Raymond Carver

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birillino8
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Raymond Carver

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Raymond Carver

Immagine[/align]

Raymond Carver, narratore statunitense, nacque nell’Oregon nel 1938. Crebbe a Yakima, nello stato di Washington, accanto a una grande riserva indiana. Qui i genitori si erano trasferiti dall’Arkansas, trovandovi un modesto lavoro: il padre operaio in una segheria, la madre cameriera in un ristorante.
Nonostante la famiglia fosse sempre alle prese con gravi problemi economici, il padre ispirò al figlio la passione per i libri, leggendogli ogni sera qualche pagina della Bibbia o un racconto di Zane Grey, autore di storie avventurose, allora molto popolare.
Carver fu presto costretto a mettersi a lavorare; per più di un decennio fece un po’ di tutto: operaio in segheria, bibliotecario, lavapiatti, raccoglitore di tulipani, guardiano notturno in un ospedale, fattorino, distributore di benzina, spazzino, ambulante.
Non smise tuttavia di coltivare l’interesse per la letteratura.
Nel 1958, trasferitosi in California, seguì le lezioni di creative writing tenute da John Gardner, e fu proprio quest’ultimo ad aiutarlo a pubblicare i primi scritti (Vedi John Gardner: lo scrittore come maestro in Raymond Carver Il mestiere di scrivere, Einaudi Torino 1997).
Intanto nel 1957 Carver aveva sposato Maryann Burk, che aveva messo incinta: aveva diciotto anni e la moglie sedici.
La nascita di un secondo figlio, poco tempo dopo, rese ancora più difficili le condizioni economiche della giovane coppia.
Carver continuò tuttavia a scrivere strappando il tempo al lavoro, scrivendo sul tavolo di cucina, in garage, nell’automobile parcheggiata.
Tra molte difficoltà oggettive, riuscì a condurre avanti gli studi e nel 1963 si laureò presso l’università Humboldt.
A ventinove anni incominciò a bere e, ormai alcolizzato, oltre a rischiare la vita, finì più volte in cella per ubriachezza.
Presso la Iowa Writers’ Workshop, dove insegnava insieme a John Cheever, conobbe la poetessa Tess Gallagher,che sarebbe poi divenuta sua moglie.
Nel giugno 1977 Carver iniziò una cura disintossicante che gli permise di liberarsi dall’alcolismo, utilizzando la somma ricevuta per la pubblicazione del suo primo libro Vuoi star zitta per favore? Per tutta la vita ricorderà il 2 giugno 1977 come l’inizio della sua seconda vita.
Nel frattempo aveva ottenuto la cattedra di Letteratura inglese presso la Syracuse University, nello stato di New York, dove insegnava anche la Gallagher.
Fra i suoi allievi ebbe Jay McInerney, uno dei migliori esponenti di quella che sarebbe diventata la scuola minimalista (Vedi Raymond Carver, mentore in Il mestiere di scrivere ed. Einaudi).
La raccolta di racconti Vuoi star zitta per favore? uscita nel 1976, lo impose sulla scena letteraria, facendogli ottenere un immediato successo.
Seguì una seconda raccolta Di cosa parliamo quando parliamo d’amore nel 1981.
Nel 1983 uscirono i dodici racconti della terza raccolta: Cattedrale.
Racconta la sua compagna Tess Callagher che all’inizio del 1984, all’indomani della pubblicazione di Cattedrale, Carver si trovò all’improvviso a fare i conti non solo con il successo, a lungo inseguito e inconsciamente sabotato, ma anche con le conseguenze che la notorietà poteva avere per un uomo schivo e introverso come lui.
Acclamato ormai come scrittore di racconti, Carver smise di scriverne, abbandonò l’insegnamento e si ritirò per un periodo di meditazione e di solitudine a Port Angeles, in una casa costruita alla confluenza di due fiumi con il mare. La casa, progettata da Tess, era tutta finestre: ci si poteva immaginare di stare all’aperto, osservando ogni cosa senza disturbarla. Si vedevano uccelli che si costruivano il nido sugli alberi, aquile, aironi, pescherecci e traghetti di turisti. Qui Carver passò l’inverno e la primavera, facendo una ricognizione interiore dei suoi problemi.
Da questo sofferto esame nacquero i Racconti in forma di poesia.
Tra l’83 e l’87 scrisse un’altra serie di racconti, Chi ha usato questo letto?.
Finalmente, attraverso la scrittura, il sodalizio affettuoso con la poetessa Tess Gallagher, il successo e l’approdo a quel mondo di grandi scrittori che aveva costituito il suo mito di adolescente, era riuscito a dare un senso alla propria esistenza.
Nell’88 raccolse in Da dove sto chiamando i suoi trentasette racconti migliori.
Quello stesso anno morì a Port Angeles a soli cinquanta anni, per un tumore ai polmoni, dopo aver scritto, con l’aiuto di Tess, un ultimo libro di poesie : Il nuovo sentiero per la cascata.
Dopo la morte di Carver, la vedova pubblicherà Se hai bisogno chiama, una piccola raccolta di cinque racconti inediti.
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Fotografia di mio padre a ventidue anni



Ottobre. In questa cucina umida ed estranea
studio il giovane viso imbarazzato di mio padre.
Con un sorriso mansueto, tiene in mano un filo
di persici gialli e spinosi, nell’altra
una bottiglia di birra Carlsbad.

In jeans e maglietta, si appoggia
al paraurti di una Ford del 1934.
Vorrebbe apparire cordiale e sincero ai posteri,
porta il suo vecchio cappello alzato sull’orecchio.
Per tutta la vita mio padre ha cercato di essere spavaldo.

Ma gli occhi lo tradiscono, e le mani
il filo mollemente offerto dei pesci morti
la bottiglia di birra. Padre, ti voglio bene,
ma come faccio a dirti grazie, io che, come te, non reggo l’alcool,
e non conosco neppure i posti dove pescare
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Abbi cura



Dalla finestra la vedo chinarsi sulle rose
reggendole vicino al fiore per non
pungersi le dita.Con l'altra mano taglia,si ferma e
poi taglia ancora,più sola al mondo
di quanto non mi sia mai reso conto.Non alzerà
lo sguardo,non subito.E' sola
con le rose e con qualcosa che riesco solo a pensare,ma non
a dire.So bene come si chiamano quei cespugli

regalatici per le nostre nozze tardive:Ama,Onora e Abbi Cura...
è quest'ultima la rosa che all'improvviso mi porge,dopo
essere entrata in casa tra uno sguardo e l'altro.Ci affondo
il naso,ne aspiro la dolcezza,lascio che mi s'attacchi addosso-profumo
di promessa,di tesoro.Le prendo il polso perchè mi venga più vicina,
i suoi occhi verdi come muschio di fiume.E poi la chiamo,contro
quel che avverrà:moglie,finchè posso,finchè il mio respiro,un petalo
affannato dietro l'altro,riesce ancora a raggiungerla.
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Il mio corvo



Un corvo s'è posato sull'albero davanti alla mia finestra.
Non era mica il corvo di Ted Hughes né quello di Galway Kinnell.
Non era neanche quello di Frost, di Pasternak o di Lorca.
Non era uno dei corvi di Omero, sazi di sangue
dopo la battaglia. Era un corvo qualsiasi.
Uno che in vita sua non è mai riuscito a trovare il suo posto
né a far niente che valga la pena di raccontare.
È rimasto appollaiato sul ramo qualche istante.
Poi s'è levato in volo ed è uscito maestosamente
dalla mia vita.
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Vicini



La signora ci ha invitato per una fetta di torta. Ha cominciato
a raccontarci del marito, l'uomo che prima
abitava qui. Di come abbia dovuto farlo ricoverare
in clinica. S'era messo in testa
di coprire queste belle travi di rovere
con un controsoffitto da quattro soldi, ci ha detto. È stato
il primo segno che qualcosa non andava più. E infatti, dopo un po',
gli ha preso un colpo. Ora è ridotto a un vegetale. Ad ogni modo,
subito dopo, un guardacaccia ha infilato la canna
della pistola nell'orecchio del figlio.
E ha anche alzato il cane. Però il ragazzo
non aveva mica fatto niente di male e pensare che il guardacaccia
gli è pure zio al ragazzo, capite?
Insomma sono tutti un po' fuori di testa. Sono tutti
matti e nessuno parla più con nessuno
oggi come oggi. Questo qui è un grosso osso che il figlio
ha trovato giù alla foce del fiume.
Chissà se è un osso umano? Un osso del braccio
o qualcosa del genere? Lo ha rimesso sul davanzale
accanto al vaso di fiori.
La figlia resta in camera sua tutto il giorno
a scrivere poesie sul suo tentato suicidio.
Ecco perché non la si vede mai. Nessuno
la vede più in giro. Le poesie le straccia tutte
e poi le riscrive. Ma uno di questi giorni
magari l'azzecca giusta. E poi, ci credereste -
la macchina non ha sbiellato? Quel macchinone nero
che è fermo come un carro funebre
nel giardino dei vicini. Il motore, attaccato a una carrucola,
penzola da un albero
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Una pacchia



Non c'è altra parola. Perché proprio quello è stata. Una pacchia.
Una pacchia, questi ultimi dieci anni.
Vivo, sobrio, ha lavorato, ha amato,
riamato, una brava donna. Undici anni fa
gli avevano detto che aveva solo sei mesi da vivere
se continuava così. E non poteva che
peggiorare. Così cambiò vita,
in qualche modo. Smise di bere! E per il resto?
Dopo, fu tutta una pacchia, ogni minuto,
fino a quando e anche quando gli dissero che,
beh, c'era qualcosa che non andava e qualcosa
che gli cresceva dentro la testa. "Non piangete per me",
disse ai suoi amici. "Sono un uomo fortunato.
Ho campato dieci anni di più di quanto io o chiunque altro
si aspettasse. Una vera pacchia. Non ve lo scordate"..
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La poesia che non ho scritto



Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l'ho scritta
perche' ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell'alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la citta' vecchia.
E siamo rimasti li' senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Cosi' felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi li'
proprio in quel momento.
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Questa parola amore



Non accorrerò quando chiamerà
anche se mi dirà ti amo,
specialmente se lo dirà,
anche se giura
e non promette altro
che amore amore.

La luce in questa stanza
copre ogni
cosa allo stesso modo;
neanche il mio braccio fa ombra,
anch'esso consumato dalla luce.

Ma questa parola amore...
questa parola s'oscura,
s'appesantisce e si scuote,comincia
a farsi strada coi denti,con brividi e convulsioni
su questo foglio
finchè anche noi scompariamo quasi
nella sua gola trasparente e siamo ancora
separati,lucidi,fianchi contro coscia,i tuoi
capelli sciolti che non conoscono
esitazioni.
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[align=center]Un pomeriggio



Mentre scrive, senza guardare il mare,
sente la punta della penna che comincia a vibrare.
La marea si ritira sulla ghiaia.
Ma non è per quello. No,
è perché lei sceglie proprio quel momento
per entrare nella stanza senza nulla indosso.
Insonnolita, neanche tanto sicura di d ove si trova
per un momento. Si scosta i capelli dalla fronte.
Si siede sulla tazza con gli occhi chiusi,
il capo chino. Le gambe allargate. Lui la vede
dalla porta. Forse
sta ricordando cosa è successo la mattina.
Perché dopo un po' apre un occhio e lo guarda.
E sorride dolcemente.
[/align]
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