Carlos Drummond de Andrade

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birillino8
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Carlos Drummond de Andrade

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Carlos
Drummond de Andrade


Immagine[/align]

Carlos Drummond de Andrade nasce ad Itabira do Mato Dentro, una cittadina del Minas Gerais, in Brasile,il 31 ottobre 1902 da uma família di fazendeiros in decadenza. Dal collegio gesuita dove studia, viene espulso per «insubordinazione mentale». Laureatosi in Farmacia, per insistenza della famiglia, comincia a Belo Horizonte la carriera di scrittore, collaborando con il giornale Diário de Minas, punto di incontro del futuro movimento modernista mineiro. Con altri scrittori fonda `A Revista` che, nonostante la sua breve vita, è stato un importante veicolo di divulgazione del modernismo in Minas.

Diventato impiegato pubblico, va in pensione nel 1962 quando lavorava al servizio del Patrimonio storico e artistico nazionale. Nel frattempo collabora con due quotidiani come cronista. Ammirato unanimemente per la sua opera poetica e per il suo atteggiamento rigoroso, muore a Rio de Janeiro il 17 agosto 1987, pochi giorni dopo la morte della sua unica figlia, la cronista Maria Julieta Drummond de Andrade.

Poche parole sulla sua poetica, dove il modernismo non è mai predominante. Quello che domina la sua opera è il sentimento di individualità che, torturato dal passato e spaventato dal futuro, è testimone lucido di se stesso e dei suoi simili, partendo da un punto di vista melanconico e scettico. Ironizza sui costumi e sulla società, a volte è duramente satirico e disilluso. Ma lavora costruttivamente e con impegno alla comunicazione estetica di questo suo modo di essere e di vivere nel mondo. Tema ricorrente è il tempo, nel suo scorrere quotidiano e nella sua corrosività.
Ultima modifica di birillino8 il sab mag 24, 2008 1:35 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Residuo



Di tutto è rimasto un poco,
Della mia paura. Del tuo ribrezzo.

Dei gridi blesi. Della rosa
è rimasto un poco.

È rimasto un poco di luce
captata nel cappello.
Negli occhi del ruffiano
è restata un po' di tenerezza
(molto poco)

Poco è rimasto di questa polvere
che ti coprì le scarpe
bianche. Pochi panni sono rimasti,
pochi veli rotti,
poco, poco, molto poco.

Ma d'ogni cosa resta un poco.
Del ponte bombardato,
delle due foglie d'erba,
del pacchetto
- vuoto - di sigarette, è rimasto un poco

Che di ogni cosa resta un poco.
È rimasto un po' del tuo mento
nel mento di tua figlia.

Del tuo ruvido silenzio
un poco è rimasto, un poco
sui muri infastiditi,
nelle foglie, mute, che salgono.

È rimasto un po' di tutto
nel piattino di porcellana,
drago rotto, fiore bianco,
di rughe sulla tua fronte,
ritratto.

Se di tutto resta un poco,
perché mai non dovrebbe restare
un po' di me? Nel treno
che porta a nord, nella nave,
negli annunci di giornale,
un po' di me a Londra,
un po' di me in qualche dove?
nella consonante?
nel pozzo?

Un poco resta oscillando
alla foce dei fiumi
e i pesci non lo evitano,
un poco: non viene nei libri.

Di tutto rimane un poco.
Non molto: da un rubinetto
stilla questa goccia assurda,
metà sale e metà alcool,
salta questa zampa di rana,
questo vetro di orologio
rotto in mille speranze,
questo collo di cigno,
questo segreto infantile...
Di ogni cosa è rimasto un poco:
di me; di te; di Abelardo.
Un capello sulla mia manica,
di tutto è rimasto un poco;
vento nelle mie orecchie,
rutto volgare, gemito
di viscere ribelli,
e minuscoli artefatti:
campanula, alveolo, capsula
di revolver... di aspirina.
Di tutto è rimasto un poco.
E di tutto resta un poco.
Oh, apri i flacone di profumo
e soffoca
l'insopportabile lezzo della memoria.

Ma di tutto, terribile, resta un poco,
e sotto le onde ritmate,
e sotto le nuvole e i venti
e sotto i ponti e sotto i tunnel
e sotto le fiamme e sotto il sarcasmo
e sotto il muco e sotto il vomito
e sotto il singhiozzo, il carcere, il dimenticato
e sotto gli spettacoli e sotto la morte in scarlatto
e sotto le biblioteche, gli ospizi, le chiese trionfanti
e sotto te stesso e sotto i tuoi piedi già rigidi
e sotto i cardini della famiglia e della classe,
rimane sempre un poco di tutto.
A volte un bottone. A volte un topo.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Poema a sette facce



Quando nacqui, un angelo storto
di quelli che vivono nell'ombra,
disse: "Vai, Carlos, a essere gauche nella vita".

Le case spiano gli uomini
che corrono dietro alle donne.
Il pomeriggio sarebbe azzurro, magari,
se non ci fossero tante voglie.

Il tram passa pieno di gambe:
gambe bianche nere gialle.
Perché mai tante gambe, mio Dio, chiede il mio cuore.
Però i miei occhi
non domandano nulla.

L'uomo dietro ai baffi
è serio, semplice e forte.
Quasi non parla neppure.
Ha pochi, rari amici
l'uomo dietro agli occhiali e dietro ai baffi.

Mio Dio, perché mi hai abbandonato
se sapevi che io non ero Dio
se sapevi che ero così debole.

Mondo mondo vasto mondo,
se mi chiamassi Raimondo
sarebbe una rima, non una soluzione.
Mondo mondo vasto mondo
più vasto è questo mio cuore.

Non te lo dovrei confessare
ma questa luna
ma questo cognac
danno una maledetta commozione.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]José



E ora, José?
La festa è finita,
la luce si è spenta,
la gente è partita,
la notte è ghiacciata,
e ora, José?
e ora, che è di te?
di te che non hai nome,
che prendi in giro gli altri,
di te che fai versi,
che ami, protesti?
e ora, José?

Sei senza una donna,
sei senza discorso,
senza tenerezza,
ora non puoi più bere,
non puoi più fumare,
non puoi neppure sputare,
la notte è ghiacciata,
non è arrivato il giorno,
non è arrivato il tram,
non è arrivato il riso,
nemmeno l'utopia
e tutto è finito
e tutto si è ammuffito,
e ora, José?

E ora, José?
La tua dolce parola,
la gola, la dieta,
il tuo istante di febbre,
la tua biblioteca,
il tuo giacimento d'oro,
il tuo vestito di vetro,
la tua incoerenza,
il tuo odio: e ora?

La chiave nella mano,
tenti aprire la porta,
non esiste porta;
vuoi morire nel mare,
ma il mare è seccato:
vuoi ritornare a Minas,
Minas non c'è più.
José, e ora?

Magari tu gridassi,
magari tu piangessi,
magari tu suonassi
il valzer viennese,
magari tu dormissi,
magari ti stancassi,
magari tu morissi...
Ma tu non muori,
tu sei duro, José!

Solo nell'oscurità,
come un animale selvatico,
senza teogonia,
senza parete nuda
alla quale appoggiarti,
senza cavallo nero,
la gola e la dieta,
tu avanzi, José!
Verso dove, José![/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Quadriglia



João amava Teresa che amava Raimundo
che amava Maria che amava Joaquim che amava Lili
che non amava nessuno.
João andò negli Stati Uniti, Teresa in convento,
Raimundo morì in un incidente, Maria restò zitella,
Joaquim si suicidò e Lili sposò J.Pinto Fernandes
che non era mai entrato nella storia[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La terra è letto



La terra è letto per l'amore urgente,
amore che non aspetta di andare a letto.
Sopra un tappeto o sopra il duro suolo,
tessiamo corpo a corpo l'umida trama.

E per riposarci dall'amore, andiamo a letto.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Donna che gira nuda per la casa



Donna che gira nuda per la casa
tutto mi ammanta di una grande pace.
Non é nudità datata, provocante.
E' un girar di nudità vestita,
innocenza di sorella e bicchier d'acqua.

Il corpo neppure lo si nota
al ritmo che lo porta.
Passano curve in stato di purezza,
dando alla vita un nome: castità.

Peli che affascinavano non turbano.
Seni, natiche (tacito armistizio)
riposano dalla guerra. E anch'io riposo.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La macchina del mondo



E mentre incerto percorrevo a piedi
Una strada di Minas, ciottolata,
E una campana roca all'imbrunire

Si mescolava al suon delle mie scarpe,
Pausato e secco; e uccelli volteggiavano
Nel ciel di piombo, e quelle forme nere

Lentamente venivano a diluirsi
Nel maggior buio, sceso giù dai monti
E dal mio proprio esser disingannato,

La macchina del mondo si socchiuse
Per chi a romperla ormai si ricusava
E a sol pensarlo si rammaricava.

Si aprì sì maestosa e circospetta.
Senza emettere un suon che fosse impuro
Né un baleno maggior del tollerato

Da pupille guaste nell'ispezione
Continua e dolorosa del deserto,
E dalla mente esausta a elucubrare

Su tutta una realtà che assai transcende
L'immagine sua stessa delineata
Sul volto del mistero, negli abissi.

Si aprì con calma pura, ed invitando
Tutti i sensi e le intuizioni restanti
A chi da tanto sudarli li avea persi

E neanche voglia avrebbe di riaverli,
Se invano e eternamente ripetiamo
Stessi peripli tristi senza rotte,

Invitandoli tutti quanti, in schiera,
A dedicarsi all'inedito tema
Della natura mistica dei fatti,

Così mi disse, pur se voce alcuna
O soffio od eco o semplice battuta
Attestasse qualcuno che, sul monte,

A qualcun altro, notturno e miserando,
In colloquio si stesse dirigendo:
"Quel che cercasti in te o fuori del

Tuo essere ristretto e mai si espose,
Pur fingendo di darsi o si arrendendo,
E ad ogni istante più si contraendo,

Guarda, rifletti, ascolta: la ricchezza
Che abbonda in ogni perla, questa scienza
Sublime e formidabile, ma ermetica,

Questa piena lezione sulla vita,
Questo nesso primevo e singolare
Che più non concepisci, tanto è schivo,

Si rivelò nella ricerca ardente
In cui ti consumasti... ve', contempla,
Apri il tuo cuore per dargli ricetto";.

I più superbi ponti ed edifici,
Quel che nelle officine costruisce,
Quel che pensato fu e presto attinge

Distanza che oltrepasserà il pensiero,
Le risorse terrestri dominate,
E le passioni, gli impulsi ed i tormenti

E quanto l'esser terrestre definisce
O si prolunga fin negli animali
Ed alle piante arriva, per imbeversi


Nel risentito sonno minerale,
Gira il mondo e torna ad ingolfarsi
Nell'ordine geometrico del tutto,

E l'assurdo d'origine e i suoi enigmi,
Le verità sue più alte ancor di tanti
Monumenti alla verità elevati;

E la memoria degli dei, é il solenne
Sentimento di morte, che fiorisce
Nel caule di esistenza più gloriosa.

Tutto si presentò a me in quello squarcio
E mi chiamò verso il suo regno augusto,
Infine sottomesso a vista umana.

Ma siccome io riluttavo a rispondere
A quell'appello sì meraviglioso,
Con la fede smorzata, e anche la brama,

La minima speranza, quell'anelo
Di vedere svanir la spessa nebbia
Che tra i raggi del sole ancora filtra;

Poiché morte credenze convocate
In fretta e furia non si disponevano
A tingere di nuovo il neutro volto

Che vo' lungo il cammino dimostrando,
E siccome un altro essere, non quello
Che dentro me abita da tanti anni,

Mia volontà passava a comandare
Che, già volubile, si richiudeva
A mo' di certi fiori reticenti

In se stessi dischiusi e poi serrati;
Come se un tardo dono non più ormai
Desiderabile, anzi, disprezzato,

Abbassai gli occhi, incurante, lasso,
Sdegnoso di ricevere l'offerta
Che si apriva gratuita al mio ingegno.

La tenebra più fitta ormai posava
Sulla strada di Minas, ciottolata,
E del mondo la macchina, respinta,

A poco a poco venne a ricomporsi,
Mentre, ancor valutando le mie perdite,
Venivo lento, mani penzoloni.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Tenendoci per mano



Non sarò poeta di un mondo caduco.
Ne canterò il mondo futuro.
Abbarbicato alla vita guardo i miei compagni.
Sono taciturni ma nutrono grandi speranze.
Tra loro considero la realtà enorme.
Il presente è così grande, non separiamoci.
Non separiamoci, andiamo
tenendoci per mano.
Io non sarò cantore d'una donna, d'una storia,
non canterò i sospiri a sera, il paesaggio dalla finestra,
non distribuirò narcotici o lettere di suicida,
non ruggirò verso le isole ne sarò rapito da serafini.
Il tempo è la mia materia, il tempo presente, gli uomini presenti.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Tristezza in cielo



Anche in cielo c'è un'ora malinconica.
Ora difficile, in cui il dubbio penetra le anime.
Perché feci il mondo? si chiede Dio
e si risponde: Non so.

Gli angeli lo guardano con rimprovero,
e piume cadono.
Tutte le ipotesi: la grazia, l'eternità, l'amore,
cadono, sono piume.

Un'altra piuma, il cielo si disfa.
Che calma, nessun fragore annuncia
il momento fra il tutto e il nulla
ossia, la tristezza di Dio.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Di fronte agli ultimi avvenimenti



Via! Siamo pornografici
(dolcemente pornografici).
Perché essere più casti
del nostro antenato portoghese?

Via! Siamo naviganti,
pionieri e guerrieri,
siamo tutto ciò che si vuole,
soprattutto pornografici.

La sera può essere triste
e le donne possono dolere
come duole un pugno in un occhio
(pornografici, pornografici).

I tuoi amici sorridono
della tua ultima risoluzione.
Pensavano che il suicidio
fosse l'ultima risoluzione.
Non capiscono, poveretti,
che la cosa migliore è essere pornografici.

Proponilo al tuo vicino,
all'autista di autobus,
a tutte le creature
che sono inutili ed esistono,
proponilo all'uomo con gli occhiali
e alla donna con la cesta di panni.
Di' a tutti: fratelli, non volete
essere pornografici?[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Un canto nuovo d'esilio



Un sabià
Sulla palma, lontano.
Questi uccelli cantano
un canto diverso.

Su fiori umidi
palpita il cielo.
Voci nei boschi
l'amor più grande.

Solo, di notte
la felicità
un sabià
sulla palma, lontano.

Dove tutto è bello
e fantastico
solo, di notte,
la felicità
Un sabià
sulla palma, lontano.

Un grido di vita
e poi tornare
dove tutto è bello
e fantastico
la palma, il sabià,
la lontananza.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Le spalle sopportano il peso del mondo



Arriva il momento in cui non si dice più: mio Dio.
Momento di assoluta depurazione.
Momento in cui non si dice più: amore mio.
Perché l’amore si sarà dimostrato inutile.
E gli occhi non piangono.
E le mani tessono solo duro lavoro.
E il cuore è secco.

Invano le donne battono alla porta: non si aprirà.
Sei rimasto da solo, la luce si è spenta,
ma nell’ombra i tuoi occhi risplendono, enormi.
Sei pieno di certezze, già non sai più soffrire.
E niente ti aspetti dai tuoi amici.

Poco importa che giunga la vecchiaia, che cos`è la vecchiaia?
Le tue spalle caricano il mondo
e lui non pesa più della mano di un bambino.
Le guerre, la fame, le discussioni dentro le case
provano soltanto che la vita prosegue
e che non tutti sono ancora liberi.

Alcuni, trovando barbaro lo spettacolo,
preferirebbero morire (i delicati).
Arriva il momento in cui non serve morire.
Arriva il momento in cui la vita è un ordine.
La vita soltanto, senza mistificazioni.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Una cittadina qualsiasi



Case fra bananeti
donne fra aranceti
frutteto amore canti.

Un uomo va lentamente.
Un cane va lentamente.
Un asino va lentamente.

Lentamente… le finestre guardano.

Che vita da somaro, mio Dio.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Musica a buon mercato



Paloma, Violetera, Feuilles Mortes.
Nostalgie di Matão e di che altro?
La musica a buon mercato mi visita
e mi conduce
per un povero nirvana alla mia immagine.

Valzer e canzoni nel cassetto
in un armadio che vibra nel custodirle,
nel vecchio armadio, cedro, pino o…?
(Lo stipettaio nel farlo ben sapeva
quanto questo legno avrebbe sofferto.)

Non voglio Handel per amico
né udire il vocio degli arcangeli.
Mi basta
quello che vedo della strada, senza messaggio,
e, come noi ci perdiamo,
si è perso[/align]
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