Thomas Stearns Eliot

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birillino8
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Thomas Stearns Eliot

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Thomas Stearns Eliot

Immagine[/align]

T.S. Eliot, nato a St.Louis, Missouri, nel 1888 da una famiglia borghese, studiò a Harvard, alla Sorbona (dove frequentò le lezioni di Henri Bergson) e ad Oxford. Nel 1914 si trasferì in Inghilterra, dove, pur mantenendosi con un lavoro da impiegato di banca, cominciò a pubblicare le prime poesie. L’anno successivo si sposò con Vivienne Haigh-Wood. Dopo essere diventato direttore della casa editrice Faber and Faber passò un periodo in una casa di cura in Svizzera per una cura psicologica e qui terminò la sua opera The Waste Land. La poesia era rimasta la sua unica opportunità di fuga dalla vita familiare. Nel 1927 divenne un cittadino inglese e si definì un “classicista in letteratura, monarchico in politica, Anglo-cattolico in religione”. Dopo una travagliata riflessione, Eliot decise di mettere la moglie in una casa di ricovero, dove morì nel 1947; alla sua morte Eliot fu pervaso da sensi di colpa. Successivamente la sua poesia si rivolse a problemi di ordine filosofico e sociale, fino a portarli a temi sociali nel teatro. Nel 1948 ricevette il Premio Nobel per la Letteratura. Eliot morì nel 1965
Thomas Stearns Eliot fu uno dei maggiori rappresentanti della poesia moderna anglosassone, oltre che un drammaturgo e un critico letterario. Tra le sue opere poetiche più importanti figurano Il canto d'amore di J. Alfred Prufrock, e La terra desolata. La prima fu composta fra il 1910 e il 1911, ma fu pubblicata solo nel 1917 grazie all'interessamento di Ezra Pound; la seconda fu pubblicata nel 1922 dopo una lunga serie di revisioni e adattamenti, in cui ebbe parte importante lo stesso Pound.

L’opera di Eliot appartiene al contesto del cosiddetto Imagism, fenomeno novecentesco (più esattamente sviluppatosi fra il 1912 e la Seconda Guerra Mondiale) che comprese e rivoluzionò tutte le arti. Gli imagist denunciarono:

la crisi della cultura occidentale
l’alienazione e il senso di solitudine dell’artista in un mondo scientifico
il rifiuto del passato e la rottura con la tradizione
Il movimento nacque nel 1912 a Chicago a opera dei poeti Ezra Pound, T.S. Eliot e W.B. Yeats. Il nome deriva dall’uso dell’immagine, intesa non più come simbolo nel senso medioevale, romantico o simbolista, ma come correlativo oggettivo, corrispondenza oggettiva, perciò non personale, del sentire. Teorizzato da T.S. Eliot, questo escamotage è l’unico modo di esprimere emozioni: “una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi che saranno la formula di quella emozione particolare; tali che quando i fatti esterni, che devono terminare in esperienza sensibile, siano dati, venga immediatamente evocata l’emozione”. Una sorta di parallelismo può essere istituita, nella letteratura italiana, con la cosiddetta linea della “poetica dell’oggetto”, che fa capo a Pascoli, Gozzano, Sbarbaro e Montale. La poesia “imagist” è una poesia di immagini, temi, frammenti, segni evidenti della crisi cosmica del poeta moderno: il linguaggio discorsivo è soppresso.
Sin dalle prime poesie, Eliot accosta una critica alla vacuità e alla frivolezza della società di Boston e di Londra a visioni di lirica bellezza: il bello è abbinato allo squallido. Il disinganno politico di cui è infusa la sua poesia è da relazionarsi con lo stato di shock in cui si trovava quella generazione che aveva sprecato la propria giovinezza nella Prima Guerra Mondiale. I contrasti tra le leggende e i miti classici, i rituali, le bellezze antiche e lo squallore delle osterie è proposto senza alcun commento, ma con versi taglienti e duri, attraverso un’alternanza di termini aulici e colloquiali. La sua poesia propone una partecipazione dinamica e attiva, in quanto l’utilizzo dell’apparato mitologico, le citazioni da testi classici, l’uso di svariate lingue si appellano al lettore, il quale è chiamato a completare l’opera con la propria esperienza; un meccanismo, questo, che si trova anche nelle contemporanee opere di James Joyce
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Bisbigli d'immortalità



Webster fu molto posseduto dalla morte;
Sotto la pelle vide sempre il cranio;
E sottoterra creature scarne, ripiegate
All'indietro in un ghigno senza labbra.

Sostituiti ai globi, bulbi di narciso
Fissavano dall'orbita degli occhi!
Sapeva che il pensiero s'avvinghia a membra morte
Serrando ogni sua brama e ogni lussuria.

J. Donne, suppongo, fu un altro di quei tali
Che non riuscivano a sostituire il senso
Per afferrare, adunghiare e penetrare;
Vedendo anche più in là dell'esperienza

Egli conobbe l'angoscia del midollo,
La febbre di malaria dello scheletro;
Nessun contatto carnale possibile
Leniva la febbre dell'ossa.

. . . . . . . . . . . .

E Grishkin è graziosa; il suo occhio di russa
A sottolinearlo con estrema enfasi;
Senza corsetto, il suo busto amichevole
Offre promesse di piaceri pneumatici.

L'accucciato giaguaro brasiliano
Frena la piccola scimmia che fugge
Con la sottile effusione del gatto;
Grisbkin possiede una piccola casa;

Il levigato giaguaro brasiliano
Nella sua arborea oscurità non emana
Un fetore felino tanto forte
Quanto Grishkin ne emana in un salotto.

E persino le Entità Astratte
Fanno la corte alla sua grazia; ma
Il nostro destino s'insinua fra costole aride
Per tener calda la nostra metafisica[/align]
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]La Figlia Che Piange
O quam te memorem virgo



Fermati sul piano più alto delle scale...
Appoggiati a un'anfora da giardino...
Tessi, tessi la luce del sole nei capelli...
Stringi i fiori contro di te con una sorpresa dolente...
Gettali per terra e voltati
Con un risentimento fuggitivo
Ma tessi, tessi la luce del sole nei capelli...

Così avrei voluto che lui partisse,
Così avrei voluto che lei si fermasse e soffrisse,
Così lui sarebbe partito
Come l'anima lascia il corpo strappato e contuso,
Come la mente abbandona il corpo di cui ha fatto uso.
Troverei
Un modo incomparabilmente lieve e agile,
Un modo che entrambi intenderemmo,
Semplice e infedele come un sorriso e una stretta di mano.

Essa si voltò, ma con la stagione autunnale
Provocò la mia immaginazione molti giorni,
Molti giorni e molte ore:
I capelli sulle braccia e le braccia piene di fiori.
E mi domando come sarebbero stati insieme!
Avrei perduto un gesto e una posa.
A volte queste riflessioni stupiscono ancora
La mezzanotte inquieta e il mezzogiorno che riposa.[/align]
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birillino8
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Spleen



Domenica: questa processione soddisfatta
Di sicure facce domenicali;
Cuffie, cappelli di seta, consapevoli grazie
In una ripetizione che spiazza
Il tuo autocontrollo mentale
Con questa digressione ingiustificata.

La sera, le luci e il tè!
Bambini e gatti per strada;
Depressione incapace di affrontare
Questa cospirazione tetra.

E la vita, un poco calva e grigia,
Languida, schizzinosa e distaccta,
Aspetta, cappello e guanti in mano
Ricercata nell'abito e nella cravatta
(Un poco impaziente per l'indugio)
All'ingresso dell'assoluto.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Lirica



Se spazio e tempo, a detta dei saggi,
Son cose che non possono essere,
La mosca che vive un solo giorno
Vive tanto quanto noi.
Ma intanto viviamo finché possiamo,
Mentre vita e amore sono liberi,
Poiché il tempo è tempo, e fugge via,
Per quanto i saggi dissentano.

I fiori che ti mandai quando la rugiada
Tremava sul pergolato
Avvizzirono prima che l'ape volasse
A succhiare la rosa canina.
Ma intanto affrettiamoci a coglierne ancora
E non rattristiamoci a vederli languire,
E per quanto i fiori della vita siano pochi
Possano essere divini.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Canzone



Quando tornammo a casa per la collina
Nessuna foglia era caduta dagli alberi;
Le dita gentili della brezza non avevano
Strappato nessuna ragnatela tremolante.

La siepe era ancora coperta di fiori,
Nessun petalo avvizzito copriva la terra;
Ma le rose selvatiche della tua ghirlanda
Erano sbiadite, e le foglie abbrunate.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Canzone:
"la bella di notte si apre alla falena"



La bella di notte si apre alla falena,
La nebbia striscia su dal mare;
Un grande uccello bianco, un niveo gufo,
Aleggia da lontano.

Più bianchi, Amore, i fiori che tieni,
Della bianca nebbia del mare;
Non hai fiori dei tropici più sgargianti,
Vitali e scarlatti, per me?[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Gerontion



Non sei né giovane né vecchio
Ma è come se dormissi dopo pranzo
Sognando di entrambe queste età.

Eccomi, vecchio in un mese arido,
Mentre un ragazzo mi legge, aspettando la pioggia.
Non fui alle gole infuocate
Né combattei nella calda pioggia
Né col ginocchio affondato dentro paludi salmastre
Combattei, agitando una daga, e morso dalle mosche.
La mia casa è una casa in rovina,
E l'ebreo si rannicchia al davanzale, il padrone,
Generato in qualche taverna d'Anversa,
A Bruxelles pieno di vesciche, a Londra cencioso e spiantato.
La capra a notte tossisce nel campo che sta dietro;
Rocce, muschio, gramigna, ferrivecchi, merde.
La donna tiene la cucina, fa il tè,
Di sera sternuta, rovistando nello scolo che sgocciola.
Io un vecchio,
Una testa intronata fra spazi ventosi.

I segni sono presi per miracoli. « Vogliamo vedere un segno! »
La parola in una parola, incapace di dire una parola,
Fasciata di tenebra. Nell'adolescenza dell'anno
Venne Cristo la tigre
Nel maggio depravato, corniolo e castagno, albero di Giuda
In fiore, per essere mangiato, per essere spartito, per essere bevuto
Fra i bisbigli; da Mr. Silvero
Con mani carezzevoli, che a Limoges
Camminò tutta la notte nella stanza accanto;

Da Hakagawa, che si inchinava fra i Tiziano;
Da Madame de Tornquist, che nella stanza buia
Spostava le candele, da Fräulein von Kulp
Che nel salone si volse, una mano alla porta. Spole vuote
Tessono il vento. Io non ho spettri,
Un vecchio in una casa con correnti d'aria
Sotto un gomitolo di vento.

Dopo una tale conoscenza, cos'è mai il perdono? Ora penso
Che la storia abbia molti passaggi nascosti, e corridoi tortuosi
E varchi, e che ci inganni con bisbiglianti ambizioni,
E che ci guidi con le vanità. Ora penso che dia
Quando la nostra attenzione è distratta,
E che quanto ci dà lo dia con turbamenti
Così lusinghieri che il dato affama ciò che si desidera. E ci dà
Troppo tardi ciò in cui più non si crede, o se ancora
Ci crediamo, soltanto nel ricordo, come passioni riconsiderate.
E troppo presto dà in deboli mani, ciò che è pensato può essere
Dispensato, finché il rifiuto propaga la paura. Penso
Che né paura né coraggio ci salvino. I vizi innaturali
Hanno per padre il nostro eroismo. Le virtù
Ci sono imposte dai nostri impudenti delitti.
Queste lacrime sono scosse dall'albero che arreca la collera.

La tigre balza nell'anno nuovo. Ci divora. Infine,
Penso che non giungemmo a conclusione, quando m'irrigidii
In una casa d'affitto. Infine,
Penso d'averlo detto per un preciso scopo, e non perché costretto

Dalle blandizie dei demoni che guardano al passato.
Su questo, onestamente ti vorrei rispondere.
Io che ero presso al tuo cuore ne fui scacciato
Perdendo la bellezza nel terrore, il terrore nella ricerca.
Ho perduto la mia passione: perché dovrei conservarla
Se ciò che si conserva si contamina?
Ho perduto la vista e l'odorato, l'udito, il gusto e il tatto:
Come li potrò usare per esserti più accanto?

Questi, con mille futili decisioni
Prolungano il profitto del loro gelido delirio,
Eccitano la membrana, quando il senso si è raffreddato,
Con salse pungenti, moltiplicano la varietà
In una desolazione di specchi. Cosa farà il ragno?
Sospenderà le sue mosse, o indugerà
Il tonchio? da Bailhache, Fresca, Mrs. Cammel, roteavano
Oltre l'orbita dell'Orsa tremolante
In atomi infranti. Gabbiano controvento, negli stretti ventosi
Di Belle Isle, o rapido sull'Horn,
Piume bianche nella neve, i richiami del Golfo,
E un vecchio sospinto dagli Alísei In un angolo di sonno.

Padroni della casa,
I pensieri di un arido cervello in un'arida stagione. [/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Mattino alla finestra



Sbattono piatti da colazione nelle cucine del seminterrato,
E lungo i marciapiedi che risuonano di passi
Scorgo anime umide di donne di servizio
Sbucare sconsolate dai cancelli che danno sulla strada.

Ondate brune di nebbia levano contro di me
Volti contorti dal fondo della strada,
Strappano a una passante con la gonna inzaccherata
Un vacuo sorriso che s'alza leggero nell'aria
E lungo il filo dei tetti svanisce.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Preludi



I

La sera invernale scende giù
con odori di bistecche nei passaggi.
Le sei.
I mozziconi bruciacchiati di giorni fumosi.
E ora una pioggia ventosa avvolge
brandelli fangosi
di foglie vizze intorno ai tuoi piedi
e giornali soffiati da spiazzi vuoti;
la pioggia batte
su imposte e comignoli rotti,
e all'angolo della via
un cavallo solitario vapora e scalcia.
Poi l'accendersi dei lampioni.

II

La mattina viene alla coscienza
di vaghi odori stantii di birra
dalla strada di segatura calpestata
con tutti i piedi fangosi accalcati
ai primi chioschi per il caffè.
Con le altre mascherate
che il tempo riprende,
si pensa a tutte le mani
nell'atto di alzare tendine logore
in mille stanze ammobiliate.

III

Hai gettato il lenzuolo dal letto,
sei rimasta coricata sulla schiena, e hai aspettato;
hai sonnecchiato, e hai guardato la notte rivelare
le mille immagini sordide
di cui era costituita la tua anima;
balenavano contro il soffitto.
E quando tutto il mondo ritornò
e la luce strisciò su fra le imposte,
e udisti i passeri nei fossi,
hai avuto una visione della strada
che la strada stenterebbe a capire;
seduta sul ciglio del letto, dove
hai ravvolto i bigodini dei capelli,
o stretto le piante gialle dei piedi
nei palmi delle tue mani sporche.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Prima di mattina



Mentre tutto l'Oriente intrecciava il rosso al grigio,
I fiori alla finestra si volsero verso l'alba,
Petalo su petalo, aspettando il giorno,
Fiori freschi, fiori appassiti, fiori d'alba.

I fiori di stamattina e i fiori di ieri,
La loro fragranza aleggia per la stanza all'alba,
fragranza di germogli e fragranza di appassimento,
fiori freschi, fiori appassiti, fiori d'alba.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Interludio londinese



Noi iberniamo fra i mattoni
e viviamo oltre le imposte
con marmellata e tè alle sei
indifferenti a quel che il vento fa
indifferenti alle piogge improvvise
zappettando le aiole dell’anno scorso

e apatici, con sigari
incuranti, mentre per la strada passa
la primavera
ispirando vasi di fiori ammuffiti
e flauti rotti a finestre di soffitte.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Siamo gli uomini vuoti



I
Siamo gli uomini vuoti
Siamo gli uomini impagliati
Che appoggiano l'un l'altro
La testa piena di paglia. Ahimè!
Le nostre voci secche, quando noi
Insieme mormoriamo
Sono quiete e senza senso
Come vento nell'erba rinsecchita
O come zampe di topo sopra vetri infranti
Nella nostra arida cantina

Figura senza forma, ombra senza colore,
Forza paralizzata, gesto privo di moto;

Coloro che han traghettato
Con occhi diritti, all'altro regno della morte
Ci ricordano - se pure lo fanno - non come anime
Perdute e violente, ma solo
Come gli uomini vuoti Gli uomini impagliati.

II
Occhi che in sogno non oso incontrare
Nel regno di sogno della morte
Questi occhi non appaiono:
Laggiù gli occhi sono
Luce di sole su una colonna infranta

Laggiù un albero ondeggia
E voci vi sono
Nel cantare del vento
Più distanti e più solenni
Di una stella che si spegne.

Non lasciate che sia più vicino
Nel regno di sogno della morte
Lasciate anche che porti
Travestimenti così deliberati
Pelliccia di topo, pelliccia di cornacchia, doghe incrociate
In un campo
Comportandomi come si comporta il vento
Non più vicino -

Non quel finale incontro
Nel regno del crepuscolo

III
Questa è la terra morta
Questa è la terra dei cactus
Qui le immagini di pietra
Sorgono, e qui ricevono
La supplica della mano di un morto
Sotto lo scintillio di una stella che si va spegnendo.
E' proprio così
Nell'altro regno della morte
Svegliandoci soli
Nell'ora in cui tremiamo
Di tenerezza
Le labbra che vorrebbero baciare
Innalzano preghiere a quella pietra infranta.

IV
Gli occhi non sono qui
Qui non vi sono occhi
In questa valle di stelle morenti
In questa valle vuota
Questa mascella spezzata dei nostri regni perduti
In quest'ultimo dei luoghi d'incontro
Noi brancoliamo insieme
Evitiamo di parlare
Ammassati su questa riva del tumido fiume
Privati della vista, a meno che
Gli occhi non ricompaiano
Come la stella perpetua
Rosa di molte foglie
Del regno di tramonto della morte
La speranza soltanto Degli uomini vuoti.

V
Qui noi giriamo attorno al fico d'India
Fico d'India fico d'India
Qui noi giriamo attorno al fico d'India
Alle cinque del mattino.

Fra l'idea
E la realtà
Fra il movimento
E l'atto
Cade l'Ombra

Perché Tuo è il Regno
Fra la concezione
E la creazione
Fra l'emozione
E la responsione Cade l'Ombra

La vita è molto lunga
Fra il desiderio
E lo spasmo
Fra la potenza
E l'esistenza
Fra l'essenza
E la discendenza
Cade l'Ombra

Perché Tuo è il Regno
Perché Tuo è
La vita è
Perché Tuo è il

E' questo il modo in cui finisce il mondo
E' questo il modo in cui finisce il mondo
E' questo il modo in cui finisce il mondo

Non già con uno schianto ma con un lamento.[/align]
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[align=center]Ritratto di signora



I
Fra il fumo e la nebbia di un pomeriggio di dicembre
Tu lasci che la scena si accomodi da sola - e così sembrerà -
Con un «Ti ho riservato questo pomeriggio»;
E quattro ceri nella stanza in ombra,
Quattro cerchi di luce sul soffitto,
Un'atmosfera da tomba di Giulietta
Pronta per tutte le cose da dire, o lasciate non dette.
Noi siamo stati, diciamola, ad ascoltare l'ultimo polacco
Trasmetterci i Preludi coi suoi capelli e le punte delle dita.
« Così intimo, questo Chopin, che penso la sua anima
Dovrebbe farsi risorgere solo fra amici
Non più di due o tre, che non tocchino il fiore
Già sgualcito e discusso nelle sale da concerto. »
- E così la conversazione scivola
Fra velleità e rimpianti con cura contenuti
In mezzo a toni lievi di violini
Confusi a remote connette
E comincia.

«Tu non lo sai quanto gli amici vogliono dire per me
E quanto raro, quanto raro e strano sia per me trovare
In un a vita fatta di tante avversità e di tanti scopi
(Perché davvero non mi piace... lo sapevi? non sei cieco!
E come sei acuto!)
Poter trovare un amico che abbia queste qualità,
Che abbia, e dia
Le qualità sulle quali l'amicizia vive.
Quanto per me significhi che io te lo ripeta -
Senza queste amicizie - che cauchemar la vita! »

Fra le spirali dei violini E le ariette
Di cornette stridule
Nel mio cervello ha inizio un tam tam sordo
Che assurdamente martella un suo preludio.
Capriccioso monotono
Che è almeno una decisa « nota falsa ».
- Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco,
Ad ammirare i monumenti,
A discutere gli ultimi avvenimenti,
A rimettere l'orologio con gli orologi pubblici.
Poi a sederci mezz'ora, per bere un bicchiere di birra.

II
Ora che i lillà sono in fiore
Lei tiene un vaso di lillà nella sua stanza
E ne contorce uno fra le dita, parlando.
« Ah, amico mio, tu non lo sai, tu non lo sai
Cos'è la vita, tu che la tieni fra le mani »;
(Lentamente torcendo gli steli dei lillà)
« La lasci scorrere da te. la lasci scorrere,
La giovinezza è crudele, non ha alcun rimorso,
Sorride alle situazioni che non può vedere. »
Io sorrido, naturalmente,
E continuo a bere il tè.
« Eppure, in questi tramonti d'aprile, che in qualche modo richiamano
La mia vita sepolta, e Parigi a primavera,
Mi sento immensamente in pace, e dopo tutto
Trovo che il mondo sia meraviglioso e giovane. »

E la voce ritorna simile all'insistente stonatura
Di un violino spezzato in un pomeriggio d'agosto:
« lo sono sempre sicura che comprendi
Ogni mio sentimento, sono sempre sicura che lo senti
E che mi tendi la mano oltre l'abisso.

Sei invulnerabile tu, non hai il tallone d'Achille.
Andrai avanti, e quando avrai prevalso
Potrai dire: qui molti hanno fallito.
Ma cosa mai posseggo, amico mio, cosa posseggo
Da poterti donare, e cosa puoi ricevere da me?
Nient'altro che amicizia e simpatia
Da chi sta per raggiungere la fine del viaggio.

Resterò qui a sedere, servendo il tè agli amici... »

Prendo il cappello: come potrò vigliaccamente fare ammenda
Per quello che mi ha detto?
Mi vedrete nel parco ogni mattina
A leggere i fumetti e la pagina sportiva.
Noto in particolare
Una contessa inglese che si dà alle scene.
Un greco assassinato
Durante un ballo polacco, un reo di peculato
Che ha reso confessione. Mantengo il mio contegno,
E rimango padrone di me
Fino al momento in cui un organetto, meccanico e stanco,
Ripete un vecchio canto estenuato
Con il profumo dei giacinti nel giardino, richiamando
Alla memoria cose che altri hanno desiderato.
Sono sbagliate o giuste queste idee?

III
La notte d'ottobre discende; tornando come prima se si esclude
Quasi un leggero senso di malessere
Salgo le scale e giro la maniglia, ed ho la sensazione
D'esser salito strisciando sulle mani
E sui ginocchi. « E così parti per l'estero; e quando
Pensi di ritornare? Ma è una domanda inutile.
Difficilmente saprai quando ritorni,
Troverai molte cose da imparare. »
Il mio sorriso cade pesantemente in mezzo al bric-à-brac.
« Forse mi potrai scrivere. »
La mia padronanza di me s'accende per un attimo-,
Questo me l'aspettavo per davvero.
« Ultimamente me lo chiedevo spesso
(Ma i nostri inizi non sanno mai quale sarà la fine!)
Perché non siamo diventati amici. »
Mi sento come uno che sorrida, e volgendosi noti all'improvviso
La sua espressione riflessa in uno specchio.
La mia padronanza si spegne; noi siamo veramente al buio.

« Perché tutti l'avevano detto, tutti i nostri amici,
Erano tutti sicuri che i nostri sentimenti si accordassero
Così intimamente! Anche per me è difficile capire.
Ora dobbiamo lasciarle al destino queste cose.
In tutti i casi, mi scriverai.
Forse non è troppo tardi.
Resterò qui a sedere, servendo il tè agli amici. »
E devo approfittare d'ogni forma mutevole se voglio
Trovare l'espressione... ballare, ballare
Come un orso ballerino,
Strillare come un pappagallo, schiamazzare come una scimmia.
Andiamo a prendere aria, in un'estasi di tabacco -
Bene! E cosa accadrebbe se un pomeriggio morisse,
Un pomeriggio grigio e fumoso, una sera gialla e rosa;

Se lei morisse e mi lasciasse qui seduto con la penna in mano
Con il fumo che scende giù dai tetti;
Pieno di dubbio, per un certo tempo
Senza sapere cosa provo o se comprendo
Né se sia saggio o pazzo, in ritardo o in anticipo...
Non avrebbe la meglio, dopo tutto?
Questa musica trova il tono giusto con un « morendo »
Ora che noi parliamo di morire -
E avrei il diritto di sorridere?[/align]
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