Agneta Falk

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Agneta Falk

Messaggio da birillino8 »

[align=center]Agneta Falk

Immagine[/align]

Agneta Falk, compagna di Jack Hirschman, è nata nel 1946 a Stoccolma, ma ha vissuto in Inghilterra fin dal 1969, dove ha insegnato teatro, comunicazione, letteratura e scrittura creativa. Divide il suo tempo tra San Francisco, Inghilterra e Italia. È stata co-fondatrice del teatro politico The Pantalons in Stoccolma e dal 1968 sta proseguendo il lavoro nella comunità teatrale di Londra. È poetessa, insegnante e artista universale, il cui lavoro è caratterizzato da bellezza e incisività. Recentemente ha curato insieme alla poetessa Judi Benson, The Long Pale Corridor un’antologia di poemi elegiaci di poeti di tutto il mondo. Fa parte del collettivo di scrittori The Word Hoard che organizza festival internazionali di poesia e promuove scrittori nelle comunità inglesi. La sua arte calligrafica è stata oggetto di diverse esposizioni in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.
In Italia per la Multimedia Edizioni è appena uscita una sua collection poetica: It’s not love It’s Love.
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Agog
(smanioso)



Per Jack

Ciò che ti accade
è la dispettosa visibilità
della luce oscura

i tuoi occhi sono nei miei palmi
roteando

gioioso, respiro benedetto
mio glorioso cappotto multicolore
che rivolta il mio cuore

lo solleva sull’orlo frastagliato della vita
dove saltella e ride
dalle più intense profondità

il cielo una allodola
nella tua luna

la terra un motivo di speranza
nella tua bocca

o bocca, mirabile bocca
che non si ferma mai

io sono smaniosa nella tua.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Così tante



Dentro la luna
l’intero inferno si sta liberando
questa febbre dell’ultimo millennio
sta spolverando ogni ultima particella

sulle strade tutto
è spalancato fino
alle urla calpestate
o cosa non darei
per un momento di silenzio

se solo riuscissi ad afferrare quell’uccello
nell’angolo, qui, così vicino,
così lontano, aprire con forza la sua altitudine
e sollevare tutti questi
piccoli uomini e donne
dalle loro vite ripiegate

l’uomo che sedeva appoggiato
all’albero accanto a me è appena svanito
ha lasciato indietro il suo sguardo fisso e il cuore
fra le foglie cadute
e non è neanche autunno

il vento riempie d’aria le gambe dei pantaloni

ci sono tante scarpe vuote nel mondo
così tante .[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Davvero



La danza è lenta

ma il raduno
delle tribù, la putrefazione
simbiotica si gonfia in gloriose
affermazioni nel nome
del sangue, perpetuando
la catena di memorie
fino al punto in cui spunta
in quella che chiamiamo:
La nostra maschera per il mondo

l’esclusione di coloro
il cui sangue si sta diluendo
fino al punto
dell’oblio impotente,
sagome isolate
per strada o nei bar,
appoggiate su superfici
che non avanzano pretese,
semi nel vento
che non mettono radici per paura
di essere
radicati.

Li conosci?

Dovresti, perché
potrebbero essere le ombre
sulla tua parete, il gomito
che ti affonda dentro
sul treno dei pendolari,
la ferita invisibile
dalla quale ti affanni
a sfuggire,
il campanello che ti fa alzare
la mattina,
ti fa seguire il tuo programma,
lo spazio vuoto che indugia
nel tuo calendario di impegni,
quello che ti impedisce di fare pause
mentre respiri —

dovresti conoscerli,
giusto in caso ti pizzichino la coda,
ti tirino indietro
in quel buco scuro in cui,
come sai
stanno in agguato, davvero.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]In questa stanza



In questa stanza
il deserto fa la guardia
e il fruscio delle foglie
è sempre presente.

La vecchia
che sta nell’angolo
della nostra carne
non giudica,

lei è tutte le donne
che io sono, che sono state prima di me.
Attraverso la loro oscurità
divento luce,

e nel tuo volto
vedo tutti i miei padri,
quello che non ho mai avuto,
il bambino che ho portato dentro
in tutti questi anni,

fratello dell’anima.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Montagna tremante
Per una giovane prostituta



Lui le dice che la ama
e le batte il cuore
ogni livido che scava
nel suo fondoschiena magro
le tette sviluppate da poco

Sai, lui la ama
lei lo sa
quando cammina
nella buia umida notte
scivolando dentro e fuori le macchine
il suo minuto corpo una slot-machine

Sai, lui la ama,
lei lo sa
mentre la risata della sua infanzia
scompare giù nella gola
al suono dell’ansimare di un cliente.

La trovarono in un fossato
con il fango nei capelli.
Il suo epitaffio recita:
data della morte sconosciuta
luogo della morte sconosciuto

Sai lui l’amava
sai, lei gli credeva.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]American pie



Questa è terra di nessuno
dove non gliene importa un cazzo a nessuno,
qui è dove cazzo fu inventato:
figlio di puttana
fottiti
fotti il tuo vicino.
È qui che il catrame
sta disteso per essere fottuto
da un miliardo di auto
che aspirano tutto il tempo,
dove i muffins stanno uno sull’altro
fino ad arrivare in cielo
e tuttavia non abbastanza
per bastare per tutti,
dove gente raggomitolata
muore dal freddo
fianco a fianco
con il grasso dell’oca
che cola dalle tavole
della sottomissione.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Ottobre



Tu arrivi danzando attraverso il bosco,
la porta si apre all’ombra della mia pelle,
la tua lingua all’angolo della mia bocca,
le mie aperture si dilatano
mentre mi inginocchio al vento del tuo respiro.

La mia pelle si distende fino ad una pianura di desiderio
dietro le palpebre chiuse
secoli destinati a straripare
girano vorticosamente fino a una lunga, luce tagliente,

il coro di alleluia
di cose bene e male assortite,
la rete di sentieri
che gocciola in un’unica piscina
di carne, un’unica nazione.

Puoi vedermi?
Sono qui nuda e al sicuro.
Eppure c’è un mutamento.
Non è amore. È amore.
Un lento fuoco ardente
acceso in un’umida sera d’ottobre
molto prima della mia nascita, prima di te.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Riflessione globale



Questi borbottii, questi grovigli
il foro nel pane
è la somma totale dell’annientamento.

Dappertutto morti viventi che camminano.

Il gergo di strada è più facile in questi giorni,
c’è poco tempo per riflettere.
Tutto si muove troppo velocedmente per essere colto
in una ragnatela pensante e ciò che comincia
a girare non ha forma. Le merlettaie
hanno smesso di esistere.

L’era delle strette di mano flaccide
guadagna terreno, si infiltra
tiepida e sudaticcia, lo straripamento
del sentimento a caso, del pensiero a caso.

Ciò che passa per affermativo
può essere comprato. È insipido e si confonde
in ogni cosa, è sulla punta della mia lingua
non riesco a dirlo, non perché io non voglia,
ma perché non c’è niente da dire,
assolutamente niente.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Una lunga pausa tortuosa


Questa è una poesia che non contiene
oro, vento, uccelli, farfalle, autunno
primavera o alcun altro sapore di stagione. Né
colori, come nero, rosso, giallo in tutte
le sfumature. Né parole metalliche come spada,
coltello, rame o zinco. Né cieli e tramonti
o chiari di luna che si nascondono e una assoluta
assenza di fiori.

Inoltre, niente legamenti, né occhi tristi
o sopracciglia raffinate, niente seno o fianchi
su cui poggiarsi o denti perlacei da affondare
in carni cremose. Per quanto riguarda politica e filosofia
e le più magiche strutture c’è un vuoto
ed io compaio solo una volta.

Per di più non ci saranno eruzioni marine
o gloriosi orizzonti, nessuna misura infinita
contro l’uomo o la donna, nessun amante che non sa che fare
o verme che si contorce, o tremore nostalgico.
Nessun piccolo morso o fulmini di Dei alieni. E guardatevi
anche dalle Dee. E contro ogni tentativo di sequestro
della speranza ci sarà una lunga pausa tortuosa.[/align]
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Messaggio da birillino8 »

[align=center]Cartoline

I

Eccola,
questa enorme città leopardo
pronta ad assalirmi
a dilaniare le mie viscere.
Mi avvicino con discrezione
con la paura sospesa nel vento.
Quei fucili mireranno
al mio torace da un momento all’altro
ed io sarò gettata in una fossa
buia e umida, lasciata lì morta e nessuno
sentirà più parlare di me,
ma
il leopardo comincia ad accarezzarmi
mi sfiora come un regalo.


Immagine

Sono sulla strada per Antigua
stretta tra un uomo e un altro
ossa contro ossa con un po’ di carne
per comfort. Sopra e intorno
gente, gente. Mezzo villaggio su un solo autobus.
L’uomo alla mia sinistra è senza denti,
conversiamo correntemente in spagnolo
o almeno così pare, perché non smettiamo mai.
Mi parla di Antigua, le sue mani
disegnano vulcani nell’aria, e gli credo
quando mi dice che lì sarò felice.

II

Immagine

Mi sveglio il primo giorno.
È l’alba e Antigua è in guerra.
I carri armati si stanno avvicinando,
i fucili risuonano con raffiche,
le pause dense di paura.
La vernice si sta scrostando dal soffitto
per il resto è una stanza pulita, spartana.
Gli spari diventano più forti; la mia coperta
non è mai stata così blu, così elettrica.
Sono i poveri che reclamano
le loro proprietà, le loro vite
o i ricchi che succhiano più sangue?
Quando tutto diventa tranquillo esco
nelle strade acciottolate
aspettandomi di trovarle coperte
di cadaveri e sangue ,
invece
solo un maturo sole mattutino
in uno strano nuovo posto
e il fumo dei fuochi d’artificio
per festeggiare il compleanno di qualcuno.

Immagine

III

Le strade si aprono in linee parallele
una griglia, come a New York, però no.
È antica, lacerata da eruzioni vulcaniche
e da qualche parte riassemblata
Tetti sprofondati, una sull’altra
colonne spagnole, eruzioni spagnole.
Un tempo capitale, ora quietamente rannicchiata
quasi ventre molle della capitale.
Case lavate di ocra, rosa e blu,
il gusto di tempera e decadente eleganza.
Parque Central si trova nel centro della griglia,
il pistillo del fiore, il favo.
Qui una volta si tenevano corride, ma ora
brulica di magnifici bambini
che vendono mercanzie e tessuti Maya.
I loro piedi nudi calpestano delicatamente il terreno
mentre ti ficcano in mano storia tessuta,
in migliaia di mani. E ti individuano da lontano
come il nuovo, quello con il borsellino ancora aperto,
quello che può ancora essere incantato
e lo sei. Sempre.

Immagine

Incontro un americano in un caffè,
ha fatto il giro del mondo in bicicletta due volte.
Una volta cominciato, non aveva più potuto fermarsi.
Gli ci sono voluti venti anni, e mentre parla
gli guardo le gambe per avere conferma,
muscoli grandi, forti con una mente come una giostra.
Se ne incontrano molti così, gente che non può fermarsi.
Di due tipi: quelli che viaggiano perché curiosi
e quelli che viaggiano perché mancano di curiosità,
inseguono la loro coda, e non si accorgono che è stata troncata
tanto tempo fa.

IV

Immagine

Aria di highlands, polvere dei Maya,
l’autobus s’inerpica su strade ventose
un bambino sulle mie ginocchia, ascelle sudate
e braccia e gambe intrecciate con stranieri,
stipate, uno contro le parti intime dell’altro
e nessuno batte ciglio. Un momento avviluppata
in un seno enorme, contro una spalla ossuta, una massa
di corpi che si alza e si abbassa ritmicamente a tempo di Salsa
prendendo spunto da ogni curva.

V

Immagine

È fiesta a San Pablo, un piccolo villaggio
appollaiato su una collina vicino al lago Atitlan.
Lo raggiungiamo in un caldo afoso, scalando un sentiero secco, polveroso,
i nostri piedi sollevano odore di urina e feci.
Tutti in abiti da cerimonia, una gamma di motivi,
una miniera d’oro geografica.
La donna Maya al centro
fila di generazioni segnano
le relazioni con la comunità, con il mondo.
L’huipil, la blusa
con segni come lampi, linee orizzontali,
tre bande che suonano nella piazza,
tutte insieme. Motivi diversi.
La gente balla e succhia Pepsi-cola
da sacchetti di plastica. La chiesa trasformata
in un avventuroso parco giochi, con striscioni
rossi e bianchi che pendono fluttuando, quasi toccando
i bambini che fanno capriole sul pavimento di pietra.
È l’avvento del Cristo Nero?
Un folle canto di vita.

VI

Immagine

Un donna si piega sotto l’intero peso della sua vita,
pallida sotto la pelle scura.
Questa è la foto che non posso fare
e voglio avvicinarmi di più,
voglio sapere tutto sul peso
della vita di questa donna.

VII

Sto seduta vicino al lago Atitlan, circondato dai vulcani.
È il crepuscolo con migliaia di sfumature di porpora,
smetto di contarle.
Porpora chiaro, che si disintegra in onde fiammeggianti
nessun confine, nessuna strada, solo infinito, oltre...
Viaggio attraverso l’acqua, mi lascio
dissolvere nelle braccia del lago.
Nessun passato. Nessun futuro. Nessun inizio.
Sono qui, bevo il lago
e quando mi avvicino al significato
esso scivola oltre la mia visione
in un tempo precedente alla mia nascita
oltre la creazione stessa, cambiando colore
mentre scompare dalla mia vista
in una macchia di porpora.
Forse ho vissuto qui prima
senza paura e brama.

VIII
L’autobus lascia Guatemala City la mattina presto.
La prima fermata è Chiquimula.
Qui si vede solo la polvere e gli uomini,
facce di pietra con bocche come litorali frastagliati.
Non c’è chiacchierio.
Prendiamo posto sull’autobus, ci dirigiamo a El Florido,
il confine con Honduras e Copan, ci prepariamo
a nuovo sapore di polvere e braccia incrociate

IX

Immagine

Là dove il fiume incrocia il villaggio di Copan
si trova la scala geroglifico dei Maya,
i templi e le sale da ballo in cui un tempo
fioriva la civiltà, reinventando se stessa senza avidità,
con grandi idee. Un coro di sculture di pietra,
intorno al quale ci muoviamo come lemmings
a bocche spalancate per lo stupore, eternalizzandolo
nel solo modo in cui ci è possibile, risucchiandolo con i nostri obiettivi,
ingoiando a fatica.

X

Immagine

tratti del mio volto diminuiscono
e diventano parte di questa terra fertile,
la terra rosso vivo e le piantagioni di banana.
I bambini giocano nudi davanti a capanne improvvisate,
la frutta sta maturando sul terreno.
Immagine[/align]
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