Douglas Dunn

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birillino8
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Douglas Dunn

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[align=center]Douglas Dunn

Immagine[/align]

Douglas Dunn è nato nel 1942 a Inchinnan, nel Renfrewshire, ha studiato alla Scuola Scozzese per bibliotecai, e poi alla Università di Hull, dove ha insegnato. In seguito ha lavorato diversi anni alla biblioteca di Akron (Ohio). Adesso è professore d'inglese e direttore del Dipartimento di studi scozzesi della St' Andrew's University ed è membro della Royal Society of Literature.
Oltre che poeta, Dunn è anche narratore, traduttore, e autore di testi per la radio e la televisione.
La poesia di Dunn è spesso indicativa del percorso di un lettore forte, con citazioni da classici e contemporanei, riferimenti espliciti o indiretti ai modelli letterari dell'autore, ma è al contempo quotidiana, spesso a sorpresa accesa di lampi di ironia, che si inseriscono anche in contesti di ampio respiro lirico. È una poesia caratterizzata da un rigoroso controllo formale (molte poesie sono fortemente strutturate da metro e rima), un'accurata scelta lessicale che non lascia spazio alla banalità, ma neppure all'eccessiva ricercatezza. È una poesia che si fa nel procedere della lettura, molto visiva, fatta di scorci lontani e zoomate improvvise, e il lettore ha sempre l'impressione che il poeta sia lì a fianco, a guidarlo, o anche a risvegliarlo e punzecchiarlo.
C'è uno sguardo acuto sul reale, con frequenti escursioni metapoetiche sulla propria funzione di poeta e sulla funzione della poesia stessa in rapporto al reale. E il poeta non si pone mai con supponenza al di sopra di ciò che vede e che sente, ma vi partecipa, a volte sembra quasi farsi piccolo per registrare, o tornare piccolo per guardare con gli occhi della memoria, in una sorta di sospensione nostalgica, ma nella piena coscienza che sarebbe stato possibile agire diversamente soltanto "Se solo avessi saputo allora quello che ancora non so".
Ultima modifica di birillino8 il sab mag 24, 2008 1:33 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Il più bel pomeriggio dell'anno




Quando il momento del piacere si fa più intenso
Mi sento affondare come una lenta radice
nel dominio erbaceo del luogo in cui mi trovo.
È il mio tempo, la mia opulenta, possessiva
Libertà in caduta libera da salariate routine,
Intrusioni, noia sconfinata.
È la mia libertà tra alberi ed erba
Quando il silenzio è l'imperfetto metallo della mente
E il pensiero gira e si gingilla nel suo spazio
Libero da desiderio e compromessi.
Per tre ore senza storia né sete
Il tempo è la mia libera e intima
Repubblica del vento fresco e del mare azzurro.
Per tre ore dovrò essere tutor di me stesso
Nella scuola rivierasca all'aperto arredata d'erba.

Libri immaginari mi volano nelle mani
Da alberi-biblioteca. È tutto ciò che mi serve.
Il canto degli uccelli è un cip di silenzio assorto
Restituito su rami colmi di frullio, e io sono silenzioso
Silenziosissimo, in una luce filosofica.
Sono tutt'orecchi nella mia voliera rivierasca.
Il mio respiro è drogato di verità da sussurrare da
Interiori invisibilità e la sacralità con cui
Temerari piccoli uccelli vivono sempre
Nella loro istintiva agiatezza. Disperdo
Gli appetiti della piccola poesia e mi apro
A qualsiasi cosa voglia visitarmi. Sono tutt'occhi
Quando la luce scivola sull'acqua e le foglie frusciano.

Sono silenziosissimo, un tiratore nascosto nella siepe
Nei cui orizzonti si trova l'infinità chiarita
Sorrido a me stesso, e la mia pelle è viva
A migliaia di tocchi leggeri, lievissimi
Baci delicati del tempo, baci pensati,
Tocchi che sono timidamente usciti dal nascondiglio
Poi di nuovo andati via nel lontano
Abbandono da cui sono venuti e in cui vivono.
Perfezionando il mio pomeriggio, sto attento
Ad antiche fragranze che fluttuano verso di me
Inspiegate al di sopra delle distanze del mondo.
È il mio tempo. Lo sto rendendo reale.
Mi sto liberando di me stesso. È il mio momento
Sono libero di fare qualsiasi cosa io voglia
In queste ore, e ho scelto questa
Libertà, che è una dissoluzione
Fino alle punte del respiro, una momentanea
Perdita del senso del dovere, un'indigenza
Per caso, uno scivolar via dalle quotidiane
Miserie e opere nella mia libertà
Che è al di là di ogni altra e sono io.
Sono libero di fare come mi pare, e lo faccio;
Lentamente affondo come una radice in nome della vita
E lo faccio in nome di ciò che essa è.
Queste sono le mie ore migliori del 1993.
Orecchie, occhi, naso, pelle e gusto se ne sono andati.
Per un po' non sarò nulla e sarò buono.
Poi torneranno altri tempi e la storia.
Dovrò alzarmi e lasciare il mio nascondiglio,
La mia istintiva repubblica a forma di campo.
Andrò a casa, e sarò quell'altro.
Andrò in ufficio. Vivrò
Un altro anno bramando le mie ore migliori
Nel pomeriggio perfetto di sole e di sale
Le mie scarpe vuote di fianco al letto mi diranno,
"Quando ti riporteremo indietro? Perché abbiate pazienza?
Sei tu quello che ha molto di più, così tanto di più da perdere".

[/align]
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Il più bel pomeriggio dell'anno




Quando il momento del piacere si fa più intenso
Mi sento affondare come una lenta radice
nel dominio erbaceo del luogo in cui mi trovo.
È il mio tempo, la mia opulenta, possessiva
Libertà in caduta libera da salariate routine,
Intrusioni, noia sconfinata.
È la mia libertà tra alberi ed erba
Quando il silenzio è l'imperfetto metallo della mente
E il pensiero gira e si gingilla nel suo spazio
Libero da desiderio e compromessi.
Per tre ore senza storia né sete
Il tempo è la mia libera e intima
Repubblica del vento fresco e del mare azzurro.
Per tre ore dovrò essere tutor di me stesso
Nella scuola rivierasca all'aperto arredata d'erba.

Libri immaginari mi volano nelle mani
Da alberi-biblioteca. È tutto ciò che mi serve.
Il canto degli uccelli è un cip di silenzio assorto
Restituito su rami colmi di frullio, e io sono silenzioso
Silenziosissimo, in una luce filosofica.
Sono tutt'orecchi nella mia voliera rivierasca.
Il mio respiro è drogato di verità da sussurrare da
Interiori invisibilità e la sacralità con cui
Temerari piccoli uccelli vivono sempre
Nella loro istintiva agiatezza. Disperdo
Gli appetiti della piccola poesia e mi apro
A qualsiasi cosa voglia visitarmi. Sono tutt'occhi
Quando la luce scivola sull'acqua e le foglie frusciano.

Sono silenziosissimo, un tiratore nascosto nella siepe
Nei cui orizzonti si trova l'infinità chiarita
Sorrido a me stesso, e la mia pelle è viva
A migliaia di tocchi leggeri, lievissimi
Baci delicati del tempo, baci pensati,
Tocchi che sono timidamente usciti dal nascondiglio
Poi di nuovo andati via nel lontano
Abbandono da cui sono venuti e in cui vivono.
Perfezionando il mio pomeriggio, sto attento
Ad antiche fragranze che fluttuano verso di me
Inspiegate al di sopra delle distanze del mondo.
È il mio tempo. Lo sto rendendo reale.
Mi sto liberando di me stesso. È il mio momento
Sono libero di fare qualsiasi cosa io voglia
In queste ore, e ho scelto questa
Libertà, che è una dissoluzione
Fino alle punte del respiro, una momentanea
Perdita del senso del dovere, un'indigenza
Per caso, uno scivolar via dalle quotidiane
Miserie e opere nella mia libertà
Che è al di là di ogni altra e sono io.
Sono libero di fare come mi pare, e lo faccio;
Lentamente affondo come una radice in nome della vita
E lo faccio in nome di ciò che essa è.
Queste sono le mie ore migliori del 1993.
Orecchie, occhi, naso, pelle e gusto se ne sono andati.
Per un po' non sarò nulla e sarò buono.
Poi torneranno altri tempi e la storia.
Dovrò alzarmi e lasciare il mio nascondiglio,
La mia istintiva repubblica a forma di campo.
Andrò a casa, e sarò quell'altro.
Andrò in ufficio. Vivrò
Un altro anno bramando le mie ore migliori
Nel pomeriggio perfetto di sole e di sale
Le mie scarpe vuote di fianco al letto mi diranno,
"Quando ti riporteremo indietro? Perché abbiate pazienza?
Sei tu quello che ha molto di più, così tanto di più da perdere".

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Messaggio da birillino8 »

[align=center]
Tu




Non ci crederai. Forse sei troppo prosaica
---Per cedere a una poetica pena,
Ma il tuo sorriso (quando sorridi), i tuoi occhi, il tuo naso

---Sono troppo belli per la prosa.
Non crederci, mia cara, se non vuoi
---Una poesia, anche lei, può essere un mucchio di bugie.
Ma se non vuoi, io tornerò indietro a perseguitarti.
---Ti sarà difficile esorcizzarmi.[/align]
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[align=center]Meditazione nativa




A mezzanotte in salotto, luci spente,
TV spenta, nell'aroma della luce di un ceppo
Con una larga goccia cristallizzata, è più che sufficiente
Per prolungare l'oscurità di una notte filosofica,
Osservo come il legno diventa cenere
In un fuoco invernale. Una fiamma energica,
Che cresce e che muore, domestico rumore
Emesso nella luce del focolare, parla d'amore e vergogna,
Un lirico e solitario governo di pensiero
E poesia, la maledizione della cultura,
Albatro del lavoro, quest'amaro sorso nativo
Che è un liquido grido ancestrale
Da acque termali fatte nel punto più bello dell'anno -
Questa fiamma di focolare cresce e non vuole morire.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]
Le isole dei pappagalli




Lascia che ci sia ancora spazio per l'estrema Utopia,
Per un punto in capo al mondo e le banchine acciottolate,
Il bambino e il pirata gamba di legno, le tende colme di vento,
Avventure, divertimento, e fare tutto ciò che ti va.
In un mondo di mappe pieghevoli e sorprese prefabbricate,
Devono pur esserci occasioni così, in un mondo senza bugie.
Spazio, anche, per visioni marine, i Sette Mari
Distese non inquinate che per miglia e miglia si muovono
Su distanze non segnalate, la brezza primitiva
Che guida la barca verso il Regno dei Sorrisi;
E spazio per la leggenda del viaggio e della ricerca
Poi dritti a casa a letto e la persona che ami di più.
Rosa sul turchese, e porpora di nuvole che si scuriscono,
Ecco un "altro cielo", bello, locale, e vero.
Qualcuno lo sta sognando, una mente sulla sua ala
In cerca della vita che esce dal blu.
Ah, Stevenson, le tue pagine hanno allietato il bambino che ero.
Ora che non lo sono più, su di loro piango, e con gioia.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Canzone




Ho pensato tutto il giorno a un scheletro d'uccello
Trovato nell'erba al margine del marciapiede
Durante una passeggiata all'ora di pranzo,
Il suo piccolo e fragile teschio allungato
Leggerissimo nella coppa della mia mano,
E lo conserverò
Finché non dimenticherò.

Come la luce come l'occhio di un fringuello trasportato
Sulle ali delle sue gambe e dei suoi piedi
Verso il funerale della Creazione,
L'uccello che più mi appartiene, la mia opportunità di canto,
Va con me e all'interno di me,
Come la luce come il fumo della mia sigaretta.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]
Cena




Troppo a lungo avevo tenuto la fame, la prima cucchiaiata calda
Mi scosse con la sua dolcezza e il suo gusto improvviso.
Mi precipitai sull'aroma del minestrone
Come su una mensa dei poveri in un cappotto donato per carità
Grato e felice a seconda dei casi ma anche
Attento all'attacco del mio schizzinoso compagno,
Poiché è ben pasciuto, più veloce, le sue esigenze
Sono soddisfatte al minuto nella sua più felice routine.
Lentamente, con gratitudine, vuotai il piatto,
Lo pulii con il pane, bevvi acqua e vino fino all'ultima goccia.

Non riuscivo a mangiare di più, non ordinai.
Il mio compagno lo fece, lui con appetito,
Sicurezza e conversazione sicura.
Era troppo affamato, o non abbastanza affamato,
All'oscuro delle ghiottonerie della solitudine
Che sono cibi frugali, il piccolo pasto preparato,
Mangiato a metà, spazzato via, il tavolo vuoto,
Quattro sedie speranzose, e vita senza un bacio.[/align]
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[align=center]
Leopardi


Natura con un pugno lo sgobbò:
"Canta", gli disse irata; ed ei cantò.
Niccolò Tommaseo



Che cosa ci spinge a dire che una cosa è bella
O che qualcun altro è amabile come te?
Devozione che va oltre il dovuto
O verità superiore al semplicemente vero -
Questi, anche questi ci eccitano. Nessuno può spiegare
I melodiosi misteri scritti ma prima strappati
Dal groviglio di pena del poeta
Prima che una parola ne esca e canti.

Sono fortunati i poeti le cui deformità
Sono visibili come gobbe sulla loro schiena,
Byronico piede deforme o miltonica cecità,
Mania clinica, dipsosomatica
Furia e vertigini. Alcuni sfruttano questa
Intima sensazione di fastidio, un momento
Sfigurato ormai inconoscibile, noesi
Immaginata. Ma Tommaseo ridacchiava.

Era questa la sua deformità. Chi legge
Niccolò Tommaseo? Quando le spine della satira
Incoronano la virtù, è chi fa satira che sanguina
Nota dopo nota a fondopagina. Nessuno piange
Sedicenti critici o quei poeti che cercano la fama
Ignorando il dolore, tenendo in gran considerazione
"credibilità", "prestazione", il plauso
Gelosamente custodito nelle feroci, superficiali fanfarone

Perfezioni della normalità, il "politically correct"
Anticipazione del ben anticipato.
Leopardi, poeta dalla nascita
Davvero gravemente colpito, infelice e solo,
Bambino di biblioteca, aristocratico, scavasti a fondo
Nella tua deformità, come io scavo a fondo
Nella mia, come per scrivere a te, per essere
Fedele ai tuoi dolori, alla tua bruttezza, alla tua pena, per ---essere

Fedele all'arte della poesia sommersa
Nel suolo oltraggiato dei suoi affamati
Desideri nella sua puzza, nei suoi orrori e la sua sepolta
Umanità, il suo stato di esilio.
La mia anima è molto sporca. Lo era anche la tua.
Come quella di tutti, specialmente di chi
Si vanta che la sua è pulita, Leopardi, tu,
Semistorpio studioso di rose,

Lucciole, e la tua stessa spina dorsale, preziosa polvere,chiamo
Te varcando gli anni, dalla mia malattia
Con un buon giorno dei miei e tutti
I Migliori Saluti dal tuo attempato apprendista.
Grande spirito, ometto - la tua voce continua a cantare
Nella sua enciclopedica solitudine,
Intelletto lirico, da leggersi quando l'alba
Scorre sulle tende con tutta la sua energia.

Per "purificare l'anima"… Più un tentativo
Di addolcire il mondo che di purificare
L'animo, qualsiasi cosa sia. Poesia esente
Da teologie di sorta. Il suo grido lirico
Grida che l'io è sagace, mondano, dolente,
Peculiare, ed egoista, ma buono.
Non c'è molto di nuovo in questo. Tutto è come prima -
Cantò intelletto e sentimento, verso dopo verso

All'unisono con la vita, amore per la vita e temperamento,
La verità e la sua poesia nell'accordo
La vita colpisce con dire musicale, come un profumo
Che sale dal suono di ogni parola chiara
In un'eccentrica armonia, un vero
Suono-del-Chi, deviazione-del-sé, nocciolo-del-problema
Essenza-di poeta, Odore-del-Chi, l'"Io", il "Tu",
La loro immersione nel senso e nella pietà

Che una poesia crea per il mondo in cui viviamo.
Quando una luna piena traccia strade di luce sopra
L'ampio, potente Tay, i miei poeti sono loquaci.
Spiriti ancestrali, lunari, segrete
"Spie di Dio", certo, ascolto il notturno
L'opaco, sensuale blu d'estuario, e ascolto
Gli eccetera della migliore poesia, legittima
Lingua - Rilke, voi, Milton, e Shakespeare,

Keats, Byron, Browning, Auden, Burns, e così
Sono mantenuto in salute da voci sognanti, lune,
E l'eco delle stelle, e il passero che dorme,
Api senza ronzio nascoste nelle arnie, un solitario
Riflesso di una stella versata nella sua coppa
Come un medicinale, e il senso di un'arte
Che dice che il suo scopo è quello di elevare l'anima
Allietandoci, e spezzandoci il cuore.[/align]
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[align=center]
Martedì




Per raggiungere l'ambulatorio devi salire
Due piani di scale. Hanno installato un elevatore
Per gli invalidi. La cosa allevia le mie paure.
Il male ai denti mi spaventa, da sempre,
Mi terrorizza irrazionalmente, anche se
Il mio dentista non mi fa mai male, dedito com'è
Alla capacità lenitiva dei suoi arti e mestieri
Siedo con il National Geographic,
Guardo un attimo la boccia dei pesci, gli annunci,
Poi leggo il servizio sulle Tigri Siberiane.
Hanno grandi zanne, ma del dentista non hanno bisogno.
Mi invita ad entrare. Dovrei essere onesto col mio spavento
E mostrare almeno una resistenza pro forma?
Non mi piace la musica di sottofondo.
Voglio Tiger Rag, o qualcosa di Fats Waller,
Un pezzo che verta sull'isteria.
Sono felice che non sia ciò che vuole.
Un dentista be-bop? Salvami, salvami!
Non mi fa male. Prendo un altro appuntamento,
Poi attraverso la strada, vado da Fisher e Donaldson's
Dove ordino caffè e pasticcini.
Pezzi d'uvetta mi vanno tra i denti. Lingua, unghia,
Sciolgono i resti del pranzo.
Mi accorgo di aver parlato con della gente, oggi -
Il conducente del bus cui ho chiesto biglietto,
La segretaria del dentista, il dentista,
Il cameriere col cappello di Panama -
Addirittura potrei iniziare a diventare cordiale.[/align]
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[align=center]Mercoledì




Svegliarsi alle sei di mattina d'inverno è
Salutare l'inizio alla sua fine.
Mi alzo nel buio e raggiungo casa
Per una notturna straduzza rurale
Nel buio costeggia la via principale -
La squallida quotidiana routine.
Parlo con qualcuno, poi leggo un giallo.
Ho bevuto un cicchetto da distillatore,
Ho chiamato mia madre, mi sono pettinato,
Senza specchio, seduto sulla sedia
Davanti al computer, sul tavolo tra i mozziconi.
Potrei essere bonario
Invece di una "e" commerciale o un asterisco,
Un visibile peto di topo
O un accademico cuor solitario.
Tempo d'esuberanza - Yuhuu! Yuhuu!
"Night Train", "Chatanooga Choo-choo",
"Aitchinson, Toepeka e Santa Fé",
"A- Train", e ti porto via
Martini con ghiaccio nell'auto soggiorno
Per Daphne, Josephine e Marylin,
E, donne, stiamo andando alla grande
Verso risa e risate e sorrisi e controsorrisi.
Allora, mercoledì, non mi chiudere a chiave
E ti canterò "All the Things You Are".[/align]
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