ma alcuni anche riguardanti l'autore stesso.

Aitia
Gli Aitia erano l'opera più vasta di Callimaco:
contenevano circa 4000 versi divisi in quattro libri,
in cui (nei primi due) il poeta incontrava in sogno
le Muse e chiedeva loro le varie origini (aitia,
appunto) di certe usanze. Non si trattava di un'opera
ordinata, bensì di una raccolta di numerose elegie,
in genere indipendenti tra loro. Ogni aition era
dedicato alla ricerca delle origini di una festa,
di una città, di un mito, di un'istituzione. Oggi ci
rimangono, oltre a riassunti pairacei e frammenti di
varia estensione, che ci consentono di recuperare
la struttura dell'opera e alcuni brani, il proemio
ed alcuni frammenti, tra cui la Chioma di Berenice
(un frammento dell'originale e la traduzione latina
di Catullo). Nonostante l'apparente contenuto
scientifico, gli Aitia sono in realtà un'opera di
intrattenimento, uno sfoggio di erudizione in cui
risalta soprattutto la raffinatezza dell'arte di
Callimaco.

Giambi
Erano tredici componimenti caratterizzati da una
grandissima varietà di metro e di contenuto, che
sembrano essere antesignani della satira latina.
I meglio conservati sono il primo e il quarto;
quest'ultimo, bellissimo, narra un fortissimo
contrasto tra l'alloro e l'ulivo.

Ecale
Era un poemetto di ca. 1000 versi su Teseo ospitato
da una vecchia, Ecale.
Si trattava del primo epillio, un genere dunque
inventato da Callimaco, che quindi aveva modo di fare
poesia privata e intima, più reale, ma anche raffinata,
per la brevità, e per la scelta di un mito raro.
In questo epillio, conservato in frammenti molto brevi,
Callimaco rompe quindi con l'epica ed i suoi temi,
inserendo la sua poetica della brevitas e dell'ironia,
umanizzando l'eroe e trascurando i grandi temi
guerreschi.


Callimaco crea una poesia vitale e anticlassicista:
formula perciò una poetica adatta al gusto
alessandrino per il "bocconcino" prezioso. Infatti
trascura l'eros, che rappresenta una concezione
poetica ormai superata, e comprende ed impugna
consapevolmente una poetica più adatta al gusto dei
tempi, volta a rivitalizzare la poesia.
Callimaco è dunque un poeta con la coscienza del
nuovo, che gli deriva dal sentire il netto distacco
tra lui e la poetica antica: tale distacco è però
sentito in maniera dinamica, con la continua
oscillazione, nelle sue opere, tra tradizione e
modernità.
Avatar utente
birillino8
Sognatore
Messaggi: 2957
Iscritto il: dom feb 20, 2005 10:14 pm
Località: Genova

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Veglia notturna
(frammento dai carmi minori)



E' qui, nel coro, Apollo, ne sento la lira;
e sento anche gli Amori; c'è anche Afrodite.


Allegria … qui per la veglia notturna …
E chi veglia di continuo fino alla conclusione
avrà la torta e i premi del cottabo
e delle presenti bacerà colei e colui che vuole.
O Castore (domator di cavalli) e tu, o Polluce,
dei protettori degli esuli e guide degli stranieri …[/align]
Avatar utente
birillino8
Sognatore
Messaggi: 2957
Iscritto il: dom feb 20, 2005 10:14 pm
Località: Genova

Messaggio da birillino8 »

[align=center]dagli EPIGRAMMI



II
PER IL POETA AMICO


Mi dissero, o Eraclito, la tua morte, e lacrime
ho pianto: mi ricordai quante volte entrambi
in chiacchiere facemmo tramontare il sole… Ma tu da qualche parte,
amico di Alicarnasso, sei antica cenere,
e però vivono i tuoi usignoli, su cui chi tutto
rapisce, Ade, non porrà la mano.


XVI
EPITAFIO DI CRETIDE


Cretide dalle tante favole, che sapeva giocar bene,
la cercano spesso dei samii le figlie,
dolcissima compagnia sempre loquace: ma ella dorme
qui il sonno a tutte destinato.


XVII
MORTE IN MARE


Ah, se mai fossero esistite le veloci navi! Ché noi non
Piangeremmo il figliolo di Dioclide, Sopoli.
Ed or cadavere è portato in mar da qualche parte, e al suo posto
ad un nome ed un vuoto sepolcro ci accostiamo.



XX
SCIAGURA A CIRENE


All'aurora seppellivamo Melanippo, e mentre il sole
calava morì la vergine Basilò
di sua mano: ché di vivere, posto il fratello sul rogo,
non osò. Doppio male la casa vide
del padre Aristippo, e si zittì Cirene
tutta vedendo luttuosa la prolifica casa.



XXI
IL PADRE DI CALLIMACO


Chiunque tu sia che porti il piede presso la mia tomba, di Callimaco
di Cirene sappi che son figlio e genitore.
Li conoscerai ambedue: l'uno un tempo l'armi alla patria
condusse, l'altro cantò meglio dell'invidia.



XXIII
LA MORTE DI CLEOMBROTO


"Addio, Sole!" disse Cleombroto d'Ambracia,
poi da un alto muro andò nell'Ade.
Guaio degno di morte non aveva avuto,
ma aveva solo letto un libro.
Quello di Platone, sull'anima.



XLIII
AMORE AL BANCHETTO


Pur avendo una piaga, lo straniero la celava: come penosamente
Il respir pel petto traeva (non vedesti?),
quando beveva la terza volta, e le rose che perdean i petali
tutte a terra andaron dalle corone dell'uomo?
Davvero è cotto: per i numi, non a caso
lo capisco, ché io, ladro, riconosco l'orme d'un ladro.



XLIV
FUOCO NASCOSTO


C'è qualcosa di nascosto, sì, per Pan!, c'è qualcosa in questo,
sì, per Dioniso, fuoco sotto la cenere!
Non ho coraggio: ma non m'ingarbugliare! Spesso consuma
un muro un fiume tranquillo, rodendo.
Perciò anche ora temo, Menesseno, che, entrato in me,
tu cheto cheto, mi getti all'amore.[/align]
Rispondi

Torna a “Poeti Stranieri”